Neurologia. La comprensione del linguaggio inizia molto
prima di quanto si credesse
di Cesare Peccarisi
Quando gli unici suoni che emettono suoni
ancora ma-ma-ma, da-da-da, i neonati sono già in grado di capire bene quello
che dicono gli adulti. L’ha dimostrato uno studio della Pennsylvania University
di Philadelphia, pubblicato sulla
rivista PNAS, secondo cui i piccoli comprendono il linguaggio già a sei mesi
(almeno sei mesi prima di quanto finora si riteneva), specialmente per i
termini che fanno riferimento al cibo e a parti del corpo. «Se mi dai la
manina, ti do il formaggino», è una frase che il bambino sa interpretare, cui
spesso segue un’azione coerente (sempre che il formaggino gli piaccia). Ma, contrariamente
a ciò che si potrebbe pensare, non è un’azione guidata solo e istintivamente
dal desiderio del formaggino. Il bambino comprende infatti il significato delle
parole sentite.
Per confermare l’ipotesi di questa precoce
comprensione del linguaggio, i ricercatori hanno usato con i bambini un
tracciante elettronico dello sguardo in una prova chiamata language guided
looking o looking while listening, cioè: sguardo guidato dal linguaggio o
guardare ascoltando. Durante l’esperimento il bambino sedeva, in braccio alla
mamma, davanti a un computer rivolto verso l’esaminatore, che sedeva dall’altra
parte del tavolo. Fra il dorso del computer e il bambino venivano messi sul
tavolo due o più oggetti, a seconda dei casi: una mela e una banana, e così via.
Sul tavolo c’erano un altoparlante, il sensore elettronico per seguire lo
sguardo del bambino e una telecamera che lo filmava in modo che l’operatore
avesse sotto controllo tutta la scena sullo schermo del computer.
E dopo i sei mesi che cosa accade? Fra i sei
e i nove mesi non si osservano sviluppi eclatanti nell’area del linguaggio,
fanno notare i ricercatori, ma si formano nuove connessioni neuronali. Poi
intorno ai 14 mesi si verifica un salto di qualità: i circuiti cerebrali che
hanno fino a quel momento continuato a immagazzinare dati si connettono
definitivamente a quelli dell’eloquio e della comprensione. A quel punto, se
diciamo a un bambino «mi prendi una mela per favore?», il piccolo non sente semplicemente
una serie di suoni familiari, ma decodifica il comportamento che è legato a
quella frase. Questo rende l’oggetto, cui la parola corrisponde, più facile da afferrare
cognitivamente, proprio come i bambini dell’esperimento afferravano la mela con
lo sguardo.
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