Il professore è
appena rientrato dagli Stati Uniti, Detroit, ospite del National Institute of
Child Health, chiamato a spiegare quello che gli americani si chiedono ormai come
un tormento: come fare ad affrontare l’ultima emergenza del sistema sanitario, l’aumento
costante del numero dei parti cesarei. È una battaglia mondiale.
L’ultima crociata contro il
cesareo “Parto naturale senza dolore, si può”
L’esempio da Milano:
dimezzato il ricorso alla sala operatoria
di Cinzia Sasso
Perché da trent’anni quella curva è in salita
e lui, Enrico Ferrazzi, primario di patologia della gravidanza all’ospedale Buzzi
di Milano è un’autorità. Insieme ai colleghi è riuscito in un’opera che ha del
miracoloso: ridurre al 20 per cento, dopo una marcia che sembrava crescere in maniera
infinita, la percentuale dei cesarei. Secondo l’Organizzazione Mondiale della
Sanità quella percentuale non dovrebbe superare il 15 per cento; in America però
nel 2010 ha raggiunto il 34 e in Italia sfiora il 40 (con la Campania che
supera il 60 per cento). Il paese che ha il numero maggiore è il Brasile; il
secondo al mondo è il Portogallo e subito dietro arriva l’Italia.
Numeri di un’emergenza che una campagna
nazionale si ripropone di ridurre a livelli accettabili. Perché non è vero che
il cesareo sia il metodo più sicuro, né che i vantaggi - la comodità di
decidere il momento del parto, la mancanza di dolore - siano superiori agli
handicap: si tratta comunque di un intervento chirurgico con tempi di degenza e
ripresa più lenti. «Promozione della naturalità del parto», si chiama lo spot che
Onda, l’Osservatorio nazionale per la salute della
donna, diffonde dal suo
sito. Una campagna a tappeto, che per raggiungere lo scopo parte dall’analisi
delle cause. «Una volta - spiega Ferrazzi - il parto era vissuto come un evento
naturale, che la famiglia allargata rendeva semplice e ovvio. Oggi la donna
madre è sola, dunque impaurita, e il parto viene caricato di significati
spaventosi, così che si pensa che il cesareo limiti i problemi e annulli del
difficoltà ». Aggiunge Francesca Merzagora, fondatrice di Onda: «Se si chiede
alle donne italiane cosa vorrebbero fare, l’80 per cento risponde che vorrebbe
partorire con il metodo naturale; poi però succede che la metà ricorre al
cesareo e questa è una tendenza che dobbiamo invertire». Secondo un’indagine
dell’Osservatorio sono soprattutto i ginecologi a suggerire il ricorso al parto
chirurgico, e trovano un terreno fertilissimo. «Il fatto è che il cesareo - dice
Ida Salvo, anestestista al Buzzi - viene venduto come l’acqua santa. Mentre
invece la vera soluzione sarebbe introdurre in tutte le maternità il parto
indolore».
Se i cesarei sono in aumento a partire dagli
anni ’80, quando si assestavano al 12 per cento, gli ultimi anni registrano
picchi all’insù anche a causa di nuovi fattori. Dice Mario Merialdi, direttore
del dipartimento salute riproduttiva dell’Oms: «Oggi l’età della gravidanza si
è spostata in avanti e spesso c’è il ricorso a terapie ormonali. A 40 anni ci
sono più preoccupazioni da parte della donna e un maggior timore dei rischi da
parte dei medici». Aggiunge che quello che è radicalmente cambiato, è anche la
cultura: altro che Genesi («la donna partorirà con dolore»), oggi siamo meno
disposti ad accettare il dolore. Ma è questo il terreno della nuova sfida: «Per
ridurre il numero dei cesarei - dice Salvo - bisogna fare in modo che il dolore
del parto venga trattato come tutti gli altri dolori, e che passi il messaggio
che per partorire non è necessario soffrire». Il primo passo, quindi, è la
diffusione dell’epidurale che però richiede la presenza di anestesisti a turno
continuo e quindi non è praticabile in tutti gli ospedali (a Milano il 25 per
cento delle donne ricorre all’anestesia epidurale, ma in Italia solo il 19 per cento
delle maternità ne dispone). In Italia i punti nascita sono 551 e in 289 si
praticano meno di 800 parti l’anno, impossibile che siano tutti attrezzati. Al
Buzzi si sperimenta anche l’uso del protossido di azoto, il cosi detto “gas esilarante”
e a Firenze è in corso una sperimentazione con il remifentanil, un farmaco
oppioide. Tornare a rendere il parto un evento naturale è una sfida di oggi. E a Detroit il professor Ferrazzi ha
raccontato che uno dei segreti del Buzzi è stato quello di rimettere mamma e
bambino nelle mani delle ostetriche. Altro che sale operatorie.
Le Tecniche
EPIDURALE
Anestesia parziale del corpo
tramite un’iniezione nella colonna vertebrale che permette alla madre di
mantenere uno stato di coscienza vigile.
PROTOSSIDO DI AZOTO
Detto anche “gas esilarante”:
molto usato negli Usa e in Gran Bretagna. È la donna ad autosomministrarselo con
una mascherina alla bocca.
REMIFENTANIL
Anestetico oppioide che si
inietta per via endovenosa, usato per addormentare i pazienti negli interventi
chirurgici, agisce e si smaltisce rapidamente.
la Repubblica, 3 ottobre
2011, pag.41
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