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Professor
Cardini perché il mito della cavalleria è intramontabile?
«Perché come tutti i miti, cambia nel tempo.
La nostra cultura è fatta di memoria ricostruita come spiegava Lucien Febvre. Non
è che il nostro passato sia una sorta di memoria in conscia come credono gli atavisti
,delle radici in tangibili. Il “nostro” Medioevo cavalleresco e un po’
immaginario è figlio di Walter Scott, persino il Risorgimento italiano si è
abbeverato dei suoi miti...E poi lo ha fatto Hollywood che ha creato l’immagine
mentale dei cavalieri in calzamaglia, di cui siamo tutti un po’ vittime».
In somma il Re Artù della nostra fantasia, e
così i nostri cavalieri, vivono alla corte di Hollywood?
«Non solo a Hollywood, tutti gli Stati Uniti
sono permeati di miti medievali, di architetture neogotiche. I miti medievali
pervadono l’intera cultura americana. Ovviamente è la loro versione
ottocentesca e romantica
pesantemente rivisitata... Pensi a Disneyland... Il
castello di Disneyland è il castello che più ha influenzato l’immaginario
collettivo. Bene: è stato copiato dal castello di Neuschwanstein voluto da Ludovico
di Baviera a metà Ottocento... Un castello
che di medievale non ha niente. Insomma la nostra vulgatavisiva sul Medio evo è
la copia di una finzione scenica. La dice lunga...».
E il ciclo arturiano da cui Lei ha tratto il
libro?
«Nasce nel XII secolo e
diventa quasi subito una soap opera medievale... A sponsorizzarla furono i sovrani
d’Inghilterra e duchi di Normandia. Gli serviva un mito fondativo del loro dominio, quello romano e quello carolingio
erano già occupati. Sene fecero uno su misura mescolando il folclore celtico
con alcuni miti cristiani e le vicende di un condottiero gallo romano. Poi
arrivo Chrétien de Troyes che diede il tocco finale con l’invenzione del
Graal».
Ma
in un corpus così esteso come ha scelto cosa raccontare a dei ragazzi?
«Ho tralasciato molte parti e
mi sono concentrato su alcune vicende specifiche. Le ho raccontate come le racconto
ai miei nipoti e sfruttando in questo caso anche le potenzialità dei disegni
fatti da Cecco Mariniello che nel tratto sembra un po’ un preraffaellita.
Onestamente non mi dispiacerebbe fare una serie di libri raccontando anche quello
che in questo ho omesso... Sono leggende bellissime, vive sin che le
rinnoviamo».
il Giornale, 11 ottobre 2012,
pag, 26
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