Secondo
alcuni la lode può minare la fiducia in se stessi, secondo altri è
un fondamentale incoraggiamento
di
Simona Regina
«Come
sei brava!». «Che bel disegno». «Quanto sei intelligente!». «Sei
davvero un campione». Alla lunga lodare i propri figli è un bene o
un male? A chi sostiene che l’uso delle ricompense, tra cui la
lode, possa essere una pratica educativa dannosa per i bambini, fa
eco chi al contrario sottolinea che i più piccoli hanno bisogno
dell’approvazione e dell’elogio degli adulti.
STOP
ALLE LODI - Alfie Kohn, per esempio, educatore e autore di libri
su pregi e difetti di diversi metodi educativi, mette in guardia
genitori e insegnanti: a suo avviso la lode rischia di trasmettere ai
bambini l’idea che
siano amati solo quando si comportano in modo
consono alle aspettative dei grandi. Sostiene inoltre che, alla
lunga, la lode può minare la fiducia in se stessi e scalfire le
motivazioni personali, perché il fare bene una cosa smette di essere
un piacere e una soddisfazione di per sé, ma solo un modo per essere
apprezzati dell’adulto, col rischio di innescare una sorta di
dipendenza dal’approvazione di mamma, papà o dell’insegnante.
Oltre a far sentire i più piccoli sempre sotto giudizio, tanto da
renderli insicuri nel’esprimere le proprie idee e scoraggiarli nel
mettersi alla prova, perché preoccupati di essere al’altezza
della situazione.
NUTRIENTE
ESSENZIALE -
Di tutti altro avviso lo psicologo infantile Kenneth Barish,
professore di psicologia al Weill Medical College della Cornell
University. A mio avviso - scrive su Psycology
Today
- il bisogno di un figlio di essere elogiato e ricevere
l'approvazione da parte degli adulti non è una ricompensa a
strinseca. Lo sono le paghette in denaro. Ma la lode, come un sorriso
o uno sguardo di approvazione, e tutt'altra cosa. A un bisogno umano
fondamentale e non è una tecnica per allevare bambini obbedienti .
Anche perchè secondo l'autore di
Pride
and Joy,
in fondo nel corso di tutta la vita siamo interessati alle opinioni
altrui, e quando abbiamo lavorato duro e fatto un buon lavoro ci fa
piacere che gli altri riconoscano e apprezzino il nostro impegno. La
lode dunque non è una forma di controllo, ma un incoraggiamento. Per
cui, in definitiva, perchè privare i più piccoli del piacere di
essere elogiati per quello che hanno fatto con passione e impegno? In
fondo, che sia un disegno, un gioco o i compiti di scuola, quando
sono orgogliosi e soddisfatti per quello che hanno fatto, i bambini
ci guardano, vogliono coinvolgerci, suscitare il nostro interesse e
ricevere la nostra approvazione. La lode, dunque, per Barish non è
come lo zucchero, qualcosa che i bambini amano e desiderano ma che a
lungo termine può essere nocivo per la loro salute. Il più come un
nutriente essenziale. Non certo l'unico o il più essenziale, ma ne
abbiamo bisogno tutti, e in particolare i bambini: hanno bisogno di
sapere che siamo orgogliosi di loro. E questa certezza è un prezioso
sostegno emotivo.
MEGLIO
ELOGIARE L'IMPEGNO -
In definitiva, per meglio elogiare l'impegno, lo sforzo con cui i
piccoli di casa fanno un disegno, un puzzle, una costruzione perche
il risultato o il loro talento, e lasciarsi coinvolgere dal loro
entusiasmo, in modo che si sentano amati e non giudicati, perchè
questa l'attenzione di cui il vostro bambino ha bisogno di consiglia
la psicologa Laura Markham. Del resto, dopo anni di ricerche, la
psicologa di Stanford Carol Dweck suggerisce ai genitori di non
elogiare i propri figli perchè intelligenti, nella convinzione di
accrescere la loro autostima. In questo modo, infatti - lo ha
spiegato su Scientific
American
e lo ribadisce in un nuovo articolo pubblicato su Child
Development
- la lode rischia di essere controproducente: di renderli più
fragili in caso di fallimenti, insicuri di fronte alle difficoltà e
tendenzialmente restii a mettersi in gioco per migliorare i propri
punti deboli. Perchè lo sforzo e percepito come meno importante
dell'essere intelligenti. Ma a scuola, come nella vita, ogni tipo di
traguardo a una sfida e richiede impegno, quindi meglio elogiare i
bambini per le qualità che possono controllare (come l'impegno
appunto), affinchè considerino le nuove sfide come opportunità per
imparare e crescere, nella convinzione che si possa sempre
migliorare.
SBAGLIANDO
SI IMPARA - Insomma, le lodi servono in alcuni momenti, ma ci
vuole misura nel complimentarsi con i propri figli per i piccoli o
grandi successi quotidiani. «Uno, perché l’eccesso di lode alla
lunga perde di significato. Due, per non espropriali del piacere di
fare qualcosa puramente per il piacere di farlo, senza pensare di
doverlo fare per appagare il proprio genitore. E infine, per non
gonfiare in maniera eccessiva il loro io» precisa Anna Oliverio
Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma.
«Il bimbo o la bimba che si sente continuamente dire “come sei
brava” o ”come sei intelligente”, può perdere il senso della
realtà, pensare di riuscire sempre bene in tutto e potrebbe di
conseguenza avere difficoltà ad accettare gli errori, da cui invece
si impara molto». «Elogiare continuamente i propri figli, farlo
fuori luogo, senza motivo, e allo stesso tempo pretendere sempre il
massimo, può in effetti comportare una sollecitazione eccessiva con
conseguente difficoltà a tollerare le frustrazioni connesse agli
insuccessi che nella vita inevitabilmente arrivano» sostiene Giorgio
Rossi, direttore della neuropsichiatria infantile dell’Ospedale del
Ponte di Varese. «L’importante è essere rassicuranti, dare cure
continue ed essere disponibili sul piano affettivo, in modo da
offrire il sostegno di cui hanno bisogno».
A
CCETTARE LE SCONFITTE - Anche secondo Sabrina Bonichini,
professoressa di psicologia della salute del bambino all’Università
di Padova, dietro troppi elogi c’è il rischio che i bambini non
sappiano accettare le sconfitte, alimentando al contrario una
fragilità narcisistica. «Gli elogi, dunque, sono importanti ma
vanno motivati e devono essere specifici. È bene quindi sottolineare
l’impegno che ha permesso di raggiungere la meta e non solo il
risultato, perché altrimenti si rischia di demotivarli, attribuendo
il successo a una caratteristica intrinseca, per esempio
l’intelligenza, più che alla caparbietà e alla perseveranza». E
la stessa cosa vale per i rimproveri: «devono essere mirati al
comportamento e non sulla persona: quindi, per esempio, è meglio non
dire al proprio figlio “sei cattivo”, ma “hai fatto una cosa
sbagliata” e spiegargli il perché».
Corriere
della Sera, 4 ottobre 2013, pag
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