L’intervento della De
Monticelli a Torino Spiritualità
di Roberta De Monticelli
L’uomo è animale normativo. Questo vuol dire
che mentre gli altri primati vivono, per intenderci rapidamente, in base agli
istinti, tutta la nostra vita è invece soggetta a norme. Bisognerebbe imparare
a sentire, nella parola «normalità», proprio il senso pervasivo della
normatività radicata nel nostro comportamento quotidiano. Tutta la nostra vita
cosciente, che si tratti di azioni, decisioni, emozioni, pensieri, percezioni,
è soggetta alla questione se sia come dovrebbe. C’è una coscienza normativa -
tipicamente, un senso di (in)adeguatezza - che attraversa ogni nostro fare,
dire, pensare, percepire, sentire: ci rendiamo conto del suo essere più o meno
adeguato, corretto, opportuno, riuscito, «esatto» (da «esigere»). Del resto,
l’anima di ogni cultura – a cominciare dalla suo stesso scheletro, la lingua di
quella cultura – è un’anima normativa, è in qualche modo coscienza di un
dovuto. Nell’esempio della lingua lo si vede con la massima chiarezza. Nessuno
parla come gli passa per la testa, perché non parlerebbe affatto. Parlare è
piegarsi alle norme di senso della lingua in cui si parla…
Da dove viene il potere obbligante delle
norme? Da Dio, dalla Natura, dalla Società, dalla Ragione? Possiamo ricostruire
la storia della filosofia in base alle risposte che si danno a questa
questione. Ma se il mondo antico e quello moderno ancora disputano in noi con
le loro risposte, è dai tempi di Socrate che noi conosciamo un modello di
«normalità» umana che è centrato sul potere dell’interrogativo. Socrate
incentrò su questo potere la sua paideia, l’educazione dell’uomo alla ricerca
dei fondamenti di giustificazione delle norme, di qualunque tipo, inclusi i
nostri mores. Lungo la via di Socrate è cresciuto, nell’anima d’Europa, quasi
tutto ciò per cui vale la pena
di vivere: la libera ricerca nelle scienze,
nelle arti, nell’etica, nel diritto, nella politica, nella religione. La
«normalità» socratica è il rinnovamento morale quotidiano, che idealmente
presuppone la libertà e la ricerca di verità, per dare alla norma quotidiana
verifica, o allora ragionevole e giusta modifica. Husserl nello stesso spirito
pensava che «etica» e «rinnovamento» quotidiano siano quasi sinonimi. Il gioco
socratico della verifica delle regole è in un certo senso l’eterna giovinezza:
in un senso opposto a quello della grottesca, scimmiesca simulazione di giovinezza
che abbiamo sotto gli occhi nelle viziose gerontocrazie di oggi.
Oggi però sappiamo molto di più di un tempo
sulle basi naturali della cultura. Sulla differenza fra noi e le specie più
evolute di primati la scienza ha detto molto. La differenza è minima in termini
genetici, eppure enorme all’apparenza. Come mai? Michael Tomasello, ugualmente
esperto nella psicologia sperimentale dei primati e degli infanti umani, è
diventato famoso per aver individuato questa differenza nel fatto che questa
pur minima differenza ha fatto di noi degli animali cooperativi. Tomasello ha
giocato a lungo coi bambini più piccoli, e ha studiato il loro giocare. Qui,
nel loro gioco, ha scoperto quello che ci distingue davvero dai primati. Noi
abbiamo delle capacità naturali in cui questa attitudine cooperativa si fonda.
Noi sappiamo veramente imitare, cioè non semplicemente copiare le azioni, ma
capire le loro intenzioni e riprodurle: direi, afferrare la regola che anima un
gesto. Mentre le scimmie, quand’anche scimmiottino, sanno solo «emulare»: cioè
imitare l’uso di un mezzo per scopi che già hanno indipendentemente. Non
apprendono per imitazione fini e intenzioni nuove. Non imparano le regole di
giochi per loro nuovi, come i bambini anche piccolissimi. Non imparano a scambiarsi
il ruolo nei giochi, quindi a relativizzare il proprio punto di vista sulla
realtà, capire ce ne sono anche altri. Non sanno condividere l’attenzione, e
quindi il riferimento a un comune contesto. Non sono fatti per condividere un
linguaggio, e neppure una cultura materiale. Non c’è propriamente crescita tramite accumulo e
innovazione nel mondo animale.
