Mamma

 Astemia è meglio


di Simona Pichini

  CIRCA 70 milioni di individui in tutto il mondo – l’1% della popolazione mondiale – soffre delle conseguenze dell’esposizione all’alcol subìta prima di nascere, ossia ancora nel grembo materno. 
  Conseguenze - difetti alla nascita, disturbi dell’apprendimento, problemi comportamentali, malattie mentali - che vanno sotto il nome di Spettro dei disordini feto alcolici (Fetal Alcohol Spectrum Disorders - FASD), di cui risultano affetti circa l’1% dei bambini negli Stati Uniti, almeno il 2% in Europa e un numero più alto in alcune aree quali il Sud Africa. A lanciare l’allarme sono i ricercatori e i medici di tutto il mondo in occasione della Giornata Mondiale di Sensibilizzazione sulla Sindrome Feto - Alcolica che si è svolta la scorsa settimana (il 9 settembre, data non casuale, il 9 del nono mese dell’anno, che richiama il termine della gravidanza e dunque la venuta al mondo). Oltre 40 organizzazione in 20 Paesi hanno lanciato una campagna nostop con banner e poster rappresentanti un neonato in una bottiglia di una qualunque bevanda alcolica, con spot video e cortometraggi in cui a parlare dei rischi saranno i genitori di bimbi affetti da tali disturbi.

  Anche l’Italia fa la sua parte e, rappresentata dall’Istituto Superiore di Sanità, promuove,
insieme al centro di alcologia del Policlinico Umberto I diretto dal professor Mauro Ceccanti e all’Alleanza europea per la sensibilizzazione e la ricerca sullo spettro dei disordini feto-alcolici (EUFASD) (www.eufasd.org/), il terzo convegno europeo sulla Sindrome feto alcolica, in programma a Roma il prossimo 20 ottobre. Inoltre, l’Azienda ULSS 9 di Treviso porta avanti dal 2010 la campagna “Mamma beve bimbo beve”.

Ancora sconosciute in Italia, la sindrome feto-alcolica e lo spettro dei disordini feto-alcolici sono gravi patologie irreversibili dovute all’esposizione del feto all’alcol consumato dalla madre. Sono anche, però, patologie del tutto evitabili informando le donne sui rischi del consumo di alcol in gravidanza. Poiché ad oggi non si conosce la quantità di alcol che si può consumare in gravidanza senza alcun rischio per il nascituro, il consiglio obbligato per le donne incinta e per quelle che cercano di avere un bambino è di non bere alcol.

L’unità di “farmacodipendenza, tossicodipendenza e doping” dell’Istituto Superiore di Sanità, insieme a neonatologi e pediatri di diverse ospedali italiani ha pubblicato nel 2011 uno studio su Alcohol Clinical and experimental therapeutics, dimostrando che c’è un consumo di alcol in gravidanza sotto stimato o non riconosciuto da parte delle donne che partoriscono. Dall’analisi del meconio neonatale, le prime feci del neonato, è risultata una esposizione media all’alcol materno del 7.6% di neonati, con una distribuzione nelle diverse città campione dello studio molto diversificata: dallo 0% nella neonatologia di Verona al 29% nella neonatologia dell’Umberto I di Roma. I neonati esposti risultano meno performanti ai test neuro adattativi condotti durante il primo anno di vita.

la Repubblica, 16 settembre 2014








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