L’esempio non basta: parla al bebè

È così che imparerà più in fretta 

La ricerca alla Sissa di Trieste con un gruppo di bambini di 18 mesi

Simona regina 
 
Se ogni volta che schiaccio l’interruttore si accende la luce, a furia di ripetere l’esperienza  imparo che devo schiacciare quell’interruttore per fare luce. Questa «valutazione statistica» è uno strumento fondamentale per capire il mondo e apprendere. Ma c’è un altro strumento, potentissimo: la comunicazione.

   Uno studio della Sissa di Trieste, pubblicato su «Plos One», conferma che per i bambini le informazioni offerte da un adulto contano più di ciò che osservano. «È vero, impariamo anche guardando e, in altre parole, a partire dalle associazioni statistiche tra eventi e oggetti, ma la comunicazione può essere uno strumento tanto forte da contrastare la
“statistica” stessa », spiega Hanna Marno, la neuroscienziata che ha coordinato la ricerca.

  Del resto, la condivisione dell’informazione attraverso la comunicazione è un fattore più che rilevante e «indizi» di tipo comunicativo - come uno sguardo o un rinforzo verbale da parte di un’altra persona - possono facilitare l’apprendimento senza la necessità di ripetere più volte la stessa esperienza. La ricercatrice ha infatti condotto una serie di test con bambini di 18 mesi: osservavano un adulto che faceva illuminare una lampada a forma di cuore, sopra una scatola, schiacciando in un caso il tasto collocato alla sua destra e nell’altro schiacciando il tasto sinistro. I bambini hanno poi interagito da soli con la scatola e, in effetti, tendevano a scegliere il bottone più «efficiente», quello che aveva determinato l’accensione nella precedente dimostrazione da parte dell’adulto.

  Poi è stata aggiunta la variabile «comunicazione»: l’adulto sottolineava con lo sguardo o
con le parole l’azione che eseguiva. «Abbiamo così riscontrato che gli stimoli comunicativi
sono più importanti dell’azione - spiega la ricercatrice ungherese -. Quando erano loro a scegliere il bottone, sceglievano quello a efficienza bassa, se l’azione era stata sottolineata
dall’adulto con indizi comunicativi». Conclusione: quando due fonti di informazione sono contrastanti, i bambini hanno più fiducia nella persona con cui interagiscono. Più dei loro stessi occhi.

LA STAMPA, 29 aprile, pag, 33 






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