Uno più uno fa tre


Nell’ultimo decennio i divorzi in Italia sono aumentati del 60 per cento E tanti sono i libri che raccontano il dolore dei figli

di Manuela Trinci

  «Mi chiamo Nina vivo in due case». «Ma io dove vivo?» - Si chiede sconfortata Andreina - «Con la valigia: una settimana da papa e l’altra dalla mamma. Facile. Questo,  E’  quello che dicono tutti”.
  Voci che arrivano a pioggia da tante storie «pedagogiche» pensate per aiutare i bambini a condividere con i loro simpatici eroi di carta le emozioni turbolente nel momento in cui: Aiuto! Papà e mamma si separano. Da Tira e molla in famiglia (Dumont e Soria) a Un papà su misura (D. Calì) a Una Famiglia Formato extralarge (L. Levi) alla Principessa Laurentina di Bianca Pitzorno, siamo di fronte a fiabe-ombrello, aperte sotto il temporale di famiglie mutanti e dai mutevoli umori.

  I sociologi li chiamano i «bambini con la valigia» o i «bambini sulle ruote», o più crudamente «i figli del divorzio» ed annotano il loro costante aumento, tanto che il sorpasso è ormai prossimo: i figli dei genitori separati tallonano da vicino quelli delle coppie che «reggono».

 Gli ultimi dati Istat confermano l’acutizzarsi dell’instabilità, della disintegrazione dei legami coniugali. Nell’ultimo decennio i divorzi sono aumentati del 60%, e solo nel 2010 i figli coinvolti nella crisi coniugale sono stati 103.478 nelle separazioni e 49.853 nei divorzi. E se nel frattempo è tramontato l’alone tragico che quarant’anni fa circondava i matrimoni infranti facendo dei figli coinvolti automaticamente dei soggetti a rischio, non è detto che oggigiorno, in un contesto sociale che congiura per anestetizzare le esperienze, l’addomesticamento dell’uomo «liquido» non rischi di negare o banalizzare la sofferenza di bambini che vedono comunque lacerarsi il tessuto dell’appartenenza, per quanto, magari, poco protettivo esso fosse nella precedente realtà.

  Così, insieme con i rimedi del buon senso, (rimedi, in verità, in parte mutuati dalla «psicologia a etti», in parte
dai talk show televisivi che si prefiggono di edulcorare i sentimenti dei genitori quasi sempre animati da spirito di vendetta, rabbie, rancori e sorde ostilità), sullo scaffale dei genitori si fa spazio una manualistica che da Figliper sempre, Separazioni e nuove famiglie, Dai figli non si divorzia, Quando i genitori si dividono eccetera…non rinuncia alla tentazione di considerare i libri che affrontano le difficili angolature dell’esistenza alla stregua di pillole da trangugiare in fretta per cancellare o sottrarsi ai pensieri dolenti. Eppure, se si elude l’attraversamento del dolore mentale, con i tempi necessari per la sua metamorfosi, si ottengono solo effetti falsi, patinati, che non aiutano a crescere e a trarre dalle dure prove della vita un prezioso «supplemento dell’anima», come scrive Silvia Vegetti Finzi nel suo bel libro Quando i genitori si dividono, Le emozioni dei figli (Mondadori), ponendo la «passione della separazione» al centro di una polifonia di voci, di narrazioni autobiografiche che, seppure difformi, convengono nella consonanza di un comune patire a fronte di «un vaso che si rompe». «In due si apre la casa», scrive, quasi di rimando, Arianna Papini (in Due di tutto, Fatatrac, pagine 40, euro 13.50) dando così voce a Ingrid, una bambina impotente di fronte al legame spezzato di mamma e babbo: «vanno… i passi lunghi, distanti una vita».

  Piccoli poppanti saggi, i bambini percepiscono perfettamente quella sorta di nebbia grigia che si frappone tra i genitori, ne annotano le incomprensioni, le voci che si fanno stridule, e magari non sanno come esprimere la paura nel lasciare, come Ingrid, la loro «isola sicura», il lettone di babbo e di mamma, dove socchiudere gli occhi nelle mattine di festa, per avventurarsi nel buio di un’isola che non c’è più e districarsi, moderni Pollicini, nel bosco di passioni che i «grandi» non riconoscono, impigliati come rimangono nel loro linguaggio accorto e volutamente assennato così lontano dal parlottio infantile che magari chiede «una poltrona sempre la stessa» un solo pigiama coi coccodrilli e soprattutto un «solo un abbraccio con me nel mezzo».

  Una fiaba, questa, contemporanea, che usa il linguaggio senza tempo della poesia per parlare, con i bambini di oggi, delle cose di oggi. E forse è proprio qui, nelle linee morbide e nei colori sommessi di Arianna Papini, che il dolore si sottrae all’indifferenza e alla dimenticanza per reintrodursi - per dirla con Platone - nei «nervi dell’anima».

L’Unità, 11 febbraio 2013, pag, 18

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