Le confezioni alimentari contengono numerose sostanze chimiche che, a lungo andare, potrebbero essere pericolose per la salute.
Lo studio che evidenzia la necessità di utilizzare sostanze naturali per confezionare gli alimenti
Un
tempo il cibo era semplicemente cibo. Oggi è un insieme di
lavorazioni industriali che prevedono stoccaggio e confezionamento
dal contenuto
tutt’altro che naturale.
Tutto ciò ha destato l’attenzione di alcuni scienziati ambientali
che hanno condotto uno studio in merito, appena pubblicato sul
Journal of
Epidemiology and Community Health.
Secondo
gli esperti sono molte le sostanze chimiche che ci ritroviamo a
mangiare con il cibo. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che tali
sostanze, essendo di natura inerti, possono
penetrare nel cibo che mangiano quotidianamente.
La
quantità di sostanze chimiche sono regolamentate, questo è vero. Ma
se abbiamo l’abitudine di mangiare cibi confezionati o peggio
trasformati, rischiamo di essere esposti cronicamente a elementi
chimici dannosi.
E
l’impatto a lungo termine, chi lo conosce? Si chiedono i
ricercatori. Spesso, quando si riconosce l’entità del problema –
come è stato per i biberon al PBA o le pentole con CFOA – è
troppo tardi e ormai troppa gente ne è stata danneggiata.
Per
tale motivo gli esperti chiedono che sia fatta luce su questa
problematica e di considerare gli eventuali effetti sul cruciale
sviluppo di un essere umano, magari anche in fase fetale.
Gli
studiosi, in particolare, vorrebbero
ottenere risposte sull’esposizione permanente ai materiali a
contatto con alimenti (FCM) come
quelli che vengono adoperati negli imballaggi, nella conservazione,
nella preparazione o elaborazione dei cibi che tutti i giorni
troviamo sulle nostre tavole. Tutto ciò è «motivo di
preoccupazione per diverse ragioni».
Le
sostanze chimiche tossiche, come detto, sono presenti in moltissimi
alimenti a causa di alcuni tipi di lavorazione e imballo. Tra queste,
ricordiamo la formaldeide – sostanza che a dosi elevate può
causare il cancro. Chi
è pertanto in grado di stabilire qual è la dose massima di alimenti
e relative sostanze che si possono assumere per evitare malattie di
un certo rilievo? Si
pensi solo che la formaldeide la si trova in moltissimi posti, tra
cui anche nelle bottiglie di plastica adoperate per le bevande
gassate. Ma non solo, persino nelle stoviglie in melammina che vanno
tanto di moda oggigiorno.
Di
fatto, la melammina e la formaldeide sono tra le materie prime più
usate nella produzione di stoviglie. Tali sostanze tendono a
incollarsi al cibo durante l’utilizzo. L’Efsa ha richiesto, non a
caso, la diminuzione da 30mg/kg a 2,5mg/kg.
Ma
la formaldeide non è l’unica a essere stata messa sul banco degli
imputati; mancano all’appello il bisfenolo A (o BPA), il
tributilstagno, il triclosan e gli ftalati che a lungo andare possono
interagire negativamente con la produzione ormonale.
«Mentre
per la scienza alcune di queste sostanze sono oggetto di dibattito e
i responsabili politici lottano per soddisfare le esigenze delle
parti interessate, i consumatori rimangono esposti a queste sostanze
chimiche tutti i giorni, per lo più inconsapevolmente», rimarcano
gli autori.
Tutto
ciò non è
assolutamente da prendere sottogamba considerando
che il numero totale di prodotti chimici che circondano la nostra
vita sono nell’ordine di 4.000 (!).
Come
mai, si chiedono i ricercatori, i potenziali danni cellulari e il
ruolo che queste sostanze rivestono nella parziale distruzione
ormonale non vengono presi in considerazione?
Inoltre,
i potenziali le mutazioni a livello cellulare causate da FCM e in
particolare quelli con la capacità di distruggere
gli ormoni non
sono nemmeno prese in considerazione nelle analisi di routine, tutto
ciò «getta seri dubbi sull’adeguatezza delle procedure di
regolamentazione chimica».
Gli
esperti ammettono la difficoltà nel condurre studi realmente
affidabili, in quanto non vi sono popolazioni non esposte ai FCM, e i
livelli di esposizione possono variare notevolmente da individuo a
individuo. Tuttavia, sottolinea l’estrema urgenza nel cercare
risultati validi al fine di considerare
tutti i legami tra alimenti a contatto con le sostanze chimiche e
patologie anche molto gravi come
il cancro, il diabete, i disturbi neurologici e infiammatori e
l’obesità.
«Dal
momento che la maggior parte dei cibi sono confezionati e l’intera
popolazione può esserne esposta, è della massima importanza che le
lacune delle conoscenze vengano riempite in modo affidabile e
rapido», concludono i ricercatori.
21
febbraio 2014
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