Giocattoli

Sono state le associazioni dei genitori inglesi a costringere il colosso “Toys R Us” a cancellare le distinzioni di genere

“Abbiamo chiesto di non limitare la fantasia dei nostri figli”. Anche Harrods e Marks &Spencer seguiranno la stessa via

Femmine top-gun e maschi mini-chef addio alle differenze tra gli scaffali

di Alberto Mattone
  l reparto azzurro e quello rosa. Soldatini, robot e pistole, per i maschietti di qua. Bambole, cucine, saloni di bellezza, per le bambine di là. L’apartheid dei giocattoli, l’hanno chiamato. Ma la dittatura dello shopping “sessista” sta vacillando in Gran Bretagna, sotto i colpi delle campagne di boicotaggio portate avanti dalle associazioni dei genitori. Hanno detto basta ai giochi divisi per genere, e hanno costretto il gigante del settore, la multinazionale americana Toys R Us, a piegarsi dopo una campagna scatenata in strada e sul web. «Abbiamo deciso di cambiare», ha promesso ieri l’amministratore delegato, Roger Mc Laughlan, «i nostri cataloghi saranno senza la distinzione tra ragazzi e ragazze».

  È l’inizio di una rivoluzione, ma la battaglia è solo all’inizio. Alfieri della crociata, i genitori e gli psicologi dell’associazione “Let Toys be Toys” (lasciamo che i giocattoli siano giocattoli), preoccupati che una divisione tra giochi per maschi e femmine appiccichi sui bambini precoci stereotipi, che poi influenzano la personalità e le scelte dei ragazzi. A Londra hanno girato gli shopping-centre, individuando volta per volta l’obiettivo. Marks & Spencer è stato tra i primi. Il gigante dei supermercati è stato preso di mira per aver promosso un set di walkie-talkie per i bambini e un microfono-karaoke per le ragazze. Sotto accusa per avere reparti “separati”, sono finite anche le catene di Tesco, TK Maxx, Wilkinson e Debenhamas.

 «Abbiamo chiesto ai negozi di smettere di limitare la fantasia dei nostri figli — spiega al “Telegraph” Megan
Perryman, una delle attiviste di “Let Toys be Toys” — indirizzare le bambine a essere le principesse passive e i bambini i guerrieri invincibili, rischia non solo di confonderli, ma ne limita l’idea su quali saranno i loro ruoli e lavori da grandi». «Come meravigliarsi allora — attacca la blogger Laura Nelson — se sono poche le donne che guidano imprese, o se per trovare una di loro nelle cento personalità più influenti della Gran Bretagna, bisogna arrivare al diciottesimo posto?». E anche l’Italia è dietro. «Da noi — riflette Tilde Giani Gallino, docente di psicologia dello sviluppo all’Università di Torino — le case produttrici si sono accorte che già a tre anni i bambini possono essere condizionati: questo precoce lavaggio del cervello è una cosa molto grave».

  Ne sono convinti gli attivisti di   “Let Toys be Toys”, che hanno piegato la Toy R Us. Ma quello inglese, non sarà il primo catalogo neutrale del colosso dei giocattoli Usa. La propria filiale in Svezia, dove la promozione delle pari opportunità è quasi una religione di Stato, dallo scorso Natale ha cancellato la distinzione per sesso. Nella sezione Hello Kitty, per esempio, non c’è traccia di bambine come “testimonial”, mentre in quella dedicata alle armi giocattolo, è una ragazza ad imbracciare un fucile. Insomma sono tutti giochi per piccoli, è la filosofia. Tesco, Tk Maxx hanno annunciato che cancelleranno i reparti separati. Harrods ha lanciato la collezione di giocattoli su base tematica. E ora per i bambini sarà più facile scegliere se essere principessa o guerriero?

la Repubblica, 6 settembre 2013, pag, 39


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