Da mesi si dibatte sul grasso estratto da alcune specie del genere Elaeis. Ora prendono posizione anche
i medici. Luciano Atzori, segretario Ordine biologi: «Non fa male il singolo ingrediente ma una serie di fattori»
di Francesca Filippi
L
a polemica dura da mesi e,
chi ci rimette, sono i consumatori:
da una parte chi,
esami e carte alla mano, sostiene
che è un ingrediente
sicuro usato dall’industria
alimentare e, dall’altra, chi propone
la limitazione negli alimenti
in nome della tutela di salute e
ambiente. Sotto la lente, l'olio di
palma. Un grasso vegetale
estratto dai semi di alcune specie
di palme del genere Elaeis.
IL REPORT
L'accusa è soprattutto quella di
favorire la deforestazione dei Paesi
produttori di olio, Indonesia
e Malesia in testa, dove si sta incentivando
la creazione intensiva
delle piantagioni di palma. È
davvero il caso di eliminare dal
carrello della spesa tutti i prodotti
che contengono olio di palma?
Aidepi, l'Associazione delle
industrie del dolce e della pasta
italiane, ha pubblicato uno studio,
“La verità sull'olio di palma
- 15 cose da sapere. Cos'è?
Perché
si utilizza? Fa davvero male
alla salute? Quanto se ne consuma?
Perché viene usato così spesso? Perché se ne parla tanto?” un report che ha come obiettivo sfatare falsi miti e paure.
«Non è il singolo ingrediente o
prodotto a fare male - spiega Luciano
Atzori segretario dell’Ordine
nazionale dei biologi - ma
una moltitudine di fattori, tra cui una scorretta alimentazione
nel suo complesso ed uno stile di
vita sedentario. È inutile eliminare
dalla dieta questo ingrediente
se poi si segue un regime
alimentare ricco di carne rossa,
salumi e formaggi grassi».
L’industria del dolce lo sceglie
perché aumenta la durata
del prodotto, conferisce croccantezza,
è inodore e ha un sapore
neutro. Il burro, per esempio,
viene considerato di difficile
conservazione e, secondo gli
specialisti, tende ad irrancidire
e ad ossidarsi.
Alcune associazioni ambientali 80% dell’olio di palma prodotto
viene utilizzato nell’industria
alimentare: oli da cucina,
pasticceria, margarina 35% dell’intera produzione degli
oli vegetali nel mondo è di
palma, seguono quello di soia,
di colza, di girasole e d’oliva ste come il Wwf e Greenpeace
sostengono che boicottare alla
cieca le aziende e utilizzando
olio di palma è sbagliato perché,
una scelta di questo tipo, rischia
di favorire le lobby concorrenti
andando a creare problemi ambientali
analoghi. Queste associazioni
invitano all’utilizzo di
olio di palma sostenibile certificato
Rspo (Roundtable of sustainable
palm oil). Limitando, così
al massimo, gli impatti sulla deforestazione.
Dal 2015 le grandi aziende dolciarie
che usano questo ingrediente
si sono impegnate a con sumare il 100% di olio di palma
certificato Rspo. Olio che si trova
anche nella cosmesi, nelle
bioenergie, nel settore chimico e
farmaceutico.
Anche l'istituto Mario Negri
ha lavorato sull’ingrediente:
«Non ci sono evidenze scientifiche
che l'olio di palma sia responsabile
dell'aumento dei rischi
cardiovascolari rispetto
agli altri grassi, vegetali e non».
LE MISURE
Alcuni marchi prima dell'estate,
sull’onda della polemica, hanno
deciso di eliminare progressivamente
l'olio di palma dai propri
prodotti (crackers, fette biscottate
e merendine), sostituendolo
con l'olio di girasole.
Sull'olio di palma, il più consumato
al mondo (copre il 35%
dell'intera produzione di oli vegetali
seguito da soia, colza, girasole
e olio d’oliva), è intervenuto
anche il Consiglio nazionale dei
chimici: «A livello nutrizionale i
valori di questo olio sono molto
simili a quelli del burro. Pertanto
assumerne in quantità elevata
può favorire, nelle persone a
rischio, il sorgere di determinate
patologie. L'olio di palma non
è contenuto in alimenti base, come
ad esempio pane e pasta, ma
si trova principalmente nei dolci.
Una dieta composta per la
maggior parte da dolci non può
dirsi salutare. E non solo per
l’olio di palma. La chiave sta, come
sempre, nella misura»
Il Messaggero, martedì 23 settembre 2015
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