Meno carboidrati così si corregge la “mediterranea”

 È ideale per gli sportivi ma nei sedentari rischia di provocare sovrappeso. E allora?

Rinunciare a qualche porzione di pane o pasta per un piatto di proteine, purché magre

di Elvira  Naselli


  E sana, sostenibile, nutrizionalmente corretta, varia e anche economica perché incentrata principalmente su frutta, verdura, legumi e cereali. La dieta mediterranea è da sempre quella seguita da tutti i popoli dell’intera area, se già nel Deuteronomio veniva lodato il paese i cui frutti erano «frumento e orzo, viti, fichi e melograni, olivi da olio e miele», i componenti principali, la base della nostra alimentazione. A questo modello, e alla sua sostenibilità ambientale, è dedicata la due giorni venerdì e sabato prossimi a Roma, organizzata dal centro in ternazionale Ciiscam e dalla Sapienza (www.ciiscam.org).

  «La dieta mediterranea ha un basso impatto ambientale — premette Lorenzo M. Donini, professore di Scienza dell’alimentazione alla Sapienza di Roma — e si differenzia da altri stili alimentari perché è adeguata da un punto di vista nutrizionale e ottimizza le risorse naturali. Inoltre, ha bassa densità energetica perché è ricchissima di vegetali, poco calorici. Il punto, però, è che ce la stiamo dimenticando, la vera dieta mediterranea, scivolando sempre di più verso modelli — e comportamenti — non salutari. E purtroppo l’epidemia di sovrappeso e obesità della popolazione ne è la prova».

  I nostri bambini, secondo lo studio europeo Idefics, condotto per l’Italia dal Cnr di Avellino, per il peso sono addirittura i peggiori d’Europa. «Al Sud la percentuale di alunni delle elementari
sovrappeso o obesi è del 40-45% — racconta Alfonso Siani, dell’istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr di Avellino — con Cipro e Spagna siamo agli ultimi posti d’Europa, la situazione migliora un po’ con  gli adulti. È il momento di pensare ad una sterzata decisa anche perché non riusciremo a reggere i costi sanitari di quella che sarà un’epidemia. La struttura della dieta mediterranea è un’ottima base, a patto che si aumenti l’attività fisica, nelle scuole e nel tempo libero, incentivando piste ciclabili o altro. Insomma, credo che dovremmo ripensare le linee guida “pesandole” sull’attività fisica svolta. Modificando anche la ripartizione tradizionale dei componenti». Tutti elementi che probabilmente entreranno nella revisione delle linee guida Inran previste per il 2014.

  L’idea è semplice, meno carboidrati e più proteine. «I carboidrati sono responsabili dell’aumento di insulina e della formazione di tessuto adiposo - premette Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca Inran e coordinatore della revisione - cosa vera, ma solo se si eccede. La dieta mediterranea è la migliore se si è un minimo attivi, altrimenti si rischia di mangiare troppo. E poiché tra 50 e 60 anni il 70 per cento dei maschi e quasi la metà delle donne è in sovrappeso, bisogna che si cambi qualcosa».

 La cosa migliore? Muoversi di più e consumare frutta, ortaggi e cereali integrali. «Per molti però è difficile - continua Ghiselli - e allora è meglio diminuire la quota di carboidrati. I nuovi Larn della Sinu (livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana) suggeriscono un livello minimo di carboidrati al 45% invece dell’attuale 55. È indispensabile controllare la quota di carboidrati, preferendoli integrali e rinunciando qualche porzione di pasta, pane o pizza. Gli alimenti proteici magri, come tacchino, pollo, pesce, legumi, se non in eccesso, non fanno male e aiutano a contenere l’apporto calorico dando maggiore sazietà. Una pizza può portare più di 800 calorie, un piatto di pasta oltre 400; una fetta di petto di pollo, con un’insalata condita con un cucchiaio d’olio non supera le 200. Insomma, la ripartizione calorica di tipo mediterraneo (55/30/15) è la migliore del mondo se si brucia tutto ciò che si mangia, ma se si eccede anche di una caloria rischia di essere tra le peggiori. E purtroppo la stragrande maggioranza eccede».

La repubblica, 19 febbraio 2013, pag, 28

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