Inquinamento, Giocattoli
tossici, Pesce al mercurio e latte alla
diossina
Minacciano lo sviluppo
intellettivo dei piccoli
di Alex Saragosa
Negli anni Trenta, negli stabilimenti chimici
Du Pont nel New Jersey c’era «la casa delle farfalle». Con una definizione
tanto gentile si indicava il terribile reparto di produzione del piombo
tetraetile, dove gli operai, avvelenati dal metallo, vedevano insetti
inesistenti. Negli anni Cinquanta a Minamata, in Giappone, il mercurio
riversato in mare dalle industrie Chisso uccise 2500 persone. Poi ci sono stati
il disastro della nube di diossina di Seveso, la strage provocata
dall’esplosione in un impianto di pesticidi a Bhopal, la produzione tossica
dell’Eternit... Oggi, almeno in Occidente, si spera che le regole imposte
all’industria
chimica scongiurino il ripetersi di tragedie come quelle appena
citate. Ogni tanto però continuano a emergere dati inquietanti: per esempio
quelli di Taranto, dove le emissioni dell’acciaieria dell’Ilva avrebbero portato
a un aumento dell’11 per cento dei tumori in città rispetto alla provincia, o i
trenta casi di malformazioni infantili che un’inchiesta aperta dalla
magistratura di Gela mette in relazione con la contaminazione della falda
acquifera da parte della raffineria. Sono dati che ci ricordano come le
industrie, insieme a traffico, pesticidi agricoli e inceneritori, diffondano
costantemente sostanze tossiche, anche se, in genere, in misura non sufficiente
a provocare effetti acuti.
Se per gli adulti tutto questo non è certo
salutare, quali effetti può avere un simile «bagno chimico» sui bambini, con il
sistema nervoso ancora in formazione? Questa domanda se l’è fatta
una 44enne
lombarda, Maria Cristina Saccuman, che, dopo una laurea in lettere in Italia e
altri otto anni di studio all’Università della California a San Diego per
diventare ricercatrice in neuroscienze cognitive, ha insegnato Neubiologia
dello sviluppo al San Raffaele di Milano. La risposta che si è data è nel
saggio Biberon al piombo (Sironi), forse il primo testo italiano che esplora in
modo rigoroso l’effetto dell’inquinamento «quotidiano» sul cervello in
formazione dei più piccoli.
La prima minaccia considerata nel libro è la
più antica: il piombo. Questo metallo avvelenava già gli antichi romani, ma
negli ultimi 300 anni la sua concentrazione nell’ambiente è aumentata di 15
volte, per i fumi delle industrie di vernici o batterie e l’uso di piombo
tetraetile nelle benzine. «Il risultato è che assumiamo continuamente questo
metallo dal cibo» spiega Saccuman «e lo accumuliamo nelle ossa, passandolo al
feto durante la gravidanza. Nel cervello il piombo uccide i neuroni, disturba
la formazione di nuove connessioni e la comunicazione fra cellule, riducendo la
capacità di imparare e ricordare. L’Oms, ha fissato una soglia di sicurezza nel
sangue pari a 10 parti di piombo per milione, ma studi condotti su bambini di
tutto il mondo hanno osservato diminuzioni del quoziente d’intelligenza e del
rendimento scolastico anche con livelli molto più bassi».
In Europa, dopo la chiusura di molte fabbriche
inquinanti e l’eliminazione del piombo da vernici e benzina, fra il 1990 e il
2003, il livello medio del piombo nel sangue dei bambini è sceso da 5 a 2 parti
per milione. «Un livello che però può sottrarre ancora un paio di punti di QI. Per
limitare i rischi, è bene stare alla larga da vecchie pitture che si scrostano,
eliminare le tubature di piombo ed evitare di usare piatti in peltro o in
antica ceramica dipinta, vecchi giocattoli verniciati o comunque privi di
marchio di sicurezza».
Anche le concentrazioni nell’ambiente di un
altro metallo, il mercurio, si sono quintuplicate negli ultimi duecento anni.
