Dall’aglio la risposta al trattamento dei batteri più resistenti

Un composto presente nel vegetale utilizzato in cucina può neutralizzare i batteri resistenti bloccando il sistema di comunicazione da essi utilizzato, in particolare se utilizzato in combinazione con antibiotici che non hanno alcun effetto sui batteri. 

Lo studio

Una speranza nel trattamento delle infezioni batteriche, che a causa dell’abuso di antibiotici possono divenire difficili – se non impossibili – da curare, arriva da un semplice bulbo noto per il suo utilizzo in cucina: l’aglio.


  La pianta di aglio che produce questi bulbi impiegati anche per il controllo della pressione sanguigna, avrebbe dunque anche proprietà antibiotiche piuttosto marcate; tanto che
uno studio svedese dell’Università di Copenaghen ha trovato in un composto chiamato “ajoene” un potenziale avversario dei batteri – anche quelli più agguerriti.

  Tim Holm Jakobsen e colleghi dell’UC hanno sottolineato come le infezioni antibiotico-resistenti, che causano migliaia di morti ogni anno, stiano diventando una piaga mondiale dalle proporzioni allarmanti. Per questo motivo deve essere trovata al più presto una soluzione che possa mettere la parola “fine” alle infezioni batteriche causate da questo tipo di agenti patogeni.



  E la risposta potrebbe proprio trovarsi nell’ajoene, la sostanza attiva presente nell’aglio che avrebbe la capacità di neutralizzare i batteri multiresistenti bloccando il loro sistema di comunicazione.

  I batteri resistenti – ma anche gli altri – quando entrano nell’organismo umano secernono una tossina chiamata “ramnolipide” che distrugge i leucociti (o globuli bianchi) che sono le cellule attive del sistema immunitario atte a proteggere l’organismo dalle invasioni di agenti patogeni. In questo modo i batteri riescono a proliferare e diffondere l’infezione che, se non curata, può divenire mortale.

  I batteri per sopravvivere si agglutinano, ossia si incollano per così dire l’un l’altro, formando un biofilm di materiale organico che li circonda e protegge dall’attacco degli antibiotici, diventando così resistenti. Una soluzione diviene dunque quella di riuscire a rompere la barriera del biofilm per poter attaccare i batteri e bloccare il sistema di comunicazione – detto Quorum Sensing.



  Per studiare gli effetti su questa barriera, i ricercatori hanno dedicato gran parte della loro attenzione al batterio Pseudomonas aeruginosa, che causa per esempio infezioni in pazienti con ulcere croniche e nei polmoni di pazienti affetti da fibrosi cistica.

  «L’ajoene rinforza e migliora il trattamento con antibiotici convenzionali – spiega il dott. Jakobsen – Abbiamo chiaramente dimostrato questo sul biofilm coltivato in laboratorio e negli studi che coinvolgono i topi. Quando aggiungiamo antibiotici contro il biofilm questi hanno poco effetto, e l’ajoene da solo non fa quasi differenza. E’ solo quando i due sono combinati che qualcosa di significativo accade».

  I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Future Microbiology, mostrano che il trattamento combinato con ajoene e antibiotici uccide più del 90 per cento del biofilm normalmente virulento.

  «L’aglio contiene così poco ajoene che si avrebbe bisogno di mangiare circa 50 spicchi al giorno per ottenere l’effetto desiderato», sottolinea Jakobsen, per cui vi è la necessità di utilizzare un estratto che si possa somministrare in combinazione con il principio farmacologico che agisce in sinergia per neutralizzare i batteri resistenti.


La Stampa, 20 febbraio 2014


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