Il buio? Non spaventa più nessuno. Ha fatto la stessa fine dell’uomo nero, del mostro che dorme sotto il nostro letto, del leone o del drago che potrebbero aggredirci lungo il sentiero che porta alla casa di montagna. Le paure dei bambini, e degli adolescenti, sono cambiate e diventate più drammatiche, un po’ per colpa nostra un po’ perché i ragazzi di oggi sono i primi ad aver vissuto sulla propria pelle la crisi, e a rendersi conto delle difficoltà dei genitori.
La tendenza arriva dal mondo
anglosassone, dove la guerra
nucleare e il fallimento di sé,
sia a livello scolastico sia a livello
di carriera futura sono saliti
ai primi posti in classifica. «La
paura dei fantasmi— ha scritto
Tim Lott, autore appassionato
di famiglie sul (VBSEJBO — è
stata sostituita da quella del fallimento». In trent’anni, la paura
di animali feroci, oscurità,
vertigini si è trasformata in
quella del divorzio, della guerra
nucleare, del cancro e dell’inquinamento.
E in
tempi ancora più recenti si sono aggiunti il terrore del bullismo e quello dei brutti voti, di un’università non adeguata, di studi non appropriati alla bella carriera che i ragazzi sentono o sentirebbero di dover fare.
tempi ancora più recenti si sono aggiunti il terrore del bullismo e quello dei brutti voti, di un’università non adeguata, di studi non appropriati alla bella carriera che i ragazzi sentono o sentirebbero di dover fare.
L’Italia non è così diversa. Secondo
una ricerca appena finita
dall’Agippsa (Associazione
gruppi italiani di Psicoterapia
Psicoanalitica dell’Adolescenza)
su 483 studenti degli ultimi
anni di liceo sparsi tra Milano,
Parma e Catania, il 54,35 per
cento dei ragazzi intervistati
prova «preoccupazione» riguardo
al futuro, e il 23,48 addirittura una
«forte angoscia». Matteo
Lancini, presidente di Agippsa,
spiega: «Si comincia con l’iperinvestire
sui figli, che sono
spesso la cosa più importante
della famiglia. Basti pensare a
come sono cambiate le nostre
amicizie: prima i nostri figli giocavano
con i figli dei nostri amici,
ora siamo noi a costruire le
amicizie fin dall’asilo nido coi
genitori dei compagni che loro
preferiscono. Poi i più piccoli assorbono
un’idea di successo e di
narcisismo che li convince che è
il benessere la cosa più importante».
E quando arriva l’adolescenza
non c’è più il normale
conflitto, la ribellione dei figli
contro i genitori,ma semmai l’idea
che il proprio fallimento sia
vissuto con grande angoscia da
papà e mamma, e il desiderio di
accontentarli. Intanto però il
50 per cento degli intervistati
pensa che il mondo sarà inospitale
(guerra, inquinamento e
mancanza di spazi verdi sono i
tre motivi principali) e il 45 per
cento è preoccupato perfino dal
superamento del mondo virtuale,
cioè quello dove gli adolescenti vivono gran parte della
propria vita, rispetto a quello
reale.
Preoccuparsene tocca, per
una volta, soprattutto ai padri:
gli intervistatori di Agippsa (oltre
a Lancini, Elena Buday e
Tommaso Zanella) hanno verificato
che è soprattutto la pressione
paterna per far rinunciate
i figli aipropri sogni a influenzare
negativamente la visione
del futuro, mentre la stessa domanda
non ha valore statistico
se riferita alle madri. «I figli si
rappresentano che sarà il padre,
più della madre, a farli entrare
in una correlazione positiva
col futuro — dice Lancini —
E la scommessa dovrebbe essere
quella di avvicinare l’idea di
trovare un buon lavoro e di
mantenersi alle proprie capaci tà e ai propri sogni. Insomma,
aiutarli a trovare una vocazione».
Anche con i più piccoli si
può cercare un rimedio alle paure
parlando soprattutto con il
corpo.Lawrence J.Cohen,un famoso
psicologo americano che
ha studiato perlopiù i messaggi
passati attraverso il gioco è appena
arrivato nelle librerie italiane
con “Le paure segrete dei
bambini”» (per Urrà Feltrinelli),
un sommario di tecniche
per aiutare a superare le angosce
infantili. Giochi come il cucù,
il nascondino o i molti ciao e
arrivederci con bambole e peluche
che appaiono e scompaiono da dietro la schiena della mamma
aiuteranno i piccolissimi
che non vogliono andare alla
scuola materna, ma anche a rifuggire
dall’ansia che li assale
ogni volta che c’è da provate
qualcosa di nuovo: l’acqua del
mare, un cibo diverso da quello
di casa, la prima scelta da fare
da soli «Stare accanto a un bambino
o a un ragazzo trasmettendogli
continuamente l’idea che deve
farcela, e che se non ce la farà
ora,che si tratti di un’interrogazione
o di una gara di sci, non ce
la farà mai nella vita, è il metodo
degli adulti già spaventati»,
dice Alberto Pellai, medico e ricercatore
che si occupa soprattutto
di prevenzione (“Baciare
fare dire”», per Feltrinelli Kids,
è il suo ultimo libro dedicato alle
insicurezze dei maschi).
«Incontriamo molti ragazzi
— prosegue Pellai— che pensano
di “dovercela fare da soli”,
per quanto sia difficile, oppure
mettono le mani avanti affermando
“farò il mestiere che riuscirò
a fare”. Ma questo è il contrario
della fiducia che dovrebbe
avere chi è nella zona di
start-up della propria vita. Il risultato
più estremo è quello
che vediamo in Giappone, con i
ragazzi che si rinchiudono nella
propria stanza e non ne escono
più, perché il mondo, e soprattutto
il confronto con gli altri,
sono troppo pericolosi». E anche
le immagini sono pericolose:
«Per un bambino vedere un
aereo che esplode non fa pensare
al terrorismo, ma allo stesso
aereo che magari il padre prenderà
il giorno dopo».
Giuseppe Maiolo, psicologo
analista di Bolzano, ha dedicato
alle ansie di bimbi e giovani
molti dei suoi libri (“Le 7 paure
di Ciripò”, con la moglie Giulia na Franchini, per Erickson, è
un esempio). Racconta: «Ormai
incontriamo bambini che
sempre più spesso iniziano a
soffrire di ansia per il futuro,
già durante le scuole medie.
Hanno paura del fallimento,
quando in realtà il fallimento
più concreto è quello di smettere
di studiare e di evitare il confronto
coi coetanei». Perfino
nei primi approcci col sesso è il
gruppo che tende a prevalere,
come dimostrano anche i casi
drammatici di violenza, perché
da soli soprattutto i maschi hanno
troppa paura. «Abbiamo anticipato
troppo l’età dell’ansia e
del che cosa sarò capace di fare
— dice Maiolo— col risultato di
far crescere bambini e ragazzi
spaventati anche dalle immagini
che vedono quando passano ore da soli a navigare su internet.
Basterebbe stare con loro
qualche momento in più per
aiutarli a mediare, a non temere
costantemente la violenza e
le catastrofi mondiali».
E, oltre alla paura, c’è anche
la convinzione che esistano pillole
per curarla, e magari pillole
per ottenere il successo e l’ammirazione.
«Pochi giorni fa —
conclude Maiolo—mi si è seduta
davanti per la prima volta
una bambina. E mi ha detto.
“Sono qui perché so che sei un
dottore che ha la pillola per far
passare la tristezza”».
La Repubblica, 22 luglio 2015, pag,28
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