Dal carcere l’intellettuale inventava storie per i figli

Padri speciali che raccontano un mondo di incanti: nel novero rientrano anche i contemporanei Bruno Tognolini e Daniel Nesquens

di Manuela Trinci

  «A me piace leggere, o scrivere: M’incanta. Ho voluto portare mia figlia in questo incanto, perché è  un bel posto dell’mondo, per me…» racconta  Bruno Tognolini (in Leggimi forte, Salani). Certo, un padre un po’ speciale che scrive, racconta, gioca con le parole e con le parole trasmette il senso della vita, la sua preziosità.

  Caro Delio, Caro Giuliano, scriveva dal carcere Antonio Gramsci rivolgendosi ai figli. Per loro inventava storie, pescava dal suo repertorio di ricordi infantili, trasmetteva - tra documentazione e affetti - le esperienze, sfidando così l’usura del tempo e il «velo della memoria». Caro Delio, narrava nell’indimenticabile Albero del riccio (Editori Riuniti) «i fringuelli… non bisogna afferrarli per le ali o per le gambe, che sono delicate e possono rompersi o slogarsi…». E ancora, questo grande affabulatore, intellettuale comunista, rievocava, sollecitando l’immaginazione, falchi, barbagianni, un cavallo con la coda solo nei giorni di festa…nonché i ricci…i ricci, o meglio una laboriosa famiglia di ricci osservata nel pieno di una inconsueta raccolta delle mele, orchestrata tutta a suon di irti aculei, zampette e musetti intraprendenti!

  Una calligrafia minuta, quella gramsciana, precisa, tanto che pare trattenere nell’inchiostro l’emozione di una «paternità vivente», costretta all’esilio. E forse in quei fogli di carta dove la tenerezza mai si disgiunge dall’impegno e dalla lotta contro l’oppressore fascista, Gramsci dettava il suo testamento per una morale quotidiana e un’etica futura.

  Aveva già tradotto, sempre in carcere, tra il 1929 e il 1931, ventiquattro fiabe dell’intero corpus dei fratelli Grimm, una delicatissima traduzione - riproposta dall’editore Robin con il titolo Favole di libertà (pagg.192, Euro 12) - che da Cappuccetto rosso sino a meno note «novelline», avrebbero potuto essere utili a tutti i bambini per districarsi in questo mondo «grande e terribile». Un’attenzione all’infanzia a partire dal suo territorio: il mondo immaginifico e iridiscente della fiaba, della leggenda, della natura, delle esperienze vissute. Racconti ponte fra ieri oggi e domani, quelli di Gramsci, illuminazioni preziose, sostenute dalla speranza.

   Un bambino dorme. Accanto a lui, pronto per il suo risveglio, un bricco di latte che, invece, si berrà un topo. Il bambino, svegliandosi, esigerà strillando il suo latte, il topo correrà dalla capra che avrà bisogno di erba. Ma
all’erba servirà l’acqua…e così via. In un concatenarsi di richieste si arriverà alla montagna. Lì avverrà allora un sublime dialogo: la montagna, infatti, dappertutto mostrerà al topo le sue ossa senza terra, tanto è stata ferocemente disboscata dagli speculatori. Sarà necessario credere che il bambino, crescendo, pianti di nuovo alberi, dando voce a un rinnovato equilibrio naturale. Ancora una storiellina attinta alla tradizione sarda, una novella ecologica, straordinariamente attuale, questa che Gramsci aveva affidato a Giulia (in una lettera del 1931) così che lei la «svolgesse» a Delio e a Giuliano. Con disegni di Marco Lorenzetti, l’editore Carlo Gallucci l’ha recentemente proposta nel titolo Il topo e la montagna(pagg. 26, Euro 13,50).

  Sicuramente, oggigiorno, ai figli le storie si possono raccontare anche in altri modi, anche arditi, anche originali com’è, ad esempio, nel Papà tatuato, di Daniel Nesquens, con le incantevoli illustrazioni di Sergio Mora (Orecchio Acerbo, pagg.48, Euro 15, traduzione di Francesca Lazzarato). In questo caso il padre affida il suo alternarsi di assenza e di presenza in famiglia al racconto espresso dai tatuaggi sparsi sul suo corpo, dalla testa ai piedi. E per il suo bambino leggere, sfiorando, i suoi tatuaggi diventa più divertente che qualunque libro di racconti. Perché lì, tigri elefanti gorilla uccelli soprannaturali serpenti attorcigliati, ragni, razzi, strani marchingegni…, si trasformano in storie strane: come quella di un topo che mise un sonaglio a un gatto, o quella di una principessa…o di una anaconda, o di un circo con un grande tendone.   Sono libri, questi, tutti belli, che «mettono in cielo le stelle», perché risulta chiaro che se Papà fa mondo (il delizioso racconto anti geppettiano di Bruno Tognolini, Ed. Carthusia), per fare un bambino ci vogliono tante storie, una mamma e tanto amore.

L’unità, 31 dicembre 2012, pag, 19


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