Lo studio e il progetto dell’Istituto superiore di Sanità. «Così si può intervenire subito»
di Margherita De Bac
Il primo segnale è il pianto. Un modo tutto speciale di sfogare le
emozioni di bebè. Sembra identico a quello di un bimbo normale.
Invece variazioni quasi impercettibili di ritmo e tono lo rendono
spia di un disagio molto più profondo di quello provocato
dall’innocua colichetta.
Gli
esperti dell’Istituto superiore di Sanità (Iss) questo pianto lo
hanno registrato a più riprese dalla nascita di una cinquantina di
neonati, classificati ad alto rischio, con fratelli autistici. Lo
hanno confrontato con altrettanti coetanei senza precedenti in
famiglia (basso rischio). E hanno isolato un marcatore che ha
permesso di individuare dopo poche settimane di vita, nel primo
gruppo, un piccolo predestinato a sviluppare la stessa malattia dei
fratelli e altri sette con neuro sviluppo
anomalo.
Lo
studio dell’Iss, con la collaborazione dei migliori centri italiani
riuniti nel Nida (riconoscimento precoce disturbi spettro autistico),
a loro volta collegati con l’Europa, si propone di scovare altre
chiavi di accesso ad una patologia sfuggente, inspiegata. L’annuncio
è arrivato nell’ultimo giorno di commissariamento durato un anno,
governato da Walter Ricciardi, nominato presidente.
Si
punta a un test semplice (niente risonanza magnetica) per la diagnosi
precoce dell’autismo, non oltre il terzo anno, in modo da poter
intervenire presto
con le terapie di correzione disponibili.
«Vogliamo cambiare la qualità di vita di bimbi e genitori. Ci sarà
un protocollo internazionale. Cerchiamo poi marcatori biologici
attraverso il prelievo e l’esame genetico susaliva e urina», dice
Maria Luisa Scattoni, ricercatrice del dipartimento di biologia
cellulare e neuroscienze dell’Iss.
I
genitori stanno collaborando filmando il movimento dei lattanti. Fino
alla nona settimana i bebè si stiracchiano, poi cominciano a
sgambettare. «Già a 10 mesi si possono intravvedere alterazioni
motorie che preludono a un neuro sviluppo anomalo», aggiunge
Scattoni. Altri campanelli d’allarme: il bimbo autistico non
sorride, non indica nel richiedere, non risponde al nome, non
partecipa ai giochi di finzione, ha una lallazione diversa. Un primo
gruppo di pediatri è stato formato per fare diagnosi precoce. Una
volta arrivati a risultati definitivi si potrebbe pensare a una
campagna di screening. Il progetto avviato nel 2011 con fondi del
ministero della Salute trova ora sostegno in 650 aziende coinvolte da
Franco Antonello, presidente della Fondazione «I bambini delle fate»
e papà dello specialissimo Matteo. L’esperienza vissuta accanto al
suo riccioluto ragazzo gli ha fatto conoscere una realtà ad ostacoli
per le famiglie. Nuovo il modello dell’alleanza pubblico-privato.
Le aziende si impegnano a versare una quota mensile di 100 euro. Alla
fine dell’anno la Fondazione pubblica su due quotidiani nazionali
il bilancio dei contributi e di come sono stati distribuiti. La rete
è presente in 7 Regioni e sarà allargata al Piemonte. Include i
migliori centri italiani per la ricerca sull’autismo tra cui Bambin
Gesù, Stella Maris, Campus Biomedico, Cnr, Medea, Policlinico di
Messina.
Corriere
della Sera, 15 luglio 2015, pag, 29
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