Per fare i genitori

E' necessaria una trasformazione

di Luca Bernardo
 
  Essere genitori oggi sembra essere una sfida, la famiglia intesa come «istituzione» vacilla: coppie in crisi, uno dei due genitori spesso assente, il lavoro che incombe, i giovani che fanno richieste economicamente. E la fatica di trasmettere il senso delle cose ai propri figli. Non c’è una scuola per essere genitori, né un manuale di istruzioni che indichi come affrontare le cose. Ma diventare genitori è una delle esperienze più gratificanti ed emozionanti; nello stesso tempo questa trasformazione da coppia in coppia genitoriale richiede una trasformazione di ruoli esterni ed interni che spesso comporta delle difficoltà nella gestione e nella relazione con i figli.


  Sin dalla gravidanza avvengono delle modificazioni che investono prima la madre, poi il
padre, specialmente quando i bambini passano dalla fase simbiotica e hanno bisogno della figura del terzo, rappresentata dal padre. La maggior parte dei genitori imparano con il tempo e con l’esperienza diretta, sono influenzati dalla loro esperienza passata, da come sono stati cresciuti, da quello che hanno letto o da quello che hanno visto fare agli altri e dalla loro cultura.

  Tutti condividono una meta comune: il bene dei propri figli affinché si sviluppino, crescano e diventino adulti sani, felici, realizzati, responsabili e rispettosi dei propri sentimenti e degli altri. Non c’è un’attitudine specifica nel fare i genitori, lo acquisiscono col tempo e provano verso i figli tanti sentimenti; amore, gioia, orgoglio. Ma anche rabbia, ansia e odio. Questi ultimi, spiega Francesca Maisano, psicologa clinica e dell’età evolutiva, sono importanti per una crescita psichica sana. In termini psicoanalitici la madre deve poter odiare, oltre che amare, il bambino perché egli non è ancora in grado di farlo. In questo modo è possibile superare l’ambivalenza tra odio e amore.

  Tra le diverse fasi evolutive dei bambini, la più complessa è quella adolescenziale non solo per i ragazzi, ma anche per i genitori, che con i figli riattraversano la medesima fase con sensibilità e preoccupazione maggiore. Oggi il ruolo di genitore, visto alla luce delle recenti ricerche sull’attaccamento e dei veloci cambiamenti sociali, si configura meglio come «base sicura» più che come educatore che favorisce l’interiorizzazione delle regole, dei valori e dei principi del contesto sociale di appartenenza. La mutevolezza del contesto e delle regole sociali costringono l’adolescente di oggi a non poter seguire l’esempio dei genitori, ma a dover sperimentare in prima persona. L’adolescente trova da solo il suo modo, ed è più utile per lui sapere di poter contare sul sostegno dei genitori in caso di difficoltà,piuttosto che fare riferimento a modelli comportamentali precostituiti.

  Nella società attuale sono tanti i divorzi che vedono i genitori impegnati anche a rimodularsi su un nuovo assetto. Questo implica l’impossibilità di riproporre i modelli genitoriali. Inoltre, i compiti che un tempo erano ad uso esclusivo delle madri o dei padri, oggi non sono più così netti. Vengono meno i modelli di riferimento con cui identificarsi rispetto al passato, con riflessi negativi sul piano dell’identità genitoriale che ne risulta più incerta e più fragile. Spesso succede che i genitori entrano in relazione con il mondo esterno con diffidenza e paura di essere criticati, ne è esempio la relazione tra insegnati e genitori. Questo genera una maggiore confusione nei figli che crescono. Quindi, genitori a volte un po’ confusamente comprensivi, un po’ troppo amicali, finiscono per esercitare un potere occulto ed un controllo che permette di guidare i figli verso il raggiungimento di ideali che sono di segno genitoriale, più che espressione di autenticità personale dei
ragazzi.

*Direttore del Dipartimento Materno
Infantile Fatebenefratelli e Olftalmico


Libro 10 marzo 2015 pag, 18

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