Giocate, giocate e il cervello vi ringrazierà

Sempre più studi dimostrano lo stretto legame tra attività ludiche e intelligenza


di Luigi Grassia
 
  Mangiare, bere, dormire. E giocare. Di questo hanno bisogno i bambini per crescere. 
Un articolo di «Discover Magazine le più aggiornate conoscenze sul gioco e la sua indispensabilità per i piccoli umani.

   Che il gioco sia connaturato con i bambini è dimostrato nel più tragico dei modi dall’esperienza dei lager. Roberto Benigni non si 

è limitato a raccontare una favola ne «La vita è bella»: chi c’era, ed è sopravvissuto, riferisce che le piccole vittime dell’Olocausto giocavano anche nei lager. Una vocazione incomprimibile. E questo è il punto (1). La necessità di giocare si lega soprattutto allo sviluppo del cervelletto, che coordina i movimenti, e del lobo frontale, che regola i processi decisionali e il controllo degli impulsi (2). Il neurorologo Jaak Panksepp della Washington State University ha dimostrato che ridurre a scuola il tempo dedicato alle attività ludiche riduce la concentrazione (3). E giocare migliora l’abilità nella comunicazione: uno studio del 1981 rivelava
che i bambini in età prescolare usano un linguaggio più ricco nel gioco, quando simulano situazioni e personaggi di fantasia, rispetto a quel che fanno nella vita reale (4).

  Il gioco di simulazione è una forma di allenamento anche per molte attività specifiche: K. Anders Ericsson della Florida State University ha calcolato che servano in media 10 mila ore di pratica
ludica, o almeno non professionale, prima di arrivare all’eccellenza in campi disparati come la pallavolo, il violino o gli scacchi (5). Ma 10 mila ore sono tante o sono poche? Se nel calderone dei
giochi si includono i videogame, risulta che un ragazzo medio raggiunge la quota di 10 mila ore a 21 anni (6). E senza dubbio questo aiuta i giovani ad affacciarsi alla vita lavorativa, avendo già acquisito una bella dimestichezza con i mezzi elettronici. Ma ci sono benefici anche per gli anziani: una ricerca della University of California di San Francisco su «Nature» mostra i miglioramenti nella memoria ottenuti da «cavie» umane di 79 anni che usano videogiochi (7).

  Il gioco, poi, è alla base di molte scoperte scientifiche, forse di tutte: lo stesso Albert Einstein raccontava che il punto di partenza della sua teoria della Relatività (la prima versione, quella definita ristretta o speciale) era stato immaginare per gioco come sarebbe stato inseguire un raggio di luce (8). E la psicologa Alison Gopnik dice che «tutti i bambini fanno giochi scientifici. Quando si trovano alle prese con un nuovo giocattolo, elaborano istintivamente modelli probabilistici su come funziona» (9).

  Il decimo punto è ripreso dal «Journal of Comparative Psychology»: una ricerca sui mammiferi mostra che più grande è il cervello di una specie animale e maggiore è la tendenza dei cuccioli a giocare (10) oppure, osservando le cose dal punto di vista opposto, più un cucciolo gioca e più grande sarà il cervello della sua specie da adulto.


 Osservazione per i lettori: dimostrate la vostra intelligenza evitando di interpretare questa esaltazione del gioco con un peana del gioco d’azzardo.

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