Nonna, dall’America mi porti il costume da
bagno con il reggiseno imbottito di Victoria Secret’s e il pezzo di sotto senza
cuciture?». La signora, da donna di mondo qual è, non si è scomposta e anzi ha
preso un paio di slip anche per sé. Ma poi si è chiesta: «Da quando in qua
queste bambine usano l’intimo rinforzato?».
Storie di preadolescenza quotidiana in una
grande città del Nord. Con svariate declinazioni. Come quelle raccontate dalla
lettrice Alessandra Cavallini sul blog della «27esima Ora» quando aveva
scritto: «Aiuto, mia figlia si trucca!», indicando come gli imminenti prossimi
ostacoli nel percorso di crescita di sua figlia tredicenne sarebbero stati il
reggiseno imbottito push up, i leggins push up, la prima sigaretta, la festa in
discoteca e il tacco 12. Preveggenza materna.
«Sono ben contenta di non avere più figli
adolescenti!», scherza Chiara Simonelli, docente di Psicologia e psicopatologia
dello sviluppo sessuale alla Sapienza di Roma. Dove la battuta nasconde un velo
d’ansia anche per chi da sempre di occupa di questi temi. «Queste richieste
sono l’espressione della spinta esterna rivolta alle ragazzine a dare segnali
di femminilità accentuata sempre più precocemente. L’età dell’adolescenza
comincia prima e finisce più tardi. Significa che se prima certe richieste
venivano avanzate a 14-15 anni, si è poi scesi a tredici e adesso a undici».
Del resto, fa notare il suo collega sessuologo Marco Rossi, «l’anticipazione del
menarca a dieci-undici anni ci dà un’indicazione precisa sulla precocità nella
maturazione sessuale delle bambine».
Una reazione, quindi, più che un’azione.
Insiste Rossi: «I fattori che si intrecciano sono tre. Il primo è, appunto, la
precocità dello sviluppo. Poi il desiderio di piacere agli altri, che
banalmente è indotto anche dai telefilm di un canale attento ai messaggi come
quello Disney. Infine, e non ultimo, il modello femminile che c’è già in casa,
in particolare quando una mamma si è rifatta il seno o a sua volta usa intimo
imbottito».
La psicologa dell’età evolutiva Tilde Giani
Gallino allarga ancora di più il campo delle responsabilità sociali. Dice: «Che
cosa dovevamo aspettarci quando i modelli che le nostre bambine vedono con
insistenza riguardano donne formose? Quelle ragazze, ai loro occhi, hanno
successo. Dunque bisogna assomigliare il più possibile a loro». La
professoressa, però, indica nei genitori i soli veri responsabili e
catastroficamente annuncia che al comparire del primo reggiseno imbottito ormai
non c’è più niente da fare. «Bisognava pensarci prima, quando si regalavano
alle proprie figlie bambole in assetto da baiadere, con reggiseni provocanti
addobbati con lustrini dai colori vivaci. L’influenza è enorme. Se ci pensiamo,
un tempo le più piccole giocavano con il bambolotto. Poi sono passate alla
Barbie, che non ha assolutamente un atteggiamento materno, ma ispira piuttosto
indipendenza». Sarà. Ma anziché disperarsi se la propria nipotina preferita che
ha tutti 9 e 10 in pagella sogna un giorno di fare la velina, è meglio tenersi
pronti, mostrare sangue freddo e adottare una linea difensiva il più possibile
comune con il resto dei parenti.
Per esempio, che cosa non bisogna
assolutamente fare? Risponde Chiara Simonelli: «Prendere una posizione troppo
dura può ottenere l’effetto contrario. Quindi, direi di non proibire nulla, ma
di abbozzare e vigilare. Ci sono segnali, invece, che non sono mai divertenti:
le unghie laccate in una bimba di otto anni non devono far sorridere per
niente. Ecco, lì ci si può imporre, non è ancora la fase in cui il parere di
un’amica conta più di quello dei genitori».
Se si riesce a sopravvivere allo
stranguglione conseguente al primo triangolo imbottito (sic!, esiste, e in
alcuni negozi è a portata di paghetta, costa 9 euro e 90), si può anche
trasformare la tragedia in opportunità, senza immaginare scenari romanzeschi di
imminenti incontri tra il professor Humbert Humbert e Dolores Haze, la Lolita
di Nabokov. Nello specifico, il faccia a faccia con il nuovo costume da bagno
può diventare l’occasione per parlare di sessualità e affettività. Marco Rossi
lo raccomanda con indulgenza: «L’unica cosa che i genitori non possono fare è
evitare che i figli crescano. E non è cercando di farli rimanere bambini che i
papà e le mamme riescono nel loro intento: perché bambini, i loro figli, non lo
sono già più»
Corriere della Sera, 23
Giugno 2012, pag, 47
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