Il genitore perfetto? Si ispiri a Neanderthal

La provocazione di una psicologa: “I nostri antenati allevavano bimbi forti e sereni”

di  Roselina Salemi

  Pensavamo di esserci molto evoluti, con il nostro armamentario di carrozzine, passeggini, seggiolini omologati per l'auto, pappe pronte sottovuoto, costose babysitter. Pensavamo fosse giusto. Invece uno studio dell'Università di Notre Dame, nell'Indiana, severa scuola cattolica (nota per gli studi di diritto, e per aver dato alla patria una sfilza di campioni di pallacanestro) ci dice che non è così. E ci riporta a 100mila anni fa, prima dell'agricoltura e della scrittura, al tempo dei cacciatori-coglitori, antichi gruppi convenzionalmente noti come neanderthaliani.
  Che forse, come genitori, erano molto più bravi di noi. L'atto d'accusa di Darcia Narvaez, docente di Psicologia a
Notre Dame, parte da un'analisi spietata della società americana, già scossa dal saggio di Amy Chua, professoressa di Legge alla Law School dell'Università di Yale, che sostiene al superiorità delle mamme cinesi, più severe, su quelle occidentali .Secondo Darcia Narvaez, solo il 15 per cento delle madri Usa allatta il bambino al seno (e al massimo per 12 mesi), «lo tocca pochissimo, lo passa da una carrozzina a un passeggino, le famiglie sono frammentate il gioco in libertà è diminuito drasticamente dagli anni '70in poi. Questo comportamento produce generazioni fragili, con forti disagi emotivi, e un gran numero depressi, egocentrici, violenti».  Quello dei «cacciatori-coglitori» sembra un modello migliore: gruppi con una forte solidarietà sociale e una grande empatia. Le madri allattavano i figli sino a 5 anni, (soltanto a 6 il sistema immunitario è perfettamente formato). Il parto naturale permetteva alla donna di produrre gli ormoni necessari ad affrontare la cura del figlio, coccolato e tenuto in braccio. Il piccolo dormiva accanto ai genitori, per nulla sfiorati dall' idea di viziarlo.Beh, erano anche altri tempi, parecchi bambini non superavano l'undicesimo anno di età, c'erano predatori tremendi e un clima micidiale. Non era il caso di aggiungerci altro.
  Nessun ricercatore ha a disposizione dati su antiche famiglie di cacciatori-coglitori per compararli con le nostre,ma il sistema di vita, praticato in luoghi spersi del mondo dove non sono arrivati né la Coca Cola, né il Grande Fratello, al massimo qualche antropologo, è ancora documentabile. E l'analisi si aggiunge aimolti studi sulla distanza emotiva che oggi separa i genitori dai figli. Yehudi Gordon, del St. John & St. Elizabeth Hospital di North London pioniere del parto in acqua in Gran Bretagna, invita le donne a essere più madri e meno lavoratrici, a restare accanto ai figli per un paio d'anni, ad allattare ed evitare, salvo in casi di vera necessità, il cesareo (che però è comodo e programmabile).
  In Italia, Silvia Vegetti Finzi, docente di Psicologia Dinamica all'Università di Pavia, ha messo in guardia i genitori dai ischi di una delega precoce: babysitter, nidi («così socializza») e una valanga di attività sportive e creative riducono lo spazio di comunicazione tra genitori e figli. Anche il gioco è programmato e spesso, solitario, davanti a un computer. Certo, il discorso si fa complicato e delicato, perché le donne non hanno voglia di tornare a occuparsi soltanto di pappe e pannolini e non è che siamo commosse dalla bellezza della famiglia neanderthaliana, ma certe volte, l'evoluzione, con i suoi complicati slalom riesce a recuperare l'eredità del passato.
  Una forte corrente di pensiero sostiene l'allattamento al seno, il parto naturale, il congedo(anche di paternità) e nuovi orari di lavoro per le mamme. Eve Ensler, autrice dei leggendari «Monologhi della Vagina» e di «Io sono emozione» (appena uscito da Piemme) anticipa informa poetica, la tendenza all'ascolto di sé: «Io sono una creatura emotiva/ Io sono ciò che resta della tua memoria/ ti metto in comunicazione con la tua origine/ Nulla è stato annacquato/Nulla si è perso/ Io posso riportati indietro». Giovanni Bollea, padre della moderna neuropsichiatria infantile, scomparso lo scorso febbraio, l'ha detto in un altro modo nel bestseller «Le madri non sbagliano mai»:
«Una madre in genere sa cosa è meglio per il bimbo, lo sente, lo avverte, lo percepisce, lo intuisce e, se cultura e società non la disorientano, fa la cosa giusta». Dal tempo dei cacciatori-coglitori ai giorni nostri.


«Quei principi sono giusti ma non facciamone un nuovo mito»
Domande a Ilaria Genovesi, psicologa

  Dottoressa, secondo una ricerca i genitori delle comunità primitive erano più bravi di noi. Manca davvero qualcosa ai bambini di oggi?  Il contatto fisico forse, l’ascolto o per caso la vicinanza emotiva?
  «Per molto tempo si è pensato chela qualità conti molto di più della quantità. La qualità è importante, certamente, ma anche la quantità ha il suo grande valore. Oggi i genitori sono spesso assenti e compensano questo vuoto per esempio con regali costosi o col permissivismo. E’ un comportamento che li rassicura, che lenisce i loro sensi di colpa. Invece un bambino ha bisogno di presenza, di regole condivise e punti di riferimento, oltre che ovviamente di coccole».
  Negli anni si sono susseguite molte teorie: occuparsi del bambino che piange oppure lasciarlo piangere, accoglierlo nel lettone o al contrario cacciarlo subito via. Adesso stiamo tornando alle origini?
  «L’allattamento al seno, il parto naturale, il recupero di emozioni che appartengono alla nostra storia, sono sicuramente fatti positivi, ma non facciamone un mito. Ci sono donne che rifiutano l’epidurale perché il parto va vissuto così com’è, anche nel dolore, ma poi usano questo sacrificio, chiamiamolo così, in maniera ricattatoria. Sono quelle che dicono “Io ho sofferto tanto per metterti al mondo…”’obiettivo deve essere invece più ambizioso, ovvero quello di guidare i figli verso l’indipendenza, la costruzione della loro vita. Non sono nostri, dobbiamo darli al mondo e offrirgli la possibilità di scegliersi una vita».
  E l’allattamento al seno prolungato oltre i due anni? Lei che ne pensa?
  «Che di questi tempi è assolutamente anacronistico. Oggi un bambino di cinque anni va in prima elementare e alcuni usano già un computer o un touchscreen di ultima generazione meglio degli adulti. La modernità esiste, non possiamo spazzarla via. Usiamola per diventare migliori».  [ROS. SAL.]

1. Toccare, coccolare, tenere in braccio il proprio bambino.
2. Avere un gruppo di persone amorevoli attorno al padre e alla madre.
3.  Allattare al seno più a lungo possibile (anche fino a cinque anni). Il latte materno protegge il bambino inattesa che il sistema immunitario si sia del tutto sviluppato (ciò avviene verso i 6 anni).
4. Dare una pronta risposta se il bambino si lamenta o piange. Un caldo, responsabile modo di   curarlo, tiene tranquillo il cervello negli anni in cui si sta formando la sua personalità.
5. Lasciarlo giocare in libertà con piccoli di età diverse. Chi gioca di più ha meno problemi psicologici.
6. Privilegiare il parto naturale: le scariche ormonali forniscono alla madre l'energia necessaria a occuparsi del nuovo nato.

La Stampa, 28 marzo 2011, pag. 21


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