Eliana, nel buio della notte fa splendere la luce dei neonati


«È bello poter rubare un pizzico di felicità alla gente. Tutta quella gioia è contagiosa. Poi purtroppo ci sono anche i momenti difficili e le gravidanze più problematiche: un tempo si poteva mettere tutto in conto, ora ci si aspetta miracoli dalla medicina»

 di Matteo Spin

  L’ostetrica Eliana Epis, di Almenno San Bartolomeo, racconta le sue nottate all’azienda ospedaliera Bolognini di Seriate. Il suo primo lavoro era in ufficio come impiegata ma poi ha deciso di cambiare professione. «Non mi piaceva l’ufficio, mi sono messa a studiare per diventare ostetrica. Si può lavorare a Natale o a Pasqua: ormai mi sono abituata a tutto, compresa la notte». La fatica è compensata dalla gioia delle nascite e dai sorrisi che riceve da genitori e familiari dopo il parto.

   L’ospedale, di notte, mantiene un’aria quasi spettrale, nel labirintico tentativo di risolvere un puzzle fatto di corridoi all’apparenza tutti uguali. Il silenzio fa da contorno alla vacuità che accompagna il percorso verso la sala parto, meta da raggiungere e abituale ambiente di lavoro di Eliana Epis, professione ostetrica: una pace interrotta improvvisamente, quando siamo quasi giunti a destinazione, dal pianto a dirotto di Manuel, nato su per giù un giro di lancette prima del nostro arrivo.

   Prima di varcare quella soglia, ci immaginavamo una notte tranquilla, magari monotona: figurarsi se ci scappa il neonato proprio nelle poche ore in cui transitiamo dalle parti del Bolognini di Seriate. Il colpo di scena, invece, è servito ancora prima di appendere la giacca, ma, in effetti, non si può nemmeno considerare tale, visto come vanno realmente le cose: pare che una notte senza nascite, in effetti, sia una rarità. Una decina di minuti di smarrimento, prima che Eliana Epis, una volta tagliato il cordone ombelicale e sbrigate tutte le procedure del post-parto, possa dedicarsi a noi, o meglio possa tentarci. Sarà un’intervista a puntate, portata avanti tra una pausa e l’altra di un lavoro che non concede tregua e che certo, di notte, non è più rilassante che di giorno.
 
  La cicogna

  Eliana ha quarantacinque anni, abita ad Almenno San Bartolomeo ed è madre di due pargoletti di nove e sette anni, Gioele e Silvio: ma, soprattutto, è la donna che regala tanti sorrisi alle coppie provenienti da tutta la Bergamasca. La cicogna, forse, non esiste, ma Eliana Epis sì e, con una ventina di altre sue colleghe in servizio al Bolognini, si cela dietro le quinte di una grossa fetta delle nascite nei dintorni di Bergamo. È un giorno di festa, ma i parti non vanno in vacanza, anche se qualcuno giura di avere ricevuto telefonate sullo stile «oggi per caso siete aperti?»: c’è da ricoprire il turno notturno, come capita circa sei volte al mese, e non si osi pensare che ciò significhi ritmi più blandi e rilassati.

  «Anzi è il contrario, visto che, durante la notte, tutti i mammiferi producono ossitocina, l’ormone che provoca il travaglio: quindi, molto spesso, tutto ha inizio in questi momenti», giura  Eliana. Ce ne rendiamo conto facilmente vedendola andare avanti e indietro in continuazione tra l’ufficio dove ci siamo accomodati e le varie sale parto.  Pensavamo di avere pescato il jolly, ma, in effetti, più di una nascita a notte è la normalità più assoluta: «Un paio di parti ci sono quasi sempre, poi capitano anche le volte in cui ce ne sono più di dieci all’interno di un solo turno. Come si può ben immaginare, non è un lavoro che si può organizzare a tavolino o dilazionare».

