La madre-nonna pentita «No ai figli dopo i 50 anni»

La più anziana d’Inghilterra. «Ha ragione chi mi criticava»

di Fabio Cavalera

  Con il senno del poi non lo rifarebbe. Non cercherebbe di avere a tutti i costi una bambina nonostante le cinquantasette primavere superate al momento del parto, nonostante il buon senso la consigliasse di non cedere a quel desiderio comprensibile di diventare mamma, un diritto insopprimibile che comunque deve fare i conti con l’età e con la ragione (di donne e uomini). No, non si farebbe più suggestionare dall’idea di essere la mamma più anziana del Regno Unito sottoposta con successo alla fecondazione in vitro. «Coloro che criticavano avevano ragione», confida al Mail on Sunday. L’amore per la sua piccola Freya di tre anni e mezzo non è in discussione: «È la mia vita». Però, se tornasse indietro eviterebbe di bussare alle porte di una clinica russa per la maternità in provetta.
  Nel marzo del 2008 Susan Tollesfen, oggi sessantunenne, si prese i titoli di prima pagina di tutti i quotidiani. «Il mio piccolo miracolo». «La prima nonna-mamma». E si lasciò fotografare felice, vicina al compagno Nick Mayer di undici anni più giovane, con la bella Freya in braccio, nata con parto cesareo. Non le interessavano le polemiche sollevate dai tanti che disapprovavano. Non aveva infranto alcuna legge: le linee guida distribuite al servizio sanitario pubblico inglese invitano e vincolano le strutture a non sottoporre ad alcun trattamento di fecondazione assistita le donne oltre i 40 anni e chiedono alle cliniche private di usare la massima cautela, non andando oltre i 50 anni.
  Ma non c’era e non c’è uno sbarramento penale. Si possono avanzare mille e ben comprensibili dubbi di carattere morale o considerazioni di semplice prudenza, eppure nulla impediva a una signora vicina alla pensione di volere, costi quel che costi, la gravidanza. Che fosse egoismo, che fosse superficialità, o al contrario la speranza di provare e condividere nuovi sentimenti e nuove emozioni, Susan Tollesfen era riuscita ad avere la sua Freya. In verità, dopo l’inseminazione in vitro, la donna non si era resa conto di essere incinta. Avvertiva dolori e le era stato diagnosticato un tumore alle ovaie. Poi, gli approfondimenti in ospedale la rassicurarono: aspettava una bambina. E tutto andò bene. L’evento fu celebrato da giornali e televisioni con dibattiti accesi che scivolarono via in fretta. Al punto che Susan Tollesfen pensò di dare un fratello o una sorella a Freya, rivolgendosi questa volta alla London Women’s Clinic per un nuovo  trattamento di fecondazione artificiale. Alla fine si convinse che era meglio desistere.
  Quella sua determinazione è ora scomparsa. «Se devo essere onesta la mia esperienza insegna che un limite deve essere stabilito e penso che sia a cinquant’anni», confessa Susan Tollesfen. Il rapporto con la figlia è splendido. Ma pesano alcuni fattori, forse sottovalutati. Si è lasciata col compagno. «Non ho alcun rimorso di avere avuto Freya ma ho pagato un prezzo pesante al mio sogno di diventare madre. Mi è costato la relazione con Nick. Tu credi di essere innamorata di qualcuno e non ti rendi conto di quanto il rapporto con un marito o un convivente possa cambiare dopo che hai avuto un bambino. Specie se lui è più giovane di te».
  La ossessiona la prospettiva di lasciare sola Freya, di non avere davanti il tempo necessario per vederla crescere e diventare una donna. «Il mio errore è stato di non averla prima». Ma su una cosa Susan Tollesfen non molla: possibile che lei, mamma-nonna, pentita di avere rinviato troppo la maternità sia al centro di così tante attenzioni e non lo siano invece attori, cantanti, personalità varie, ultrasettantenni, papà-nonni, padri nella terza età con licenza di egoistica soddisfazione filiale?  Non ha mica tutti i torti.

Corriere della Sera, 7 novembre 2011, pag.26

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