Tra le donne in ansia per i parti cancellati


“Domani sciopero, ma la vita non aspetta”

Si fermano ginecologi e ostetriche. Slittano mille interventi

Maria Novella De Luca

  Stupore, insofferenza, incredulità. «Scioperano? Davvero? E se devo partorire all’improvviso che succede? Ho finito il tempo, è questione di giorni, che fanno mi rimandano a casa?». Vanessa è giovane e spaventata. E Antonella: «Il mio cesareo è programmato, ma sembra che Gaia arriverà prima, ci saranno i medici?». No, le donne non ci credono. C’è tutta la vita in quel momento. E la vita non aspetta. Rabbia. Paola, 40 anni, terzo figlio, gravidanza a rischio. «Sulla pelle nostra, come sempre», dice. Domani, 12 febbraio, con uno sciopero senza precedenti, in tutta Italia si fermano le sale parto. Niente nascite, se non urgenze e travagli improvvisi. Consultori chiusi, visite annullate, ecografie cancellate, monitoraggi rinviati, oltre quindicimila tra ginecologi e ostetriche che per un giorno intero, forse per la prima volta nella loro vita, si asterranno dal lavoro.

  Una scelta estrema, drammatica, che tocca il nucleo più intimo e delicato di tutti: la nascita, i figli, i bambini. Sintomo della crisi senza ritorno della sanità italiana. Oltre mille gli interventi rinviati, «ma tutte le urgenze verranno garantite», assicurano i medici della Fesmed, che insieme ad altre decine di sigle hanno organizzato lo sciopero. «Vogliamo garanzie per poter lavorare al meglio in strutture sicure e moderne, e per avere nuove norme di legge sui contenziosi medico-paziente, e tariffe controllate sulle polizze assicurative», spiega il presidente, Carmine Gigli. Complicatissimo. Almeno dalla parte delle pazienti.

 Ieri mattina, domenica, all’ospedale San Camillo di Roma, pronto soccorso ostetrico, tra le donne che aspettano di sapere se saranno ricoverate, e quanto manca, poche ore, un giorno, due. Sui muri, ovunque, i graffiti della gioia: «Benvenuto Marco, amore di mamma e papà», segue la data, «finalmente sei arrivata, Alice, 14-10-2001», «ti voglio bene aquilotto mio, 14-12-2012», scrive a penna Mario, un padre orgogliosamente biancoceleste. Martina è accompagnata
dalla madre. «Lo so perché scioperano, me l’hanno spiegato al consultorio al corso pre-parto. Dicono che è diventato impossibile lavorare, ginecologi e ostetriche sono sempre di meno, spesso mancano le condizioni di sicurezza e loro sono sommersi dalle cause». Freddezza tra le altre. Paola è stanca: «Se a mio figlio succede qualcosa durante il parto è giusto che i medici paghino, ci mancherebbe». Fuori un freddo da neve. Passa un’infermiera: «Tranquille, non vi spaventate, vi facciamo partorire anche se c’è lo sciopero».

Spiega con amarezza Anna Pompili, ginecologa. «L’ostetricia è ormai al collasso, siamo esposti a rischi
professionali altissimi, e abbandonati a noi stessi. Quando lavori sotto organico, turni su turni, notti su notti perché gli ospedali non sostituiscono e non assumono più, il rischio di errore cresce. Veniamo colpevolizzati perché si fanno troppi cesarei: non è una scelta, è un percorso obbligato, per la sicurezza del medico, della mamma e del bambino, viste le condizioni in cui operiamo». Ma i contenziosi comunque crescono, e le aziende, sempre di più, si rifiutano di pagare le polizze assicurative ai ginecologi, molti dei quali ormai unicamente a contratto.

  Antonio, il marito di Antonella, tira fuori un thermos di caffè. Ce n’è per tutti, è buono e caldo. Sorride. «Si chiamerà Gaia, è la nostra primogenita, ci abbiamo messo tanto, speriamo che non abbia fretta di nascere proprio adesso che c’è lo sciopero... «. Maria Grazia Pellegrini è oggi capo ostetrica dell’ospedale “Fatebenefratelli” di Roma. «Mi dispiace se le donne non hanno capito le motivazioni dello sciopero, e sono convinta che i disagi saranno ridotti al minimo. In quasi tutte le strutture le pazienti sono state avvertite, le visite spostate e comunque ogni parto d’urgenza verrà garantito. Ma questo sciopero è soprattutto un fatto simbolico. I nostri organici sono sotto la soglia di guardia, i medici sepolti dalle denunce, il 98% delle quali finisce con una archiviazione. Avevamo tentato di ottenere una legge che depenalizzasse i reati sanitari, ma senza successo. Forse così ci ascolteranno».

 Chissà. Vanessa e le altre attendono. Un figlio, questo conta. «Le sale parto non dovrebbero scioperare. Dicono che le urgenze saranno coperte. Ma con quali medici, quali ostetriche?». Difficile capire le ragioni degli altri al termine di un viaggio di nove mesi, con l’ansia e la paura che possa accadere qualcosa. Duro Giuseppe Scaramuzza, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. «Uno sciopero sbagliato, tutto sulla pelle delle pazienti. E inutile, visto che non c’è nemmeno un governo a cui indirizzare la protesta».

La Repubblica, 11 febbraio 2013, pag, 18

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