Undici vaccini sotto esame bocciata

Tbc
Lancet pubblica i negativi risultati sull’efficacia in Sud Africa tra i bimbi di 4-6 mesi: delusione dopo le attese. Fermi al BCG creato 92 anni fa, copre solo certe forme extra polmonari. In Italia 15 casi al giorno

di Maurizio Paganelli

  Era annunciato come il più promettente candidato tra i vaccini per la tubercolosi, ma ha fatto “flop”: i dati sull’esito negativo del trial di fase 2b, relativamente all’efficacia, su bimbi tra 4 e sei mesi (per un totale di 2794, seguiti per 37 mesi in Sud Africa) sono apparsi sul  Lancet, la stessa rivista che sei mesi fa aveva invece anticipato (ma per 112 bambini di 4 mesi) dati assai incoraggianti. Dopo i casi di Tbc in varie città italiane, nelle scuole e negli ospedali, anche da noi non se ne parla più come di una “malattia dimenticata”: più di 15 malati al giorno, stima di 6 mila l’anno (8,8 milioni nel mondo) e la metà non sono immigrati. «Una malattia della povertà», hanno di nuovo segnalato Aldo Morrone, Alfonso Altieri e Mario Giuseppe Alma del San Camillo-Forlanini di Roma, rilanciando i servizi di Tisiologia.

  Ora è forte la delusione nella comunità scientifica, soprattutto perché ha ormai 92 anni l’unico vaccino esistente (il BCG, Bacillo Calmette-Guérin), utile in certe forme più gravi e disseminate di Tbc nei bambini, di scarsa e variabile efficacia in quella polmonare, la più diffusa, e dannoso negli Hiv positivi. Ma il lato buono è che ne restano altri 11, riporta una review su  PLoS Pathogens di Tom Ottenhoff e Stefan Kaufmann e come scrivono Richard Jefferys del Tag, l’attiva ong newyorchese e Tubercolosis.

  Nonostante il flop, per questo  vaccino, l’MVA85A dell’università di Oxford, non si sono del tutto perse le speranze. Ben tollerato e sicuro, la sua efficacia è sovrapponibile al vecchio vaccino BCG: certo non realizza quelle maggiori risposte immunitarie che sembravano sicure nei trial sugli adulti. Quali i motivi? Si cercano
risposte e la sfida alla tubercolosi che ancora oggi uccide 1,4 milioni di persone è lanciata. Basti considerare che all’inizio degli anni Novanta, scrive PLoS Pathogens «la pipeline era miseramente vuota»: ora ci sono sperimentazioni su 12, compreso quello della Oxford university, 16 sono in avanzato stadio preclinico e altri 20 candidati sono allo studio. Oltre a quello inglese, il più avanzato è della olandese Crucell, sempre un vettore virale, anch’esso mirato a sviluppare una risposta immunitaria. Trial, iniziati in Kenya e Sud Africa, di fase IIb, su piccoli tra 16 e 26 settimane: ne saranno arruolati in totale 4 mila.

 Una proteina ricombinante con adiuvanti è il tipo di vaccino che sta sperimentando (Fase II) la multinazionale GlaxoSmithKline (M72) in Africa e Taiwan, così quello progettato dal Max Planck Institute (VPM 102) e l’Hybrid-1-IC31 di Intercell. Nella stessa fase è Ruti, questo però un vaccino immunoterapico (come terapia e non come profilassi) ideato dall’istituto catalano Germans Trias i Pujol e sviluppato dalla biotech Archivel: associato al farmaco isoniazide, sarebbe efficace nella Tbc latente (un terzo della popolazione ne è affetto; il nostro organismo la contiene senza sintomi, solo nel 10% diventa attiva) e nella Tbc tra gli Hiv positivi. Identica prospettiva immunoterapica è per l’Mw, vaccino indiano, da micobatterio inattivato, unico arrivato in fase tre.

  “Disappointment” è la parola più usata su Twitter negli scambi veloci tra specialisti, ma Mario Raviglione, direttore del Dipartimento StopTb dell’Oms, ha aggiunto: «Allora dobbiamo investire cento volte di più...». (Per inciso, nella ricerca sui vaccini Tbc servirebbero 400 milioni di dollari l’anno, ce ne sono solo 110 milioni). «Il lato positivo è che si è fatto un trial importante in Sud Africa: preziosa realtà dove poter replicare le sperimentazioni con affidabilità. Poi si è vista, oltre alla tollerabilità, una qualche stimolazione immunitaria che, purtroppo, non ha portato l’aspettata efficacia. Occorre capire: anche nel vaccino BCG esistono risposte immunologiche diverse in India e in Europa. Ciò dipende da vari fattori legati ad ambiente, clima ed altro che vanno approfonditi. Ora andiamo avanti: i malati aspettano e c’è fretta!

Rilanciato a Roma il servizio tisiologia del San Camillo Metà dei malati è italiana

La Repubblica, 12 febbraio, 2013, pag, 35
 


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