Siamo gente strana. Vogliamo sapere tutto
sull'olio extravergine, prima di condire l'insalata. Poi, quando nostro figlio
s'ammala, corriamo verso l'ospedale più vicino e lo affidiamo a una struttura
di cui non sappiamo niente. Speriamo che la professionalità, le capacità
diagnostiche e le terapie siano le migliori possibili. Ci interessa una cosa
sola: che nostro figlio sia curato bene e possa tornare presto al suo mondo di
bambino o adolescente sano, togliendoci dall’angoscia. Fidarsi è bene: la
grande maggioranza dei medici pediatri italiani merita la nostra stima. E così
gli infermieri. Ma uno strumento che consenta di sapere se quell’ospedale è
all'altezza del compito sarebbe utile. Anzi: è indispensabile. Questo ha
pensato ABIO (Associazione per il Bambino in Ospedale), che da oltre 30 anni
s'adopera per rendere meno traumatico il percorso ospedaliero del bambino e
della famiglia, grazie ai suoi volontari. Un'associazione della quale sono
onorato di essere un testimone: la Carta dei Diritti del Bambino e dell'Adolescente
in Ospedale, nel 2008, l'abbiamo lanciata insieme. La Carta contiene dieci
punti, chiari ma irrinunciabili. Per esempio: poter avere i genitori accanto; avere
quotidianamente possibilità di gioco, ricreazione e studio in ambienti
adeguati. Ed essere ricoverati nei reparti di pediatria. Ancora oggi, infatti,
il 30% dei giovani e giovanissimi pazienti italiani finisce tra gli adulti. Ora
ABIO compie il passo successivo: propone la certificazione della qualità delle pediatrie
degli ospedali, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria e la
Federazione
Nazionale Collegi Infermieri professionali, Assistenti sanitari,
Vigilatrici d'infanzia. Questo progetto ha il consenso di tutti, dei direttori sanitari
e generali, dei primari, degli operatori sanitari, dei volontari. Allora perché
non si sta procedendo? Perché cambiare costa fatica. Ma qualcuno ha cominciato:
Niguarda a Milano e Sant'Orsola a Bologna. Davanti a un figlio malato, nel momento
dell'ansia e del dubbio, ogni piccola certezza è importante. Certo: qualcuno
preferirà chiedere informazioni al portiere, al collega, al vicino di casa che
ha un cugino dentista. Tutti gli altri — ho l'impressione — preferiranno la
certificazione richiesta dall'ABIO.
Va
garantito il diritto a trattamenti adeguati per i più piccoli.
Corriere della Sera, 27 maggio 2012, pag, 45
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