di Maurizio Ternavasio
Ieri
Vincenzo Spadafora, Garante per l’Infanzia e per l’Adolescenza, ha presentato
al Parlamento la Relazione 2013 sullo stato dell’infanzia nel nostro Paese: che
cosa è emerso?
In Italia le politiche sinora adottate in
materia di infanzia e adolescenza sono fallite e c’è «scarsa attenzione verso
le necessità materiali e i diritti» dei minori: è ciò che Spadafora ha detto al
presidente del Senato Grasso e del ministro della Giustizia Cancellieri.
Su
cosa si basa questo atto di accusa?
Cosa
potrebbe proporre in proposito la classe politica?
Ancora Spadafora: «Si ritiene che i temi del
Paese siano altri, come se economia e lavoro non fossero strettamente collegati
ai temi dei giovani. L’esperienza di Francia e Germania dimostra che la scelta
di non tagliare fondi alle scuole e ai servizi sociali rende più forti in tempo
di crisi. In Germania si spende il 3,2% del Pil, in Francia il 2,6. In Italia
soltanto l’1,1».
Il reddito è l’unico indicatore di questi
disagi?
No, secondo il Garante. «È necessario
affiancare ai convenzionali indicatori della crescita economica, statistiche
direttamente correlate alla vita delle persone e allo sviluppo umano in termini
di istruzione, salute, democrazia, equità sociale, tessuto relazionale»
Cosa
è cambiato rispetto all’ultimo anno?
In pratica nulla: «Continuiamo a non
comprendere il valore di tali investimenti, che possono essere un antidoto per
non compromettere la crescita futura. Oltre a rispettare i diritti dei bambini
e degli adolescenti che vivono in Italia, investire oggi su di loro significa
domani avere un numero inferiore di famiglie povere da sostenere, meno sussidi
per i disoccupati, meno spese per il disagio sociale, meno spese per detenuti,
più lavoratori e quindi più contributi per il welfare di domani», spiega la
Relazione 2013.
Qual
è la situazione dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei?
Su 29 Stati l’Italia si trova al 22° posto
della classifica sull’indigenza infantile relativa, con il 17% dei bambini
sotto la soglia di povertà. «Non siamo più di fronte ad un “disagio sociale” –
ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso -: dobbiamo parlare di una
vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e
dell’azione pubblica». Anche perché «la compromissione di un corretto sviluppo
cognitivo porta a risultati scolastici scarsi; la scolarità carente determina
competenze ridotte che inducono bassi livelli di produttività e reddito; da qui
discendono alti tassi di disoccupazione e una maggior dipendenza dallo stato
sociale; il risultato è una sempre maggiore diffusione di comportamenti
antisociali. Una realtà per il 10% della popolazione italiana».
Come
si può allora far fronte a questo stallo?
Spadafora ha annunciato che presenterà al
Governo e al Parlamento delle proposte per l’ottimizzazione delle risorse e per
il coordinamento del settore. Bisogna sostituire «l’atteggiamento quasi
caritatevole che la politica ha avuto sinora con un’azione organica di lungo
periodo, che dimostri di cogliere il valore cruciale delle giovani
generazioni». Ma anche sperare che «i partiti facciano un passo indietro
rispetto alla spartizione delle deleghe e consentano che venga realizzato un
coordinamento omogeneo e che venga istituita una cabina di regia attraverso la
quale stabilire le priorità, l’assegnazione delle risorse e verificare i
risultati».
E
il mondo della scuola?
«Non è ammissibile che ci siano condizioni
diverse tra regione e regione, bisogna dare a tutti i bambini un uguale accesso
ai diritti di base» dice la Relazione -. Occorrono fondi non solo per la
formazione ma per l’edilizia scolastica, visto che 3 edifici su 4 sono senza
certificazione». L’Italia è il Paese con il tasso «Neet» (Not in Education,
Employment or Training) più elevato tra tutti gli Stati industrializzati dopo
la Spagna: l’11% dei giovani (15 -19 anni) non sono iscritti a scuola, non
lavorano e non frequentano corsi di formazione.
Qual
è invece la situazione delle carceri minorili?
Secondo il ministro della Giustizia Annamaria
Cancellieri non presenterebbe grosse criticità. «Le strutture sono davvero
buone. L’attività che occupa i ragazzi detenuti è sicuramente molto positiva.
Fanno di tutto, dallo studio allo sport. Ciò nonostante dobbiamo dedicare una
forte riflessione al tema della giustizia minorile alla luce di fatti criminali
che aumentano sempre di più»
LA STAMPA, 11 giugno 2013,
pag, 72
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