di Marcello Veneziani
Vedevo
l’altro giorno in una masseria un bambino di pochi mesi che
gattonava con una rapidità gioiosa, cercava ogni tanto di alzarsi e
tendeva la mano verso il cielo. Era uno spettacolo bellissimo, quel
cucciolo d’uomo, la promessa di una vita sorgiva che albeggiava
alla scoperta del
mondo. Ho pensato in quel momento che per uscire dalla crisi e dalla
sfiga che ci avvolge ci vorrebbe
un movimento civile, politico e culturale nascista. È oggi il tema
centrale, d’Italia e d’Occidente: si è spento lo spirito di
natività e il gusto di partorire. Persone, opere, idee. Si contano i
declini, gli aborti, le demolizioni, la vecchiaia e la perdita; non
c’è animo per fondare, costruire, proiettare,procreare.
Famiglie striminzite, grandi imprese sparite, voluttà di decadenza,
tutta una conta
di cadaveri. Ci priviamo della grazia dello stato nascente e degli
amori sorgivi. Abbiamo il record di denatalità, segno che non si ama
il futuro e si vuole finire coi presenti.
L’assillo
del pianeta è invece l’eccesso di nascite, la sovrappopolazione.
La vitalità di un Paese si misura dal desiderio di veder nascere e
fiorire, inseminare e generare. La base di una società, il senso più
vivo della sua continuità, è essere eredi gravidi, cioè figli di
storia e madri di futuro.
La
nascita è un progetto di vita, è un’apertura al mondo, alla
storia e all’avvenire. Ci vorrebbe una corrente nascista, opposta
al nichilismo, al cupio dissolvi, al desiderio d’estinzione.
Ingravidate il futuro. All’armi si amnascisti.
Il giornale
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