di
Cristina Gaviraghi
Non
è mai troppo tardi, neanche per imparare a suonare uno strumento
musicale, ma farlo da bambini potrebbe portare qualche vantaggio in
più. Basterebbero infatti anche pochi anni trascorsi a studiare
note, diesis e bemolle in giovane età, per garantirsi un cervello
più in salute da anziani, almeno secondo quanto afferma una ricerca
apparsa sulla rivista Journal
of Neuroscience.
LO STUDIO - Nina Kraus, neurobiologa presso la Northwestern
University, da tempo indaga sugli effetti che la musica può avere
sulla plasticità cerebrale e sulle abilità cognitive e, nel suo
ultimo lavoro, ha coinvolto 44 adulti tra i 55 e i 76 anni per
valutare la prontezza del loro cervello nel reagire alla percezione
di suoni vocali. In queste persone è stata misurata l’attività
elettrica della regione del tronco encefalico che processa i suoni
mentre ascoltavano una voce che pronunciava ripetutamente una
sillaba. Chi aveva seguito da bambino lezioni di musica, per un
periodo dai quattro ai quattordici anni, mostrava una più rapida
risposta cerebrale alla percezione del suono, di circa un
millisecondo più veloce rispetto a chi invece non aveva
familiarizzato da piccolo con uno strumento musicale.
BENEFICI NEL TEMPO – «Si tratta di piccolissime differenze
temporali - sottolinea Kraus -, ma se le consideriamo per milioni di
neuroni, allora possono fare la differenza nella capacità
di un
anziano nel reagire ai suoni». Il fatto sorprendente poi era che la
maggior reattività cerebrale riguardava anche chi non toccava uno
strumento da molto tempo, anche da 40 anni. I positivi effetti che
studiare musica in giovane età avrebbe sulla mente non andrebbero
dunque dispersi, durerebbero nel tempo, fino a farsi sentire anche
ben oltre la cinquantina e, secondo Kraus e colleghi, tanti più anni
un bambino ha passato a dilettarsi con uno strumento, tanto più ne
beneficerà la sua mente adulta. «La velocità con cui il cervello
elabora e discrimina i suoni è una delle prime abilità a essere
intaccata dall’invecchiamento e riuscire a contrastare questo
processo potrebbe migliorare molto la vita degli anziani», conclude
l’esperta.
MUSICA E CERVELLO - L’indagine della Northwestern
University non è la sola ad avere ribadito recentemente gli effetti
che lo studio della musica può avere sulla mente. Al meeting annuale
della Society for Neuroscience sono state presentate varie ricerche
che hanno messo in evidenza come studiare musica possa avere un
effetto positivo su certe funzioni cognitive, cosa che si
rispecchierebbe nella struttura stessa del cervello. Uno studio su
una cinquantina di ragazzi cinesi ha rilevato che studiare uno
strumento per almeno un anno sarebbe correlato alla presenza di una
corteccia cerebrale più spessa; effetto più marcato se le lezioni
di musica sono avvenute prima del settimo anno di vita del bambino,
età in cui i processi di maturazione cerebrale sono più marcati.
Ricercatori canadesi e scandinavi hanno poi (indipendentemente)
presentato dati che mostrerebbero come un cervello allenato alla
musica presenti un più alto grado di connettività neuronale e sia
in grado di elaborare meglio gli stimoli provenienti
contemporaneamente da sensi diversi. L’argomento va approfondito
con altre ricerche, ma quanto scoperto finora lascia presupporre che
lo studio di uno strumento musicale possa influenzare profondamente
il cervello al punto che potrebbe rivelarsi utile anche nel trattare
i disturbi cognitivi e dell’apprendimento, oltre a essere, in
giovane età, un prezioso investimento per la salute futura della
mente.
28
febbraio 2014
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