Virus e batteri
All’asilo impara anche il sistema immunitario
Elena Meli
Ricomincia la scuola: fino a primavera sarà slalom
fra raffreddori, mal di gola, influenza, tosse, diarree. La
"condanna" è certa per i più piccoli, che si affacciano per la prima
volta al nido o alla scuola dell’infanzia (la scuola materna, per intendersi); brutti
incontri meno frequenti ma molto comuni anche per i più grandicelli delle elementari.
La scuola sembra proprio il posto ideale per scambiarsi i germi. «I motivi sono
vari — spiega Alberto Tozzi, responsabile di alta specializzazione in malattie
infettive dell’unità di Epidemiologia e biostatistica dell’ospedale pediatrico
Bambino Gesù di Roma e direttore scientifico per la comunicazione della Società
Italiana di Pediatria —. La scuola è un ambiente chiuso, dove i bambini vivono
a stretto contatto per lunghi periodi: le condizioni ideali per il propagarsi
di qualsiasi infezione. Il numero di bimbi che restano vittime di un contagio dipende
dalla "cattiveria" del germe, dalle modalità di trasmissione e dal
numero di contatti con gli altri».
Spesso gli antibiotici non servono: «Esistono
criteri specifici per decidere se è il caso di dare l’antibiotico, che va usato
con buonsenso per non favorire la comparsa di resistenze — osserva Tozzi —. Se ci
sono molti casi di infezioni virali e i sintomi suggeriscono l’assenza di una
componente batterica, l’antibiotico non è necessario. In genere per decidere si
aspetta da qualche ora a 1-2 giorni per vedere l’evoluzione della malattia».
Nella maggior parte dei casi bastano farmaci
sintomatici e un po’ di pazienza perché tutto si risolva presto e bene. E sul
"presto" c’è da ragionare: quanto bisogna aspettare prima di
rimandare il bambino a scuola? «Se l’episodio è stato banale possono bastare
1-2 giorni di convalescenza senza febbre — consiglia Tovo —. L’importante è che
il bimbo dia segno di avere recuperato: febbre a parte, ad esempio, non deve
essere debilitato da una tosse eccessiva. Se il piccolo non si è ripreso bene
infatti è più a rischio di ricadere in un nuovo episodio infettivo». Restare a
casa qualche giorno serve anche a non diffondere il contagio: se il bimbo ha
una semplice congiuntivite virale, ad esempio, deve restare a casa finché gli
occhi non sono più arrossati o spargerà germi per tutta la classe. Per alcune
malattie, come il morbillo o la varicella, la durata della convalescenza è
stabilita da regole precise […], in altri casi il rientro è condizionato dall’avvio
della terapia antibiotica.
In ogni caso, nei primi anni di scuola le
cose in genere vanno lisce per poco tempo. Ma quando ci si deve preoccupare? «Per
esempio quando le malattie riguardano sempre o quasi un solo organo: otiti
ripetute, frequenti bronchiti - broncopolmoniti, tonsilliti ricorrenti —
interviene Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva
e sociale —. In questi casi, o anche se il bimbo non cresce correttamente, non
sta bene fra un episodio e l’altro o ha infezioni di una certa gravità, è utile
discuterne con il pediatra».
Corriere della Sera, 4 settembre
2011, pag. 54
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