Un equivoco grava su questa scoperta: una
sorta di tesi neo-roussoviana, per cui noi saremmo allora «naturalmente» buoni,
simpatici. È l’equivoco della naturalizzazione dell’etica: questa starebbe già
nella nostra natura cooperativa - e non soltanto competitiva. Un equivoco,
perché non è affatto il carattere cooperativo come tale a rendere
un’interazione umana, o addirittura una società umana, giusta. È vero che le
società umane sono organizzate in modo cooperativo. Ma la cooperazione funziona
tanto nella giustizia quanto nell’ingiustizia, tanto è vero che fin dall’inizio
delle civiltà si dibatte sull’alternativa fondamentale: la legge si fonda sulla
forza o sulla giustizia? Socrate e Trasimaco aprono una disputa che dura fino
ai nostri giorni – e se la filosofia tende a dar ragione a Socrate la storia
tende a darla a Tra simaco. Il fenomeno più palese della cooperazione senza
giustizia è la consorteria, origine di ogni forma di criminalità organizzata,
che è la tendenza a co-operare conformemente al vantaggio dei cooperanti
qualunque sia lo svantaggio di terzi estranei all’accordo, e quindi della
comunità più vasta cui il gruppo dei cooperanti appartiene. Il modello di
«normalità» che sembra oggi dominante in Italia è quella dell’uomo di
consorteria. È la soggettività così caratteristica dei nostri giorni: la
«normalità» priva di ogni senso di (in)adeguatezza, priva perfino dell’ombra di
un interrogativo, mera funzione di quella collettiva della consorteria
d’appartenenza. È la mentalità dell’esecutore - che sia poi quella del
complice, del servitore o di quel mezzo fra i due che è il moderno «mediatore»:
il faccendiere, il referente politico per l’attività lobbistica, il funzionario
di partito, il giornalista deferente. La sua funzione è quella del topo
roditore di normatività. Si parla oggi più correntemente di erosione di
legalità, perché di questa abbiamo dati contabili, l’enorme fatturato annuale
che comporta. Ma non è che la punta dell’iceberg, dove l’iceberg è l’erosione
di legalità interiore. Ne esiste una gamma quasi infinita di varianti, a
seconda del tipo di consorteria: dalle cordate dei concorsi universitari alle
cosche mafiose. Ciò che l’erosione di legalità esterna e interiore produce, è
la sostituzione della regola esplicita, che si rivolge alla coscienza personale
e alla sua facoltà di dubbio e interrogazione, con il potere normativo della pressione
sociale, la cui caratteristica è la delegittimazione del dissenso. Ne sappiamo
qualcosa in questi giorni, quando torna in auge una frase che potevamo sperare
sepolta nel cimitero degli orrori politici: «Se dici così fai il gioco
dell’avversario».
LA
DIFFERENZA
Gli altri primati seguono
gli istinti, solo gli umani vivono secondo «norme»
La
kermesse dal 26 al 30 settembre
Viene presentato oggi al Circolo dei lettori
il programma dell’ottava edizione di Torino Spiritualità che dal 26 al 30
settembre proporrà cinque giorni di incontri dialoghi, lezioni e letture per
riflettere su la Sapienza del Sorriso. Ideato e diretto da Antonella Parigi
coordinato dal Circolo dei lettori e sostenuto da Regione Piemonte, Città di
Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e Fondazione del Teatro Stabile
Torino, Torino Spiritualità si propone anche quest’anno come spazio
privilegiato di riflessione per mettere in dialogo idee, coscienze, culture,
religioni. Oltre 100 gli incontri in programma, 26 i luoghi della città sede
degli appuntamenti, 30 le associazioni e gli enti coinvolti, 130 le voci da
tutto il mondo per trasformare il sorriso in chiave per comprendere noi stessi
e la contemporaneità. Tra gli ospiti dell’edizione: George Steiner, Elio,
Edoardo Nesi, Richard Gombrich, David Le Breton, Massimo Gramellini, Gustavo
Zagrebelsky Suor Giuliana Galli, Alessandro Bergonzoni, Enzo Bianchi, Aharon
Appelfeld, Moni Ovadia, Massimo Cacciari, Henry Quinson, Michela Marzano,
Corrado Augias, Francesco Piccolo, Ignazio Marino, Vito Mancuso. Pubblichiamo
l’intervento dal titolo Liberi tutti. Giocare tra norma e libertà che la
filosofa Roberta De Monticelli leggerà domenica 30 settembre.
LA STAMPA, 6 settembre 2012,
pag, 30
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