Calo delle nascite senza precedenti da quando il Paese è unito
Pesa la crisi,ma anche la perdita di interesse verso la maternità
di Stefano Zecchi
Figli
significano costruzione di una famiglia,e una famiglia vuol dire
casa, ma per avere una casa generalmente c'è bisogno di un mutuo che
le banche concedono se si ha un lavoro fisso. Un vero e proprio
percorso ad ostacoli, in cui è arduo arrivare alla meta. La casa,
dopo la sconsiderata politica di Monti, sta diventando un miraggio
per il suo costo
devastante, e un lavoro fisso è un sogno se
soltanto si osservano di stratta mente i dati sulla disoccupazione
giovanile.
La
sintesi di questa breve descrizione, con cui metto le mani avanti per
sottolineare che non mi sfuggono le questioni economiche che
falcidiano le nascite, è che rinunciare ad avere figli sembrerebbe
un atteggiamento molto responsabile. Mettere al mondo dei
disgraziati, figli di altri disgraziati,che senso ha? Un minimo di
responsabilità farebbero pensare che famiglia e figli siano un
lusso che non ci si può sensatamente permettere.
Si
guardino anche gli extra comunitari, che filiavano allegramente tanto
che qualcuno temeva una rapida diffusione del meticciato. Anche
loro,stando alle ultime statistiche, sono molto contenuti, quasi
fossero stati contagiati dal nostro virus della non-natalità.
Però,
chiediamoci adesso se sia soltanto il forte disagio economico ciò
che frena o perfino annulla il desiderio di avere figli?
Dall'Unità
d'Italia ad oggi sono stati numerosi i periodi di crisi economica
attraversati dalla nostra gente. Chi ha un po' di anni si ricorderà,
per averlo vissuto direttamente, il dopoguerra: non erano rose e
fiori, eppure si costruivano famiglie, nascevano bambini. Allora,
credo, che alla base di questo disastro che sta distruggendo la
natalità ci sia dell'altro, non solo la mancanza di quattrini.
La
donna è la prima, fondamentale protagonista della procreazione. Ma
essere madre non rappresenta più un valore alto, significativo,
centro di sviluppo dell'identità femminile. Sono numerose le
riflessioni che intendono affermare come per una donna, il non avere
figli sia un peso esistenziale in meno, che consente di stare meglio.
A
questo, si aggiunga che l 'idea stessa di famiglia «normale»,con un
padre e una madre e dei figli, non rappresenta un obbiettivo sociale
da perseguire e di fendere. Non c'è una politica della
famiglia
capace di facilitare economicamente la sua costituzione attraverso
asili nido e condizioni
lavorative
favore voli per le nuove madri. Non c'è il valore culturale della
famiglia.
Ma
ciò di cui sono stati defraudati in modo violento i giovani,è la
speranza. M anca il sentimento del futuro,l'amore per il progetto
per ché è prevalsa una visione coercitiva della quotidianità.
Quella responsabilità, di cui parlavo in precedenza, che
consiglierebbe molta prudenza nel mettere al mondo i figli, in
realtà nasce dall'assenza della speranza, di quello slancio che
porta a credere nel domani e che rappresenta l'unico vero lievito
della vita. Il nutrimento della vita sono i figli, e le statistiche
sul disastro della natalità dovrebbero essere il primo, fondamentale
problema della politica: se non viene risolto, tutto il resto è solo
dettaglio.
il
Giornale,13 febbraio 2015
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