di Antonella Mariani
Lei ha 16 anni, la sera esce con gli amici.
Ma se all’una e un quarto di notte – 15 minuti dopo il tempo stabilito – non è
ancora tornata, un padre «come si deve» non aspetta inerte in salotto, ma sale
in macchina e la va a cercare. E quando lei uscirà con un ragazzo – perché
capiterà, prima o poi: le figlie non vanno alle elementari in eterno –, lo
stesso padre non permetterà che lui l’attenda in strada: pretenderà invece che
entri in casa, che si presenti e, guardandolo negli occhi, gli farà capire che
lo ritiene responsabile di quello che succederà alla sua bambina. Bambina, sì,
perché a 16 anni (ma anche a 18 o a 20) le ragazze hanno bisogno ancora e
sempre di una guida. Quindi, padre (spesso confuso) di un’adolescente, occorre
restare sul campo di battaglia. Proteggerla. Difenderla. Intervenire. Alzare barriere
intorno a lei. Non lasciarla sola, alla mercé di sé stessa e di una società che
la vuole far crescere prima del tempo. Una prospettiva rivoluzionaria, in tempi
di disimpegno educativo come quelli che viviamo. In tempi in cui padri (e
madri) si dedicano a spa e massaggi, running, free climbing e bungeejumping,
convinti (o, meglio, speranzosi…) che il loro compito termini quando i figli
sono alle superiori. Che, dopo essere diventati degli assi a cambiare pannolini
e a preparare pappe – i giovani papà questo l’hanno imparato, ed è già stata
una conquista – beh, adesso tocca a loro giocarsi la partita. Soprattutto se
femmine, perché quando crescono la delega alla madre diventa in bianco: i
padri, semmai, si limitano a un ruolo «di spalla», perché donna con donna ci si
capisce di più. Sbagliato, sbagliatissimo. È vero esattamente il contrario: il
bello, per padri di figlie femmine, viene proprio con l’adolescenza. Sono loro
a costruire il modello di uomo a cui in futuro le figlie si avvicineranno. È sotto
lo sguardo del padre che una bambina diventa donna. Dunque, come non si può disertare
al ruolo di padre accanto ai figli bambini, questo vale ancora di più con i
teenager. La chiamata dei padri alle armi arriva da una pediatra americana di
lunga esperienza, Meg Meeker, madre di quattro figli. Nell’ultimo decennio ha
visto il suo studio riempirsi di quattordicenni depresse, anoressiche,
bulimiche, con il cuore a pezzi. Colpa della libertà in cui vivono e anche del
fatto che nessuno dice loro con fermezza e autorevolezza quali sono le regole
della casa e,
soprattutto, che le facciano rispettare. Cari padri, chiede la Meeker
in Papà sei tu il mio eroe (Ares, pp. 256, euro 16), volete questo destino di infelicità
per le vostre figlie? Volete chiudere un occhio quando passerà le notti in
bianco in discoteca? Volete che all’università passi il tempo a imbastire
"storie" perdendo di vista l’obiettivo? Volete vederle uscire di casa
a 12 anni in minigonna e top? I padri possono impedire tutto questo, sostiene
con piglio tutto americano la Meeker. Lo possono fare perché proprio da loro –
gli uomini di casa – le figlie cercano l’autorità, la fermezza. Non l’amicizia,
non la complicità: proprio le regole. Li odieranno, ma li rispetteranno. E
sapranno che c’è qualcuno che le ama.
Però occorre rimboccarsi le maniche e capire,
come scrive nella prefazione Mariolina Ceriotti Migliarese, «qual è la parte
che compete loro nei confronti delle meravigliose piccole donne di oggi, così sfrontate,
così vulnerabili, così esigenti, così belle...». L’adolescente, spiega la Ceriotti Migliarese,
«ha bisogno che iI padre, primo rappresentante per lei del mondo maschile, ottenga
la sua stima e le insegni cosa può e deve aspettarsi da un uomo; che le insegni
il rispetto di sé stessa attraverso il rispetto che lui le dimostra». Una donna
che è stata amata e rispettata dal proprio padre «non ha bisogno di lottare contro
il maschile perché può riconoscerlo complementare a sé». Sembra facile, ma per stare
accanto in modo consapevole a una teenager bisogna attrezzarsi. Nella pratica,
occorre dimostrare affetto e accoglienza ma nella fermezza. Niente pigiama
party a 13 anni, niente discoteche fino a 16, niente vacanze «solo ragazzi»,
orari ferrei per il rientro alla base. Se da un’amica, durante un ritrovo, la
piccola ha bevuto troppe birre, be’, in quella casa non ci entrerà più. Se c’è
bisogno di una punizione, nessuna paura a darla. Nessun imbarazzo a dirle che
il suo corpo esige rispetto, che deve aspettare e non cedere alle pressioni dei
ragazzi. Sono le regole di casa, dovrà rispettarle. Ma perché deve essere proprio
il padre a sobbarcarsi il «lavoro sporco»? Perché la sua presenza attiva in
famiglia è una buona assicurazione contro la devianza, l’abbandono scolastico
e, per entrare in ambito di comportamenti sessuali, la promiscuità, i rapporti
e le gravidanze precoci. E poi perché quella del padre è l’immagine di uomo con
la quale la figlia crescerà. Se sarà autorevole e determinato, cercherà un
compagno di vita autorevole e determinato. Se sarà distratto e superficiale,
menefreghista e poco affettuoso, è probabile che anche lei si accontenterà di
un marito così, andando incontro a disastri sentimentali. Potrebbero sembrare
semplificazioni all’americana, ma queste considerazioni sono supportate da una
gran mole di ricerche. Regole, controllo, severità. Ma il padre di una teenager
sa come può essere duro tutto questo, quali scenate e pianti e urli e ricatti
emotivi si scatenano in casa. L’importante è non arrendersi e accompagnare le
regole con il dialogo e con le giuste motivazioni. Ne vale la pena. I padri che
sogna la Meeker sono gli stessi che immaginava Barack Obama quando in un
discorso in campagna elettorale (era il 2008) disse: «Padri, siate migliori».
Un richiamo giusto, soprattutto se cade in una
società come quella americana, in cui il 70% dei giovani non vive con il proprio
padre naturale. A maggior ragione, essere un padre efficace vuol dire togliersi
del tempo per stare con le figlie, concentrarsi su di loro, mettere a punto un
piano educativo fin da quando sono piccole, non mettere al primo posto né carriera
né sport né vita sociale ma proprio loro.
Dell’importanza della figura del padre si parla ormai da anni, anche in
Italia non mancano studi (anche se, per la verità, concentrati sui figli
piccoli), ma quel che è sempre stato,
quello che detta le regole in casa. Con una nuova amorevolezza, certo, con un
nuovo coinvolgimento affettivo, ma pur sempre con autorità e fermezza.
Le teenager di oggi, sfrontate eppur
vulnerabili, cercano qualcuno che le difenda e indichi loro con fermezza le
regole da rispettare.
Avvenire, 31 maggio 2012, pag, 31
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