I nostri figli passano soltanto due ore al giorno all’aria aperta
Perché fare sport costa. E si paga pure per tirare due calci a un pallone
di Antonio Ruzzo
C’ erano una volta i bimbi che giocavano in cortile senza avere un telefonino in tasca e che tornavano a casa quando era buio. Oggi non ci sono più, o molto meno. È cambiato il mondo ma soprattutto sono cambiate le città. Sono prigionieri in casa: restano solo due ore all’aria aperta mentre cresce il tempo passato in compagnia solo del computer.
Un po’ si sapeva. La tecnologia unisce
il
mondo ma rende virtuali molte relazioni che prima erano incontri, contatti, occasioni di gioco. E poi ci sono le nuove città, moderne ma ostili nei confronti dei bambini che spesso crescono in ambienti degradati, con strutture quasi mai pensate per favorire le opportunità di gioco e di movimento. Ma non è solo questo. Piccoli e adolescenti hanno minori possibilità di giocare e fare sport non solo per un oggettivo problema di sicurezza ma anche perché, soprattutto negli ultimi anni, le difficoltà economiche delle famiglie sono aumentate. Una volta per giocare a calcio, a basket per correre era sufficiente andare in un campetto o all’oratorio, portarsi un pallone e fare le porte con le cartelle di scuola. Oggi è tutto organizzato. Ci si deve rivolgere a scuole calcio, a società, ci sono schiere di allenatori, preparatori, psicologi, ci sono certificati medici obbligatori da compilare, quote e rette da pagare e via cosi. Fare attività sportiva costa e, quando bisogna far tornare i conti a fine mese, corsi e stage sono le prime voci che vengono tagliate.
mondo ma rende virtuali molte relazioni che prima erano incontri, contatti, occasioni di gioco. E poi ci sono le nuove città, moderne ma ostili nei confronti dei bambini che spesso crescono in ambienti degradati, con strutture quasi mai pensate per favorire le opportunità di gioco e di movimento. Ma non è solo questo. Piccoli e adolescenti hanno minori possibilità di giocare e fare sport non solo per un oggettivo problema di sicurezza ma anche perché, soprattutto negli ultimi anni, le difficoltà economiche delle famiglie sono aumentate. Una volta per giocare a calcio, a basket per correre era sufficiente andare in un campetto o all’oratorio, portarsi un pallone e fare le porte con le cartelle di scuola. Oggi è tutto organizzato. Ci si deve rivolgere a scuole calcio, a società, ci sono schiere di allenatori, preparatori, psicologi, ci sono certificati medici obbligatori da compilare, quote e rette da pagare e via cosi. Fare attività sportiva costa e, quando bisogna far tornare i conti a fine mese, corsi e stage sono le prime voci che vengono tagliate.
Piccoli seduti
Bimbi in gabbia quindi? Sicuramente
è più facile ed economico tenerli
in casa. Per rendersene conto basta
dare un’occhiata agli ultimi dati raccolti
dalla ricerca «Lo stile di vita dei
bambini e dei ragazzi», realizzata da
Ipsos per Save the Children e Gruppo
Mondelez in Italia nelle aree periferiche
di dieci città italiane (Ancona,
Aprilia, Bari, Catania, Genova, Milano,
Napoli, Palermo, Sassari e Torino).
«La situazione è critica - spiega
Raffaella Milano, direttore programmi
Italia-Europa di Save the Children
Italia. Cattive abitudini, difficoltà economiche,
famiglie che non hanno
più la rete di protezione di una volta
con nonni, zii e parenti a dare una
mano, fanno sì che spesso i ragazzi
restino soli in casa. E ciò mette in
pericolo la loro socialità ma anche la
loro salute perché si muovono poco,
passano molte delle loro ore connessi
e mangiano male».
Quasi un bambino su cinque (17%)
in Italia non fa sport nel tempo libero
e per il 27% di loro è una scelta obbligata,
dettata dalle scarse possibilità
economiche delle famiglie. Circa un
minore su dieci, invece, non pratica
attività motorie neppure a scuola
(11%), per mancanza di spazi attrezzati
o per l’assenza di attività nel programma
scolastico. I ragazzi trascorrono
dentro le quattro mura molto
del loro tempo libero (62%), anche
perché non ci sono spazi all’aperto
dove incontrarsi o, anche quando ci
sono, sono sporchi e poco sicuri
(66%). Solo il 44% dei ragazzi dichiara
di trascorrere con i genitori più di
un’ora durante le giornate lavorative,
situazione che migliora nel weekend
dove però quasi un bambino su quattro
(23%) passa comunque meno di
un’ora al giorno in attività coi propri
genitori.
Connessi in solitudine
Quando i ragazzi sono a casa, in media
trascorrono 55 minuti al giorno
su internet, 47 minuti giocando con i
videogame; dal lunedì al venerdì passano
in media 71 minuti al giorno
davanti alla tv, tempo che si allunga a
84 minuti nei fine settimana.
