Lo specialista
Il tessuto dell’utero che
«migra» in altre sedi
di Antonella Sparvoli
Fino a non molto tempo fa l'endometriosi era
spesso misconosciuta, oggi però i medici sono più attenti e le donne più
informate. La diagnosi è diventata più precisa e precoce, anche se non esiste
ancora una cura definitiva al problema. Che cos'è l'endometriosi?
«L'endometriosi è una malattia infiammatoria cronica in cui il tessuto
endometriale, che normalmente riveste la parete interna dell'utero, si trova
anche in altre sedi, soprattutto a livello di ovaie, tube, utero, vescica e
retto — spiega Paolo Vercellini, professore associato di ostetricia e
ginecologia all'Università di Milano presso l'Istituto Mangiagalli, nonché tra
gli autori di una recente rassegna sull’argomento pubblicata sulla rivista
Human Reproduction —. Come il normale tessuto che riveste l'utero, anche le
isole di endometrio situate in altre parti del corpo rispondono al ciclico
fluttuare degli ormoni sessuali, moltiplicandosi e poi sanguinando al momento
della mestruazione». Come si manifesta l’endometriosi?.
«Il sintomo più tipico è il dolore pelvico,
in genere in corrispondenza del ciclo mestruale. Ma, a seconda della sede in
cui si trova il tessuto endometriale, si possono avere dolori anche alla
defecazione, alla minzione o durante i rapporti sessuali. Ma ciò che a volte
più spaventa le donne è l'infertilità che in alcuni casi può derivare da questa
condizione».
Quali cure esistono?
«Nonostante il grande fervore nella ricerca,
ad oggi non esiste una cura definitiva, ma solo terapie sintomatiche. I farmaci
più utilizzati per contrastare il dolore sono di tipo ormonale (pillola
anticoncezionale o progestinici). È
possibile anche intervenire chirurgicamente?
«È sempre più frequente il ricorso alla chirurgia laparoscopica, sia come
rimedio contro il dolore sia per contrastare l'infertilità. La laparoscopia per
combattere il dolore dovrebbe essere però proposta nella consapevolezza che i
sintomi potrebbero non risolversi completamente in tutte le donne. Inoltre, il
tasso di recidiva del dolore è piuttosto elevato.
Di conseguenza, per evitare un ripetuto
ricorso alla chirurgia, è opportuno combinare il trattamento chirurgico con la
terapia medica». La chirurgia può salvare la fertilità? «Viene utilizzata anche
a questo scopo, ma l’analisi dei dati finora raccolti suggerisce che i benefici
siano minori di quanto creduto in precedenza. Inoltre, non bisogna dimenticare
l'alternativa offerta dalla fertilizzazione in vitro, i cui risultati non
sembrano sostanzialmente inferiori rispetto a quelli della chirurgia. Ecco
perché ritengo che l'intervento chirurgico debba essere adeguatamente
programmato cercando di quantificare i benefici in ogni singola situazione. In
altre parole, l'indicazione va personalizzata, effettuando la laparoscopia al
momento opportuno, limitando al minimo possibile il numero di interventi nella
vita riproduttiva di una donna».
I sintomi possono essere diversi, a seconda
degli organi in cui si trovano i frammenti di endometrio
Paolo
Vercellini
Lo
specialista medicina pratica Università di Milano, Istituto Clinico Mangiagalli
Corriere della Sera, 2
dicembre 2012, pag, 49
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