«inserimento»
di Federica Cavadini
Indivisibili, fino al suono della campanella.
Poi a ciascuno il suo, a scuola almeno. Vite separate. Classi diverse, per i
gemelli. Ci credono gran parte degli insegnanti e dei presidi. Ed è una regola
non scritta per molte scuole, proposta (alcune mamme dicono «imposta») alle
famiglie. Se all’asilo nido e alla materna qualche coppia resiste, quando
arrivano alle elementari i gemelli vengono assegnati a sezioni distinte, avranno insegnanti e compagni diversi,
saranno, a scuola, «soltanto» fratelli.
Al
momento dell’iscrizione, mossi dalle migliori intenzioni, maestri, professori e
dirigenti scolastici comunicano alle famiglie la linea della scuola. «Di
default è dividerli», raccontano i genitori, che invece sarebbero più
possibilisti. E perplessità ci sono anche fra psicologi e pedagogisti. «Le
scuole non dovrebbero avere una linea, dovrebbero valutare caso per caso le
relazioni delle coppie. Alcune sono avvantaggiate dalla separazione, si
considera anche l’opportunità di iscriverli a scuole diverse quando c’è una
sezione unica. Per altre però è diverso: possono stare serenamente insieme anche
in classe senza che questo penalizzi la crescita di uno dei due fratelli. Le
persone sono uniche anche nella gemellarità», questo il pensiero di Piera Brustia,
professore di Psicologia dinamica all’università degli studi di Torino e
responsabile del Progetto Gemelli per la Regione Piemonte.
Allora.
Dividerli? E quando, nel percorso fra asilo e liceo? E come arrivare o non
arrivare a questa decisione? La scuola difende la posizione, il sacrosanto
diritto/dovere della responsabilità educativa («la formazione delle classi è
compito nostro»). Mentre mamme e papà più della separazione sembrano temere «scelte
in automatico», «calate dall’alto». Così raccontano, soprattutto su internet.
«Il tema classi separate è ricorrente nei
forum, riceviamo mail e telefonate ed è argomento di discussione ai nostri
raduni (il prossimo dal 20 al 22 luglio a Porto Recanati)», racconta Carmine
Bartolomeo, autore di gemellopoli.com con il fratello Benedetto, 44 anni, uno
single, l’altro marito e papà, vite diverse in città diverse, oggi. Ma compagni
di banco da bambini.
Noi siamo sempre stati insieme a scuola, ai
nostri tempi andava così, anche per semplificare la vita alle mamme, forse. Il
problema non esisteva ma allora eravamo pochi, non era ancora esploso il boom
dei gemelli. Adesso l’indicazione generale è classi separate, anche per i
trigemini: ci ha appena scritto un papà disperato alle prese con un triplo
inserimento alla materna. Poi avrà tripli colloqui con i professori, triple
liste di libri...»
I parti gemellari sono arrivati al tre per
cento, negli ultimi 25 anni sono triplicati, per le tecniche di fecondazione assistita
e per l’età avanzata delle mamme. E le famiglie chiedono punti di riferimento,
occasioni di confronto. «L’unica rete è online», dicono. C’è il Registro
nazionale dell’Istituto superiore di Sanità, ma è una rete per la ricerca. E
c’è il Progetto Gemelli in Piemonte: «Seguiamo cinquecento famiglie all’anno,
dal parto ai problemi economici o affettivi relazionali. Ma la nostra è un’esperienza
unica e siamo a rischio chiusura perché è saltato il finanziamento», dice
Brustia.
«La scuola per noi non è stata di aiuto. Non
c’è preparazione sull’argomento — racconta Monica, mamma milanese di gemelli
ormai all’università —. I nostri li
hanno messi insieme e stop, dall’asilo in poi. Al liceo però alcuni professori
hanno rimproverato noi per questa scelta. Ognuno dice la sua: molti luoghi
comuni e pregiudizi, poche informazioni utili. Sarebbe opportuna una formazione
più specifica. La gemellarità non si può semplicemente ignorare»
Gemelli anche in classe, oppure no. «Non ci
sono ricerche scientifiche sul tema, non nel nostro contesto e il contesto
incide», spiega Susanna Mantovani, psicologa e pedagogista, docente
all’Università di Milano Bicocca. «In linea di massima abbiamo osservato che
allargare le esperienze sociali è un vantaggio per i gemelli ma è giusto
valutare i casi e sentire anche le famiglie. Le decisioni prese poi si possono
anche modificare nel tempo. La composizione delle classi comunque è compito
della scuola, non deve esserci trattativa con i genitori». «Nelle mie scuole li
separiamo, la scelta è del collegio docenti e la decisione è passata in
consiglio d’istituto — dice Francesca Lavizzari, alla guida del comprensivo
Cavalieri di Milano, con elementari e medie —. Quando incontriamo le famiglie
spieghiamo loro come siamo arrivati a questa decisione: sentito il nostro
psicopedagogista e sulla base della nostra esperienza».
Sezioni diverse, è la scelta più frequente.
Separare i gemelli è una prassi consolidata anche al comprensivo Gasparini di
Modena guidato da Rossella Garuti («anche zia di gemelle, che le elementari le
hanno fatte insieme, su proposta dei genitori»): «Come insegnante e dirigente
sono arrivata alla conclusione che la scelta migliore sia metterli in classi
diverse. Ma ci deve essere accordo con i genitori».
Corriere della Sera, 26 maggio 2012, pag, 41
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