A Verona Accordo dei pediatri territoriali con l’ospedale
Più dialogo fra i medici dei bambini
di Luciano Benedetti
Un accordo per la condivisione dei protocolli
diagnostici e terapeutici di comuni malattie del bambino — in particolare
faringo-tonsilliti, otiti medie, broncopolmoniti e infezioni urinarie — è stato
siglato a Verona e provincia tra Azienda ospedaliera-universitaria integrata,
Asl, farmacia territoriale e pediatri di libera scelta. L’accordo consiste in
una sorta di «passaggio di consegne» reciproco e costante tra il pediatra di
famiglia e i medici del Pronto soccorso, in modo da garantire che il piccolo
paziente sia sempre assistito allo stesso modo, durante tutto il decorso della
malattia.
Ma perché è così importante che i pediatri di
famiglia e l’ospedale parlino la stessa lingua? «Un bambino, curato dal
pediatra di famiglia, dovrebbe ricevere per la stessa malattia un trattamento
simile anche in Pronto soccorso — commenta il dottor Michele Gangemi, past
president dell’Associazione Culturale Pediatri e pediatra di libera scelta a
Verona —. Da oggi, grazie a questo accordo basato sui dati della letteratura
scientifica, i medici di turno nei Pronto soccorso degli ospedali e i pediatri
di famiglia di Verona valuteranno ogni singolo caso in modo omogeneo», cioè
senza somministrare al bambino antibiotici, a meno che non sia previsto dai
protocolli condivisi.
Il progetto è finanziato dall’Agenzia
italiana per il farmaco (Aifa), con il contributo operativo della farmacia
territoriale della Asl 20 e del Coordinamento sul farmacodella Regione Veneto
che ne monitoreranno l’andamento. L’obiettivo è offrire un miglior servizio e,
soprattutto, intervenire su un fenomeno sanitario, quello delle resistenze
antibiotiche, che vede il nostro Paese al secondo posto in Europa, preceduto
solo dalla Grecia.
In Italia, infatti, la prescrizione di
antibiotici in età pediatrica (e non solo) è particolarmente elevata e,
soprattutto, tra le prime cause di prescrizione vi sono le infezioni delle
prime vie aree, che perlopiù sono causate
da virus, contro i quali
l’antibiotico è inefficace.
La febbre e il mal d’orecchi sono i sintomi
più spesso rilevati negli ambulatori degli ospedali ed è per questi disturbi
che i genitori si aspettano più probabilmente che sia prescritta una terapia
antibiotica, restando stupiti o delusi in caso contrario. Il ricorso agli
antibiotici è frequente anche per patologie chiaramente virali, quali la
rinofaringite (il 34% delle patologie curate negli ambulatori pediatrici).
Gli antibiotici sono armi efficacissime
contro i batteri, ma dobbiamo evitare di «spuntarle». «In genere, un
antibiotico attivo su di una specie batterica è in grado di eliminare tutti i
microrganismi appartenenti a quella specie — spiega Nicola Principi, professore
ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Milano —. Nel tempo,
tuttavia, i batteri, continuamente esposti a un certo farmaco che li uccide,
imparano a difendersi, modificando le proprie caratteristiche. Emergono, cioè,
ceppi resistenti. Se si continua a usare quell’antibiotico, esso continuerà a
eliminare i batteri sensibili, ma lascerà inalterati quelli resistenti che,
presto o tardi diventeranno la maggioranza. E, a questo punto, quell’antibiotico
è "perso"».
Già da tempo, i pediatri di base della
Regione Veneto condividono i protocolli per la diagnosi e la cura di queste
malattie, ma da oggi, con questa intesa operativa, Verona diventa la città
capofila in Italia per la continuità assistenziale in pediatria, grazie anche
all’impegno dell’Associazione culturale pediatri.
In un prossimo futuro, anche le guardie
mediche saranno coinvolte, con un’attività di formazione mirata.
«L’accordo in Veneto dovrebbe avere esito
tranquillizzante per i genitori — continua Gangemi —. La mamma che vedrà suo
figlio curato allo stesso modo quale che sia il medico che si trova di fronte,
non sarà più disorientata, come accade fin troppo spesso, e avrà maggiore
fiducia nella validità della terapia».
L’accordo prevede anche la
stampa di opuscoli, realizzati in collaborazione con l’Istituto di Psicologia
dell’Università di Padova, che saranno distribuiti sia negli ambulatori dei
pediatri, sia nei Pronto soccorso, per insegnare alle famiglie come far fronte
in modo adeguato ai malanni dei bambini senza esporli inutilmente
all’antibiotico. Certo, quello avviato con l’accordo pilota di Verona non è un
percorso facile da concretizzare. Dopo aver ottenuto l’accordo di dirigenti
ospedalieri, rappresentanti dei pediatri di libera scelta, farmacie ospedaliere
e farmacie territoriali della Asl, ora bisogna far davvero funzionare il tutto.
«Osservare la cosiddetta vigile attesa con un bambino con otite, cioè limitarsi
a seguire l’evoluzione della malattia senza far nulla tranne che somministrare
paracetamolo in dose doppia in caso di dolore — sostiene Michele Gangemi —, è
senza dubbio più facile per un pediatra di famiglia che per un medico di Pronto
soccorso. E anche la semplice esecuzione di un tampone faringeo non è così
automatica in Pronto soccorso, ma dovrà essere integrata nella routine». Per
ovviare a questo problema, l’accordo prevede che, a Verona, tutti i medici
coinvolti nella «filiera» dell’assistenza pediatrica siano forniti di schemi
per guidare la decisione clinica. Il pediatra di turno in Pronto soccorso avrà
cioè a disposizione un algoritmo operativo cui attenersi per ciascuno dei casi
più frequenti.
Corriere della Sera, 17 marzo 2013, pag 48
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