Il mercurio diventa particolarmente rischioso quando passa negli ecosistemi
acquatici, diventando metilmercurio, un
composto che si fissa nei muscoli. «Il massimo lo raggiunge nei grandi
predatori marini. In ricerche condotte alle isole danesi Fær Øer i bambini le
cui madri in gravidanza avevano mangiato più carne di questi predatori
risultavano meno brillanti dei loro compagni. Nel cervello fetale il mercurio
interferisce infatti con la riproduzione dei neuroni e con la loro corretta
disposizione. Per questo le donne in gravidanza dovrebbero evitare di mangiare
tonno e pesce spada, e scegliere invece specie meno pericolose, come sardine o
salmone, con acidi grassi essenziali omega 3 preziosi per il feto».
Un percorso analogo al mercurio compiono i
cosiddetti Pop (persistent organic pollutants, ovvero inquinanti organici
persistenti), tra i quali sono i policlorobifenili (Pcb), il Ddt e le diossine.
Queste sostanze quasi indistruttibili si accumulano nel grasso e risalgono le
catene alimentari, concentrandosi nei predatori finali, uomo incluso. I Pcb,
oggi vietati, ma un tempo usati largamente come liquidi di raffreddamento
nell’industria, ostacolano la corretta formazione del cervello fetale, sia
direttamente sia interferendo con il sistema ormonale, come hanno dimostrato
ricerche condotte negli Usa, a Taiwan e in Giappone. Le diossine, prodotte
dalla combustione di sostanze organiche in presenza di cloro (come i roghi di
rifiuti), a livelli alti inducono tumori, ma anche a livelli bassi
interferiscono con gli ormoni, danneggiano la fertilità e provocano problemi di
apprendimento.
«Purtroppo i Pop dai grassi passano nel latte
materno, tanto che in quasi tutti i Paesi europei questo contiene più diossina
di quella ammessa nel latte di mucca in commercio» dice Saccuman. «Un neonato
allattato al seno riceve così una dose giornaliera di inquinanti superiore a
quella che ricevono i suoi genitori, perché il latte materno è più inquinato
dei cibi per adulti. Ma attenzione: i benefici dell’allattamento al seno sono
tali e tanti che rinunciarci sarebbe ancora più dannoso per il piccolo». Per
fortuna, nel 2004 i dodici Pop più pericolosi sono stati messi al bando nel
mondo, e si spera che, col tempo, la loro presenza in natura si riduca.
Ancora alto è anche l’inquinamento
atmosferico da particelle da 2,5 a 10 micrometri – contenute nei fumi del
traffico, domestici e industriali – i cui livelli di sicurezza vengono superati
regolarmente in quasi tutte le città europee. In genere ci si preoccupa dei
loro effetti sull’apparato respiratorio e su quello cardiocircolatorio, ma una
ricerca su 600 mila partorienti del Massachusetts fra 2000 e 2008 ha scoperto
anche una relazione fra concentrazione di particelle da 2,5 micrometri e
frequenza di parti prematuri e basso peso dei neonati. «Insomma respirare aria
inquinata sembra rendere più probabile la nascita di bambini sottopeso, che, a
sua volta, è importante causa di disturbi cognitivi».
Se a questo quadro aggiungiamo gli effetti di
inquinanti come i pesticidi agricoli, potremmo sentirci davvero spaventati per
la salute dei nostri figli. «In realtà la situazione europea è migliorata
rispetto a qualche decennio fa: ora, per esempio, in Italia solo l’1,2 per
cento dei campioni di frutta e verdura risulta contaminato da pesticidi oltre i
limiti di legge. E misure come la chiusura al traffico dei centri storici
riducono la componente più pericolosa del particolato. Inoltre un ambiente
domestico sereno e ricco di stimoli mentali permette ai piccoli di recuperare
molti dei danni causati dagli inquinanti. Lo dimostra, purtroppo, il fatto che,
a parità di esposizione, questi danni sono più gravi nei bambini di famiglie di
basso livello economico e di istruzione. L’inquinamento, insomma, è un
ulteriore fattore di rischio di disparità sociale».
La repubblica, 16 novembre
2012, pag, 70
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