Stefano
Braccini
La levatrice
Edizioni Sarnus, pagg.396, Euro 18,00
IL LIBRO – La studentessa Chiara ritrova
un manuale del 1819 appartenuto alla giovane allieva ostetrica Enrichetta
Manetti, coinvolta suo malgrado nella sparizione di un bambino e nel suo
ritrovamento. Chiara, a partire dagli appunti di Enrichetta contenenti una misteriosa
frase scritta in hindi, inizia così un'indagine su intrighi e misfatti accaduti
a Firenze nell'Ottocento. La vicenda è l'occasione per un affondo nella società
toscana dell'epoca di cui si ricostruiscono le smanie cittadine ma anche il
clima illuminato di un regime, quello granducale, che non soppresse del tutto
le novità bonapartiste e intraprese un tenace lavoro di alfabetizzazione nelle
campagne, a cominciare proprio dal mestiere delle levatrici allora troppo
spesso affidato a improvvisate mammane.
La storia, che tocca ambienti accuratamente
ricostruiti tra cui il brefotrofio dell'Istituto degl'Innocenti con la nuova
scuola per ostetriche, si dipana in dodici capitoli e un epilogo , in un
serrato parallelo tra presente e passato ricco di colpi di scena che terranno
il lettore incollato fino all’ultima pagina.
UN BRANO – “Firenze, 7-8 settembre 1819.
“Edoardo, siete in ritardo. Vi stavamo
aspettando.
Lo sapete
che dovete raccontarci le ultime novità sul nostro granduca.
“ Contessa, i miei omaggi. Siete sempre
bellissima. È un piacere venire a trovarsi. Il mio ritardo è la conseguenza di
questa stupida festa che tutti gli anni blocca Firenze”.
“Ah rificolone! Quando sono carine e come
sono esotici quei bifolchi!..
“Cera un bel parapiglia in piazza. Anch’io ho
rischiato di fare tardi. Per fortuna il cocchiere ha pensato bene di tagliare
da via Larga e abbiamo evitato quella confusione”.
“La signorina Anna! Che piacere vedervi, come
state? Ho saputo dell’indisposizione che vi ha tenuto a letto per diverse
settimane. Vi sono arrivate le mie lettere?.
“Ne sono felice, signorina Anna. Saluto il
conte – a proposito, dov’è? – e poi vi racconto tutto quello che ha fatto la
corte di Pisa. Ho notizie freschissime,”
“Il conte è chiuso nello studio con Guglielmo
a parlare d’affari.”
“D’affari? Con Guglielmo? È sicuro contessa?
Quei due possono parlar solo di carte o…di donne!”
“Che ti devo dire, Eduardo? Giuseppe
ultimamente è così nervoso. Non so, forse sarà per queste voci sulla massoneria
a Livorno. Federico è là con le truppe del granduca e la situazione da quello
che si sente non è tra le migliori.
I conti Giuseppe ed Elisabetta Spallanzani
vivevano in uno dei più bei palazzi di via dei Servi. Disposto su un unico
piano, quello nobile, l’appartamento aveva due ingressi. Quello principale si apriva su una piccola
anticamera che fungeva anche da guardaroba. Da lì si passava nel salotto, sul
cui arredo Elisabetta Spallanzani aveva speso tutto il suo buon gusto e la sua
raffinata eleganza. Una carta da parati a decorazioni floreali di un dedicato
color rosa pastello ricopriva le pareti confondendosi con il soffitto da cui la
separazione una piccola cornice in gesso. Alle finestre leggere tende di
mussolini davanti alla luce anche buie e corte giornate invernali quando i
pesanti tendaggi color porpora, che sciolti mitigavano i potenti raggi del sole
estivo, rimanevano raccolti ai lati da cordoni rifiniti con nappe dorate”.
INDICE – Capitolo I - Capitolo II - Capitolo III - Capitolo IV -
Capitolo V - Capitolo VI - Capitolo VII - Capitolo VIII - Capitolo IX - Capitolo X - Capitolo XI
- Capitolo XII – Epilogo – Note storiche e ringraziamenti
L’AUTORE - Stefano Braccini è nato e vive a Firenze. È
medico ginecologo all’Ospedale di Empoli oltre che professore a contratto del
corso di laurea in Ostetricia. Collezionista di libri antichi, appassionato
lettore di romanzi storici e conoscitore della storia di Firenze, in
particolare durante il periodo dei Lorena, nel 2012 esordisce nella narrativa,
con La levatrice (Sarnus).
Nessun commento:
Posta un commento