Di Anna Meldoles
Eppure passando in rassegna cinquant’anni di
studi scientifici Rachel Lucas-Thompson ha tracciato uno scenario rassicurante
sul Psychological Bulletin: ricominciare a lavorare poco dopo la nascita di un
figlio, in media, influisce poco sul suo sviluppo psicologico e sulle sue
future prestazioni scolastiche. Se la famiglia è disagiata, in particolare, gli
effetti negativi della permanenza a casa della mamma superano quelli positivi.
E se le figlie sono femmine, il fatto che la mamma lavori offre un modello
positivo in cui identificarsi, uno stimolo a superare gli stereotipi di genere,
a pensarsi come esseri umani completi e liberi. Vorrei che lo sapesse Chiara,
la protagonista della web fiction che sta per partire sul sito del Corriere
della Sera, e con lei tutte le mamme che convivono con i sensi di colpa per
aver voluto (o dovuto) dividersi tra famiglia e lavoro. Certi modelli culturali
di abnegazione sono duri a morire, persino la biologia contribuisce a tenerci
sotto scacco. La relazione madre-figlio è stata forgiata dall’evoluzione in
modo tale che il
bambino conosca istintivamente tutti i trucchi psicologici per
tenersi la mamma vicino. Sa che se piange noi correremo da lui, sa che se
sorride noi saremo così gratificate da perdonargli in un battibaleno anche
l’ultima notte insonne. L’ansia materna, d’altro canto, è un meccanismo naturale,
che in tempi remoti deve essere stato fondamentale per assicurare la
sopravvivenza della specie.
Oggi preoccuparsi è ancora utile, purché non
si esageri. Per questo le mamme lavoratrici dovrebbero sapere che il loro ruolo
è importantissimo, ma costruire la felicità e il successo dei propri figli a
tavolino è un’impresa impossibile. Le piccole mancanze quotidiane e le
imperfezioni sono meno importanti di quel che pensiamo. Già in età prescolare
l’influenza dei coetanei è per molti aspetti più profonda di quella familiare,
come documenta lo psicologo Gary Ladd in un libro che ripercorre un secolo di
ricerca sul tema. È stando con gli altri bambini che i nostri figli imparano a
relazionarsi, a gestire i conflitti, a farsi rispettare. Giocando hanno la possibilità
di esprimere i propri sentimenti, ragionare, sperimentare i ruoli sociali. Non
dipende tutto da noi, per fortuna. Trovare la casa un po’ in disordine al
rientro da scuola non ne farà dei disadattati senza bussola.
Cucinare insieme le lasagne usando la sfoglia
confezionata anziché stesa a mano non li farà sentire meno amati. Come dice un
altro aforisma molto citato, «non c’è nessun modo per essere una mamma
perfetta, ma ci sono milioni di modi per essere una buona madre».
Dubbi
e risposte
Prolungare il congedo o
mandarlo al nido? Le ultime ricerche
Corriere della Sera, 6
maggio 2013, pag, 23
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