Perché così tanti bambini trascurati?

di Maurizio Ternavasio

Ieri Vincenzo Spadafora, Garante per l’Infanzia e per l’Adolescenza, ha presentato al Parlamento la Relazione 2013 sullo stato dell’infanzia nel nostro Paese: che cosa è emerso?

  In Italia le politiche sinora adottate in materia di infanzia e adolescenza sono fallite e c’è «scarsa attenzione verso le necessità materiali e i diritti» dei minori: è ciò che Spadafora ha detto al presidente del Senato Grasso e del ministro della Giustizia Cancellieri.

Su cosa si basa questo atto di accusa?


Il Garante cita i dati Istat: in Italia vivono in situazione di povertà relativa 1.822.000 minorenni, il 17,6% dei bambini e degli adolescenti. Il 7% dei minorenni (723.000) vive in condizioni di povertà assoluta; la quota è del 10,9% nel Mezzogiorno, a fronte del 4,7% nel Centro e nel Nord. E sottolinea il rischio di povertà ed esclusione sociale per i bambini e gli adolescenti che vivono in famiglie con tre o più minori, pari al 70% al Sud a fronte del 46,5% a livello nazionale. Dati che si commentano da soli, anche perché mancano gli investimenti da parte dello Stato.
 
 Cosa potrebbe proporre in proposito la classe politica?


  Ancora Spadafora: «Si ritiene che i temi del Paese siano altri, come se economia e lavoro non fossero strettamente collegati ai temi dei giovani. L’esperienza di Francia e Germania dimostra che la scelta di non tagliare fondi alle scuole e ai servizi sociali rende più forti in tempo di crisi. In Germania si spende il 3,2% del Pil, in Francia il 2,6. In Italia soltanto l’1,1».

 Il reddito è l’unico indicatore di questi disagi?

  No, secondo il Garante. «È necessario affiancare ai convenzionali indicatori della crescita economica, statistiche direttamente correlate alla vita delle persone e allo sviluppo umano in termini di istruzione, salute, democrazia, equità sociale, tessuto relazionale»

Cosa è cambiato rispetto all’ultimo anno?

  In pratica nulla: «Continuiamo a non comprendere il valore di tali investimenti, che possono essere un antidoto per non compromettere la crescita futura. Oltre a rispettare i diritti dei bambini e degli adolescenti che vivono in Italia, investire oggi su di loro significa domani avere un numero inferiore di famiglie povere da sostenere, meno sussidi per i disoccupati, meno spese per il disagio sociale, meno spese per detenuti, più lavoratori e quindi più contributi per il welfare di domani», spiega la Relazione 2013.

Qual è la situazione dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei?

  Su 29 Stati l’Italia si trova al 22° posto della classifica sull’indigenza infantile relativa, con il 17% dei bambini sotto la soglia di povertà. «Non siamo più di fronte ad un “disagio sociale” – ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso -: dobbiamo parlare di una vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica». Anche perché «la compromissione di un corretto sviluppo cognitivo porta a risultati scolastici scarsi; la scolarità carente determina competenze ridotte che inducono bassi livelli di produttività e reddito; da qui discendono alti tassi di disoccupazione e una maggior dipendenza dallo stato sociale; il risultato è una sempre maggiore diffusione di comportamenti antisociali. Una realtà per il 10% della popolazione italiana».
Come si può allora far fronte a questo stallo?
  Spadafora ha annunciato che presenterà al Governo e al Parlamento delle proposte per l’ottimizzazione delle risorse e per il coordinamento del settore. Bisogna sostituire «l’atteggiamento quasi caritatevole che la politica ha avuto sinora con un’azione organica di lungo periodo, che dimostri di cogliere il valore cruciale delle giovani generazioni». Ma anche sperare che «i partiti facciano un passo indietro rispetto alla spartizione delle deleghe e consentano che venga realizzato un coordinamento omogeneo e che venga istituita una cabina di regia attraverso la quale stabilire le priorità, l’assegnazione delle risorse e verificare i risultati».

E il mondo della scuola?

  «Non è ammissibile che ci siano condizioni diverse tra regione e regione, bisogna dare a tutti i bambini un uguale accesso ai diritti di base» dice la Relazione -. Occorrono fondi non solo per la formazione ma per l’edilizia scolastica, visto che 3 edifici su 4 sono senza certificazione». L’Italia è il Paese con il tasso «Neet» (Not in Education, Employment or Training) più elevato tra tutti gli Stati industrializzati dopo la Spagna: l’11% dei giovani (15 -19 anni) non sono iscritti a scuola, non lavorano e non frequentano corsi di formazione.

Qual è invece la situazione delle carceri minorili?

  Secondo il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri non presenterebbe grosse criticità. «Le strutture sono davvero buone. L’attività che occupa i ragazzi detenuti è sicuramente molto positiva. Fanno di tutto, dallo studio allo sport. Ciò nonostante dobbiamo dedicare una forte riflessione al tema della giustizia minorile alla luce di fatti criminali che aumentano sempre di più»


LA STAMPA, 11 giugno 2013, pag, 72

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