di Vera Schiavazzi
Ma quella biologica dei suoi ovociti, perché
non prelevarli a 30 o 35 anni, quando sono ancora giovani, lasciando alla donna
diversi anni di tempo per decidere, incontrare il partner giusto, consolidarsi
nel proprio lavoro, prima tentare la strada della maternità? Negli Stati Uniti
sono almeno 15.000 le giovani donne che hanno “messo in banca” gli ovociti, in attesa
di una decisione che potrebbe anche non arrivare mai, in Italia si raggiungerà presto
quota 500: piccole cifre, che però crescono costantemente e cominciamo a
occupare spazio nei convegni e nella letteratura medica.
«Le prime sono state alcune nostre colleghe –
racconta Alberto Revelli, docente di Fisiopatologia della riproduzione umana
alla clinica universitaria del Sant’Anna di Torino – che essendo più informate hanno
colto le potenzialità di questa tecnica, ma anche i suoi limiti: il “social
freezing” lascia libertà alle pazienti, ma va fatto nel momento giusto e a
certe condizioni. È una chance, non una certezza». Ma Revelli pensa anche che
la tecnica abbia grandi possibilità di sviluppo: «Che l’età della prima
gravidanza si stia spostando sempre più in là (oggi è già stabile verso i 32
anni, ndr) è una tendenza ormai consolidata. Purtroppo anche le percentuali di successo
nella fecondazione assistita scendono drasticamente, specie dopo i 40 anni. È facile
immaginare che un numero crescente di pazienti possa fare questa scelta, che oltretutto
ha il vantaggio di non coinvolgere nessun altro e di essere perfettamente
legale».
«L’importante è non creare false speranze – aggiunge Andrea Borini, responsabile clinico del centro Tecnobios di Bologna – Diciamo che congelare gli ovociti a 30 o 35 anni aumenta le possibilità di una donna che non abbia già in partenza forti problemi di infertilità di diventare mamma a 40, se deciderà di farlo». «Segnalo questa possibilità a tutte le mie pazienti – dice invece Alessandra Graziottin, ginecologa e ncologa – In Italia c’è troppa reticenza nell’informare con chiarezza sulle alternative esistenti». E precisa: «Congelare gli ovociti è da tempo una scelta che è doveroso suggerire a chi deve sottoporsi a una chemioterapia, nel qual caso non si può definire “social freezing”, ma la verità è che bisognerebbe consigliarlo anche alle fumatrici, a chi ha problemi di cisti ovariche o precedenti familiari di menopausa precoce».
L’idea non piace a tutti. E se negli Stati
Uniti anchorwomancome Diane Sawyer hanno
espresso in diretta tv il loro entusiasmo, in Italia il gruppo Donnamed, centro
romano specializzato guidato dal dottor Angelo Tocci, dissente dal congelamento
indiscriminato: «Può funzionare per le pazienti giovani, fermo restando che
anche per loro è meglio tentare con altre procedure, a cominciare da quelle
naturali, senza rinviare». Dal punto di vista scientifico, non c’è niente di
meglio che diventare mamma a 25 anni. Basta aver trovato l’uomo giusto, avere una
ragionevole sicurezza economica e una casa. Facile, no?
La Repubblica, 19 settembre 2012, pag, 23
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