  «Il momento di una nascita è sempre una grande emozione»

  Niente di più vero ed è per questo motivo che ogni orario di ogni giornata è coperto dal lavoro di almeno due ostetriche: «Si può lavorare di Natale o a Pasqua: ormai mi sono abituata a tutto, compresa la notte. È stata dura farlo, ma ormai è tutto più facile: dal punto di vista fisico è un po’ più faticoso, ma i turni, in fondo, mi concedono la possibilità di dedicarmi maggiormente alla famiglia».

  La vocazione sin da piccola

Il compito più arduo è convincere i piccoli di casa a lasciarla andare: qualche capriccio alle 21, nel momento in cui lei esce di casa, ma poco più tardi loro verranno messi a letto da papà, mentre mamma tornerà stremata verso le 8, dopo nove ore di servizio, giusto in tempo per accompagnarli sul pulmino diretto a scuola per poi buttarsi sul letto. «Crollo dal sonno, ma dopo tre o quattro ore al massimo sono già sveglia, perché il mio orologio biologico non mi lascia scampo. E dire che mi piacerebbe tanto dormire fino a tardi, ma ormai non riesco più a permettermelo». E dire anche che, fino a una ventina di anni fa, tutto era molto più inquadrato, ritmi compresi: «Facevo l’impiegata, in ufficio: gli orari erano normali e forse più comodi, ma non mi piaceva quel lavoro. Così, ho piantato tutto, mi sono messa a studiare e da quindici anni ho iniziato a fare l’ostetrica».
  Ovvero, per lei, il lavoro più bello del mondo: «Il momento di una nascita è indescrivibile e, anche dopo tanto tempo, è sempre una grande emozione: è bello potere rubare un pizzico di felicità alla gente. Tutta quella gioia è contagiosa e coinvolge madri, padri, a volte intere famiglie. Poi, purtroppo ci sono anche i momenti difficili e le gravidanze più problematiche: un tempo si poteva mettere tutto in conto, men tre ora ci si aspetta miracoli dalla medicina. Chiaramente, quando c’è qualcosa che non va, si porta a casa anche il dolore e si sta male». L’altra faccia di una medaglia che però è sempre vincente, se è vero che Eliana non ha mai avuto il minimo ripensamento sul cammino intrapreso: «Era evidente che fosse la mia strada, anche se non l’avevo capito subito. Anzi, a dire la verità sì: mia mamma mi ha raccontato che, quando ero bambina, dicevo di volere fare l’ostetrica da grande. Ma poi me n’ero dimenticata».

  Le pause, nel frattempo, diventano sempre più frequenti: Eliana, con una dose di educazione persino esagerata, si scusa di continuo, ma semmai saremmo noi a dovere fare altrettanto, timorosi di arrecare qualsiasi tipo di disturbo. La sua mente scandaglia un database di migliaia di parti, tutti a loro modo indimenticabili e si sofferma su «un papà così partecipe che si prendeva tutta la scena. A quel punto, gli permisi di estrarre il bambino: mi hanno detto che lo racconta ancora in giro con grande orgoglio». I parti normali, invece, per chi non lo sapesse, sono tutta opera dell’ostetrica, che segue il travaglio dalla a alla zeta, dato che il medico interviene solo in caso di complicazioni: «I padri ormai vogliono sempre assistere, mentre un tempo erano molto più restii. Ma, in generale, mi accorgo che si sta riscoprendo il concetto di famiglia: stanno aumentando le coppie che non si fermano al secondo figlio».

  Neanche il tempo per finire di esprimere il concetto, che Eliana viene chiamata nella sala adiacente: dovrebbe essere un normale controllo dello stato del travaglio, ma ben presto le grida della mamma fanno capire che si tratta d’altro. Una decina di minuti scarsi e si sente un altro tipo di pianto: alle tre e qualche minuto è nato Eliseo e le sue urla ci accompagnano ai titoli di coda. E, sulla strada del ritorno, nemmeno le algide pareti del Bolognini sembrano più così silenti.

L’Eco Di Bergamo, 13 maggio 2012, pag, 29

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