Tv cattiva maestra?

Meglio gioco e sport

Nei programmi per bambini troppi atteggiamenti  di aggressività sociale, che si prestano a essere imitati

di Simona Regina


  Tv cattiva maestra? Sì, almeno per i bambini. È quanto emerge da una ricerca pubblicata su Journal of Communication. Nicole Martins, dell’Indiana University, e Barbara J. Wilson, dell’University of Illinois di Urbana-Champaign, hanno monitorato 150 episodi dei 50 programmi per bambini (2-11 anni) più popolari in America, secondo Nielsen Media Research, andati in onda da dicembre 2006 a marzo 2007. E hanno rilevato che il 92% mostra episodi di violenza sociale. In media, 14 ogni ora, uno ogni quattro minuti. Non violenza fisica. Ma atteggiamenti di derisione, pettegolezzi e insulti verbali. Nicole Martins, docente di telecomunicazioni, ci mette in guardia: «I genitori dovrebbero rendersi conto che, anche se non si tratta di violenza fisica, sono comunque atteggiamenti di natura antisociale. Quindi, attenzione a considerare un programma adatto ai bambini solo perché non mostra scene fisicamente violente».

  SOCIALMENTE AGGRESSIVI - «Sappiamo, perché la teoria dell'apprendimento sociale ce lo insegna - aggiunge del resto Rachel Callam, psicologa dell’Università di Manchester - che i bambini sono influenzati dal contesto in cui vivono. I genitori hanno dunque un ruolo importante nel mediare i messaggi che arrivano dalla televisione, contribuendo a contrastarne l'impatto negativo». «Anche perché i nostri figli stanno imparando anche dalla tv a essere socialmente aggressivi. E i bambini che sono vittime di aggressione sociale da parte dei loro coetanei possono sviluppare cicatrici emotive, profonde e durature» ribadisce Amy Jordan,
responsabile del dipartimento Children, Adolescents and the Media dell’International Communication Association. Insomma, i bambini non andrebbero lasciati soli davanti al piccolo schermo. Anche perché, come è emerso dallo studio, il più delle volte i personaggi che si esprimono in maniera antisociale non sono "puniti". Anzi, il loro atteggiamento è accolto con ilarità o giustificato. E così, sottolineano i ricercatori, l'aggressività sociale veicolata dai programmi televisivi è ancora più insidiosa: rischia di diventare un modello da imitare perché, a differenza di quella fisica, non è esplicitamente condannata. Insomma, c’è il rischio che la tv rafforzi l’idea di "normalità" di comportamenti antisociali, e che non faccia comprendere ai piccoli telespettatori il male che si può arrecare agli altri, semplicemente con le parole. Un motivo in più, quindi, per non trasformare la televisione in una babysitter, a discapito di attività ludiche e sportive, possibilmente all’aria aperta.

  PIÙ SPORT, MENO TV – Anche perché, secondo una ricerca pubblicata sull'International Journal of Behavioural Nutrition and Physical Activity, più ore i bambini trascorrono davanti alla tv, più abbondante sarà il loro girovita e inferiori le loro abilità atletiche. Così come un altro studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics, ci mette in guardia sugli effetti della "tv-babysitter". I ragazzi fisicamente attivi godono di un maggior benessere psicofisico rispetto ai loro coetanei che hanno uno stile di vita sedentario perché trascorrono molto tempo davanti alla tv e ai videogiochi. «I genitori - commenta a tal proposito Bamini Gopinath, del Westmead Millennium Institute for Medical Research - devono essere consapevoli che fare attività fisica all'aperto è importante per la salute e il benessere dei bambini. Pertanto, dovrebbero cercare di limitare il tempo trascorso dai propri figli davanti allo schermo».

  UN RAPPORTO COMPLESSO – In molte case, guardare la televisione sembra l’attività più ovvia da proporre ai bambini, sottovalutando l’importanza del gioco o della lettura. Del resto, secondo i dati del Rapporto Censis sulla comunicazione, gli italiani sono un popolo di telespettatori: il 98,3% della popolazione guarda la tv (tradizionale, satellitare, web tv e mobile tv). La psicologa Anna Oliverio Ferraris concorda con l’idea che la tv possa essere una cattiva maestra. «Può incentivare atteggiamenti violenti. I bambini, infatti, imparano per imitazione: per cui se sul piccolo schermo vedono spesso scene di interazione asociale, si pensi per esempio ai vari reality, finiscono col pensare che così sia lecito comportarsi: che la violenza, lo scherno, l’insulto costituiscano la strada più breve per risolvere i conflitti». Sbagliato, quindi, lasciare la tv sempre accesa. «Bisognerebbe selezionare con attenzione cosa far guardare ai bambini, a seconda dell’età. Perché anche i programmi per bambini possono veicolare messaggi non educativi» aggiunge l’autrice del libro Piccoli bulli crescono. La presenza dell’adulto è quindi importante. «Ma è anche vero che il più delle volte i genitori accendono la tv proprio per essere liberi di sbrigare altre cose in casa e, in ogni caso, la spiegazione verbale della mamma o del papà difficilmente riesce a competere con la forza delle immagini».

  STIMOLI ALTERNATIVI - Quindi niente tv? «Nella fascia di età tra i 3 e i 6 anni i bambini sviluppano l’intelligenza sociale, hanno quindi bisogno di socializzare, e se stanno troppo davanti allo schermo rischiano di non imparare a relazionarsi in modo positivo con gli altri. In generale, comunque, secondo me un bambino in età scolare non dovrebbe vedere la tv per più di un’ora al giorno». Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione alla Sapienza di Roma, nel 1999 ha scritto il libro La tv fa bene ai bambini. «Oggi non potrei scrivere un libro con quel titolo. C’è qualcosa di compulsivo nei messaggi veicolati, anche ai bambini, dalla televisione. Negli ultimi anni la tv ha difficoltà a reggere la pressione della rete, così, per attirare l’attenzione del pubblico, fa leva sulla spettacolarizzazione della violenza, raccontando irrealisticamente una società in bilico verso l’apocalisse. La famiglia deve dunque sdrammatizzare la centralità della tv, offrire stimoli alternativi. Se poi a scuola si parlasse della televisione, buona parte degli effetti negativi si scioglierebbe come neve al sole».

Corriere della Sera, 26 novembre 2012, pag,

Nessun commento:

Posta un commento