di Dacia Maraini
Brenda Bellavista, una bambina dagli occhi
grandi purissimi, la carnagione cerea, è affetta dalla sindrome di Rett, una
malattia tanto rara che le case farmaceutiche non ritengono necessario fare ricerche
per trovare le medicine giuste. Un destino comune a molti bambini sparsi per il
mondo. Le malattie rare non pagano e quindi che muoiano pure! I genitori di
Brenda però non si sono lasciati scoraggiare. «Due persone di uno straordinario
coraggio», spiega Christian Carmosino che sta preparando un filmato su di loro
per il prossimo Telethon che dovrà recuperare i fondi per le ricerche, «hanno
trovato nella disgrazia la forza per fondare una Associazione. La malattia
della figlia li ha uniti, li ha resi affettuosi e solidali, non solo nei
riguardi della figlia malata, ma anche fra di loro. Hanno un altro figlio, un
ragazzino di 14 anni che adora la sorellina e passa il tempo a tenerle
compagnia, e ha pure girato un filmato su come la famiglia vive quotidianamente
la malattia».
Nel totale sfascio delle istituzioni
sanitarie commuovono queste famiglie italiane che non piangono tendendo la
mano, ma si rimboccano le maniche e si danno da fare per rimediare alle assenze di chi dovrebbe aiutarle e non lo fa. È il grande mondo del volontariato, un tessuto connettivo vitalissimo che rappresenta il più prezioso bene del nostro Paese. Associazioni, cooperative, gruppi cattolici e laici, giovani e vecchi si ritrovano nel proposito di mantenere viva la pratica della solidarietà in una nazione che si sta incartando sull’egoismo sociale, sul disprezzo di ogni forma di collaborazione e fratellanza.
mano, ma si rimboccano le maniche e si danno da fare per rimediare alle assenze di chi dovrebbe aiutarle e non lo fa. È il grande mondo del volontariato, un tessuto connettivo vitalissimo che rappresenta il più prezioso bene del nostro Paese. Associazioni, cooperative, gruppi cattolici e laici, giovani e vecchi si ritrovano nel proposito di mantenere viva la pratica della solidarietà in una nazione che si sta incartando sull’egoismo sociale, sul disprezzo di ogni forma di collaborazione e fratellanza.
Mi è capitato di stare seduta in ospedale
aspettando il mio turno, di vedere una madre che avanzava tenendo per mano un
bimbetto dagli occhi gonfi e purulenti. La donna chiedeva una visita e la infermiera,
con fare spiccio, le diceva che sarebbe dovuta tornare fra sei mesi. «Ma mio
figlio ha gli occhi che bruciano, non riesce più a tenerli aperti».
L’infermiera la guardava con compassione e poi proponeva: «Se vuole le posso
prendere un appuntamento per domani allo studio privato del professore». «E
quanto costa»? L’infermiera a questo punto si faceva evasiva: non lo sapeva con
precisione, ma qualcosa fra ottanta e duecento euro. La madre la guardava
spaventata. «E dove li trovo duecento euro?». L’infermiera, capita l’antifona,
la spingeva verso la porta suggerendole di andare subito al pronto soccorso
dove certamente l’avrebbero aiutata. Al pronto soccorso — poi mi sono informata—la
donna e il figlio hanno aspettato sei ore, e alla fine un medico gli ha versato
negli occhi delle gocce, aggiungendo però che si trattava solo di un
palliativo; per guarire sarebbe dovuta comunque andare da un oculista
specializzato. Dai cento ai duecento euro.
E noi ci vantiamo di essere il Paese dalle
cure garantite per tutti! Per cui paghiamo cifre considerevoli in forma di
tasse quotidiane! Ma in realtà siamo peggio degli Stati Uniti che critichiamo tanto,
dove chi è povero non ha diritto a cure appropriate. Solo chi ha soldi può
pagarsi le visite specialistiche.
Corriere della Sera, 8 novembre
2011, pag. 43
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