Gaia e il questionario di Proust

Il celebre gioco di società, amato dallo scrittore, rivisto e semplificato. Anche per adolescenti

di Paolo Di Stefano

  Il cosiddetto Questionario di Proust è nato nell’Ottocento come gioco di società, quando ancora Marcel Proust non era nato. Prese il suo nome poiché fu sottoposto al futuro scrittore tredicenne da una sua amica e coetanea, la contessina Antoinette Faure, che gli spedì le domande (in inglese) pregandolo di rispondere per iscritto: la ragazza avrebbe inserito le risposte in una specie di quaderno personale che chiamò Album per conservare pensieri e sentimenti... A Proust quel gioco piacque, al punto che a vent’anni se ne ricordò, riformulò le domande a suo modo e aggiunse le proprie risposte con il titolo Marcel Proust par lui-même, cioè «Proust visto da Proust». Il manoscritto fu ritrovato nel 2003 e venduto all’asta per 102 mila euro.

   Da allora il Questionario è diventato, in varie forme, un genere letterario-giornalistico di successo. È stato ripreso dal giornalista televisivo francese Bernard Pivot nel suo celebre Apostrophes, dalla edizione americana di Vanity Fair e da numerosi altri periodici. Su Io Donna è una rubrica che dura da quasi un decennio, inaugurato dal poeta Mario Luzi e dal Nobel Dario Fo. Il primo ricordo? Il flash di Fo: quando i suoi genitori gli dissero che il
tetto di casa aveva le tegole di cioccolata. Mario Rigoni Stern rispose: «Quando ero in culla e vedevo luccicare il lumino che accendeva mia madre». Il suo motto? Luzi rispose che non aveva un motto. Poi ci ripensò: «Voglio andare avanti anche inciampando». E sul suo colore preferito rispose: «L’incanto dell’azzurro di certe mattine, quando quasi non si riesce a vedere tanta è la sua luminosità, quando la luce brucia il colore». Elio delle Storie Tese disse che il tratto principale del suo carattere sono le sopracciglia. Come vorrebbe morire? Bergonzoni fu fulminante: «Dalla voglia». Il suo sogno di felicità? «Tornare a Itaca» è stata la risposta di Luca Ronconi. Eroe o eroina? Checco Zalone rispose: «Nessuno dei due... penso che ci si possa divertire anche senza».

 In effetti ci si può divertire anche con il Questionario. La sua fortuna è l’immediatezza che richiede l l’interlocutore sincerità, prontezza e autoironia nel mettere in piazza gusti, sentimenti e aspirazioni. Battezzato dal Proust ragazzino — che alla domanda sulla sua idea di tristezza rispose «Essere separato da mamma» e alla domanda su come avrebbe voluto morire rispose «Migliore e amato» — ha il dono della versatilità, dunque si adatta benissimo all’infanzia e all’adolescenza, per scoprirne desideri, paure e passioni. La rubrica settimanale che comincia oggi ha questo scopo, oltre al divertimento di chi risponde e di chi legge.

Corriere della Sera, 3 novembre 2012, pag- 43

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