Prima e ultima sillaba

Così i bimbi imparano le parole

di Massino Piattelli Palmarini

Ha quasi del miracoloso come un bimbo riesca a estrarre le singole parole dal flusso continuo del linguaggio parlato. Infatti, in nessuna lingua, quando normalmente parliamo, vi sono piccolissimi intervalli acustici tra una parola e la successiva. Mediante opportuni raffinati strumenti di analisi delle onde acustiche prodotte da un parlante, molti infinitesimi intervalli cadono entro le parole, non tra una parola e un’altra. Un esempio (uno tra tantissimi), nella frase inglese, normalmente pronunciata, «Where are the silences between words?» (Dove sono i silenzi tra le parole?), un silenzio cade tra «s» e «ilen», uno tra «word» e «s». Non stupisce, quindi, che da anni linguisti e scienziati cognitivi si siano affannati a identificare le strategie innate che il bimbo mette inconsapevolmente in azione per imparare le parole della propria lingua materna.

Un certo numero di tali strategie è stato identificato. Nessuna è infallibile, ma applicate insieme
forniscono al bimbo un buon successo in questo formidabile compito. Nell’ultimo numero della rivista internazionale specializzata Child Development un decano delle scienze cognitive, Jacques Mehler e la sua brillante collaboratrice Silvia Bendes-Varela hanno pubblicato un importante risultato delle loro ricerche, condotte a Trieste, alla Sissa (Scuola Internazionale di Studi Scientifici   Avanzati). In sostanza, bimbi di sette mesi prestano speciale attenzione alle sillabe iniziali e finali delle parole multi-sillabiche e le memorizzano. Presentando acusticamente parole inventate con normale pronuncia italiana, per esempio «sotumavefi» e «tusomafive», e abbinando questi stimoli linguistici alla presentazione di pupazzi colorati, si è potuto verificare dove, con lo sguardo, il bimbo si aspetta di veder comparire un particolare pupazzo precedentemente abbinato a una particolare parola. Il trucco, per così dire, consisteva nel variare, inun caso, le sillabe al centro della parola, in un altro le sillabe all’inizio e alla fine della parola. In tal modo, si è accertata la speciale importanza, nell’apprendimento e nella memorizzazione, dei «bordi» (edges) delle parole, cioè delle sillabe finali e iniziali, mentre la variazione delle sillabe centrali ha minore importanza.

  Presumibilmente, come altri studi pubblicati suggeriscono, l’importanza delle sillabe iniziali non è esattamente la stessa di quella delle sillabe finali e un abbinamento ricorrente tra iniziali e finali può avere speciale importanza. L’esperimento di Mehler e Benavides-Varela non consente di rivelare questa differenza. Ci si è chiesti se contino anche, seppur meno, le sillabe centrali della parola.   Conta la loro identità, o la loro posizione, o ambedue? Ulteriori esperimenti, riportati nel lavoro ora pubblicato, mostrano una certa importanza anche della posizione delle sillabe entro una parola. In sostanza, le sillabe «estreme», ai bordi della parola, sono necessarie, ma non sufficienti.   La loro conclusione è che la divisione tra le due componenti principali della memoria sequenziale, cioè ordine e identità dei componenti, emerge prestissimo nello sviluppo cognitivo e cerebrale del bimbo, rivelando un tratto fondamentale delle rappresentazioni mnemoniche. Il riconoscimento del contenuto verbale è molto precoce, mentre quello dei dettagli dell’ordine seriale appare successivamente, quando maturano le strutture cerebrali deputate alla rappresentazione delle sequenze temporali. Mehler e Benavides-Varela sottolineano che, non a caso, i «bordi» delle parole hanno speciale importanza nella morfologia e nella semantica di moltissime lingue. Si modifica il significato delle parole aggiungendo prefissi e suffissi (ri-conoscere, im-mangiabile, gioca-ndo, sincer-ità e così via).

  Quindi, la speciale attenzione del bimbo all’inizio e alla fine delle parole è una strategia efficace. Naturalmente, si combina con numerose altre strategie innate, in parte già note, di segmentazione
del flusso del parlato in parole. Mi chiedo se simili esperimenti potranno essere anche effettuati con bimbi che stanno imparando lingue come l’arabo, dove i plurali si formano aggiungendo infissi (kitab libro, kutub libri; kalb cane, kilab cani). Sarebbe interessante vedere se questo apprendimento avviene più tardi. Per adesso, l’importanza dei bordi delle parole mi ricorda una classica canzone napoletana che dice «a’primma e l’ultima sarraie p’e mme’».


Corriere della Sera, 11 settembre 2014

Nessun commento:

Posta un commento