«Le difficoltà economiche delle famiglie e la mancanza di spazi pubblici
adeguati obbligano molti bambini e
ragazzi a rimanere in casa per molte
ore. Per questo motivo rischiano di
diventare sempre più sedentari e disabituati
a confrontarsi coi loro coetanei
- dice ancora Raffaella Milano -.
Ci sono bambini e ragazzi che, anche
solo con un parco giochi, degli alberi
e delle panchine, potrebbero cambiare
le loro abitudini».
Certo, le nuove tecnologie, oltreché
essere presente e futuro della vita dei
ragazzi, sono una risorsa da cui non
si può prescindere. «È chiaro che
non vanno demonizzate - spiega la
Milano -; se non diventano il sostituto
della realtà sono la giusta via, in
caso contrario ci si deve cominciare
a preoccupare». Il rischio è quello di
una generazione sempre più connessa
ma in realtà anche sempre più disconnessa,
con quattro milioni di minori
in condizioni di deprivazione ricreativa
e culturale. L’identikit lo tracciano
gli ultimi dati Istat che dicono
ad esempio che i ragazzi leggono un
po’ di più degli adulti ma pur sempre
pochino: nel 2014 tra i 6 e i 17 anni
poco più di uno su due aveva aperto
un libro nei dodici mesi precedenti
l’intervista (il 51,6%). Inoltre, pur vivendo
nella nazione che vanta un patrimonio
artistico, archeologico e naturale
tra i più vasti e importanti del
mondo, poco meno di un minore su
due ha visitato una mostra o un museo
(44,8%) e appena uno su tre
un’area archeologica.
Cattive abitudini
Ma occasioni di movimento non si
esauriscono però nella pratica sportiva
e la sedentarietà dei ragazzi si conferma
un tratto distintivo: un intervistato
su quattro dichiara infatti di
camminare non più di 15 minuti al
giorno, dato che aumenta a uno su
tre nel Centro Italia; solo il 4% afferma
di percorrere a piedi più di
un’ora al giorno. Due su cinque vanno
a scuola accompagnati in macchina
da un familiare e gli altri si muovono
utilizzando mezzi pubblici (17%),
a piedi (28%) o con la bicicletta
(15%).
A peggiorare la situazione si aggiungono
cattive abitudini alimentari. Anche
in questo caso la situazione non
è delle migliori. «Il problema più grave
e che ormai molto spesso bimbi e
genitori non mangiano quasi più insieme
- spiega Elena Casiraghi, specialista
di nutrizione e integrazione
sportiva dell’équipe Enervit -. E ciò
porta i bimbi ad autoregolamentarsi
a tavola e a mangiare male». Oggi il
problema del sovrappeso e dell’obesità
infantile riguarderebbe oltre il 30%
dei bambini e il fenomeno è ancora
più grave tra i bambini in età di scuola
primaria. «La cosa più preoccupante
- continua la dottoressa Casiraghi -
è che molti ragazzi non fanno colazione,
che è invece il pasto più importante della giornata. È provato scientificamente
che i ragazzi che consumano
regolarmente la colazione migliorano
il loro rendimento scolastico e
hanno durante la giornata un migliore
controllo della sazietà».
A saltare la colazione in media sono
il 22 per cento dei bambini, in pratica
più di uno su 5, e l’abitudine peggiora
col crescere dell’età (29% tra i 14 e
i 17 anni, 23% tra gli 11 e i 13 anni,
15% fra i 6 e i 10 anni). Così, nonostante
siamo uno dei Paesi che possono
vantare il maggior numero di trasmissioni
televisive sulla cucina, abbiamo
una cultura alimentare poco
più che sufficiente e le regole che i
ragazzi seguono a tavola spesso sono
improvvisate e fai-da-te.
«Il rischio di mangiare male quando
ci si autoregolamenta è alto - spiega
ancora Elena Casiraghi -. Molto spesso
i giovani che fanno da sé mangiano
solo ciò che piace loro o ciò che
dà loro sazietà come i carboidrati. Invece
è fondamentale per chi ha esigenze
di crescita che in ogni pasto ci
sia un apporto proteico. Buona regola
quella di invertire ad esempio le
portate delle pietanze cominciando
con verdure e proteine e servire dopo
la pasta. Deve fra l’altro essere riconsiderato
anche l’apporto del cioccolato
fondente, che è ricco di polifenoli
che aumentano il flusso sanguigno al
cervello. Una buona idea è di offrirlo
ai ragazzi all’ora della merenda».
Come una volta quando gli snack
non esistevano e il cioccolato nel panino
la mamma ce lo metteva in cartella.
il Giornale, 1 febbraio 2016, pag, 17
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