Il latte della mamma va in banca

Donatelo, è prezioso come l’oro per salvare i bimbi più fragili”

di Maria Novella De Luca

  I pediatri chiamano addirittura “oro bianco”. Eppure è l’alimento più naturale del mondo. Il latte materno, il latte umano. Oggi è diventato così prezioso, così fondamentale da essere custodito in speciali biobanche che lo raccolgono, lo analizzano, lo pastorizzano, e poi lo conservano in caveau frigoriferi ad alta tecnologia. Il suo valore, se fosse in vendita, supererebbe i cento euro al litro.


Insostituibile per tutti i bambini, ma soprattutto per alcuni: ossia i più piccoli dei piccoli, i nati prematuri, seimila ogni anno in Italia, minuscole e tenacissime vite che giorno dopo giorno, grammo dopo grammo, cercano di “completare” la loro nascita nelle incubatrici dei reparti di terapia intensiva neonatale. Miracoli, spesso, della scienza e dell’amore.

  Ecco, il latte di queste speciali “banche”, trenta in tutta Italia, quasi un record europeo, dove mamme che hanno latte in eccedenza possono donarlo per “nutrire” altri neonati, serve per loro, i bimbi delle terapie intensive. Vero e proprio salvavita contro alcune patologie, anche letali, per esseri così piccoli. Una tra queste è l’enterocolite necrotizzante. Ma non basta. Perché le banche ci sono, ma sono mal distribuite, poco conosciute e soprattutto manca la “materia prima”: ossia le donatrici. Spiega Piermichele Paolillo, primario della neonatologia e terapia intensiva neonatale del policlinico Casilino di Roma: «Una metropoli di milioni di abitanti come Roma può contare soltanto sul lacta-rium dell’ospedale Bambino Gesù, questo vuol dire che i genitori di un prematuro, anche grave, la cui vita è davvero appesa a un filo, devono attraversare tutta la città per reperire il latte. Immaginate che fatica, che stress».


  Le banche sono distribuite a macchia di leopardo: se la virtuosa Toscana ne ha ben sei (la prima fu aperta
proprio al Meyer di Firenze nel 1971) in Campania e nel Lazio ce n’è una sola, nessuna invece in Sardegna. «Ma quello che manca è la cultura della donazione — aggiunge Paolillo — ci sono mamme che partoriscono nei termini giusti, i loro bimbi non hanno problemi, producono moltissimo latte e sarebbero ben felici di donarne una parte. Semplicemente però non sanno che si può fare, che esistono le banche».

  Eleonora Marbelli ad esempio, giovane architetta di 33 anni, è diventata super-donatrice per caso. «Mia figlia Beatrice era nata soltanto da dieci giorni e avevo bisogno di tirarmi il latte e congelarlo perché dovevo tornare al lavoro». Figlia della precarietà e del suo tempo Eleonora, libera professionista, non ha maternità né congedi. «Come tutte le donne della mia famiglia ho avuto fin da subito moltissimo latte, anche se la mia bambina all’inizio ne prendeva poco. Avevo il freezer pieno, un’enormità. Per caso, in un negozio di sanitari, ho visto un cartello che pubblicizzava la banca del latte. Mi sono messa in contatto con l’Aiblud a Milano e ho iniziato — scherza Eleonora — la mia produzione». Sessanta litri in un anno. Un record. «A volte dico che metà dei bambini nati in questi dodici mesi a Milano è mio figlio adottivo... Poter donare mi ha dato una grande felicità. E non è difficile.

  Gli addetti dell’associazione vengono a casa, prendono i contenitori pieni e riportano i contenitori vuoti. Certo, raccogliere il latte costa un po’ di fatica, ma lo facevo per mia figlia e tornerei a farlo se avessi un altro bambino. Se però non avessi visto quel cartello chissà quanto latte avrei buttato...».

Guido Moro, pediatra, è presidente dell’Aiblus, l’associazione italiana delle banche del latte umano donato. E lancia un appello: «Abbiamo bisogno di altre banche, ma soprattutto di donatrici. I cambiamenti della gravidanza, legati all’età più matura delle madri, alle tecniche di fecondazione assistita, hanno fatto crescere il numero di neonati prematuri, di nascite complesse. Sono tante le donne che subito dopo il parto non possono allattare, ma ci sono bambini per cui il latte materno è l’unico alimento possibile. Le banche sono poi garanzia di sicurezza: le donatrici vengono analizzate, il latte pastorizzato e conservato». “Oro bianco” insomma. Così ambito che anche in Italia cominciano ad affacciarsi le prime banche private, mentre negli Stati Uniti è sempre più fiorente e pericoloso il “milksharing”, ossia la compravendita su Internet di latte umano, né controllato né selezionato tra privati, con gravi rischi per i neonati. Eppure in Italia nonostante le raccomandazioni dell’Oms, l’allattamento al seno è diffuso, massicciamente, soltanto nei primi due mesi di vita del neonato. «Poi, purtroppo, le percentuali crollano: per stanchezza, per mancanza di informazione », ammette Guido Moro.

Invece dietro c’è un mondo. Come sanno bene le mamme dei prematuri, che nei lunghi mesi della terapia intensiva, fanno qualunque cosa per non perdere il loro prezioso “oro bianco”, salvavita dei piccolissimi. Grammo dopo grammo, giorno dopo giorno, fino a quando i bambini escono dall’incubatrice, e vengono distesi per la “terapia marsupio” a contatto della pelle della madre e del padre. E alla fine tornano a casa. In un lento risveglio alla vita.

Mia figlia aveva 10 giorni, io dovevo tornare al lavoro.
Il freezer era pieno di flaconi”.

Un giorno ho visto una pubblicità e ho cominciato: sono riuscita a dare 60 litri in un anno”








Nessun commento:

Posta un commento