Bebè con troppe lacrime?

Se il neonato ha occhi rossi e palpebre gonfie, può essere chiuso il canale lacrimale, che spesso va a posto da solo

di  Maria Rosa Valetto  
      
  Circa un neonato su venti, forse anche qualcuno di più, nasce con il canalino delle lacrime ostruito da una sottile membrana di mucosa. Segni caratteristici sono l’abbondante accumulo di lacrime nell’occhio interessato quando il bambino piange e il nasino che non cola dalla narice dello stesso lato, proprio perché le lacrime non possono imboccare il canalino… come una piccola grondaia ostruita. Al ristagno delle lacrime si sovrappone abbastanza sovente la loro infezione, con arrossamento dell’occhio e gonfiore dell’area circostante. Può anche capitare a entrambi gli occhietti. Comunque le mamme devono stare tranquille, perché di solito il disturbo passa da solo. Ci vuole solo qualche mese di paziente attesa, con alcuni semplici rimedi nel frattempo.

  LA CONFERMA - È come se il delicato sistema di drenaggio delle lacrime che corre dai puntini lacrimali posti sul margine interno della palpebra vicino al naso, fino alla cavità nasale, non avesse ancora completato la sua formazione. Proprio perché si tratta di un ritardo di sviluppo il problema si risolve spontaneamente in genere nel primo anno di vita. Se le rassicurazioni sulle caratteristiche assolutamente benigne del disturbo condivisa dai pediatri di tutto il mondo non bastassero, è bene rinforzarle con le conclusioni, altrettanto ottimistiche, a cui sono giunti gli oculisti di 22 centri statunitensi, riuniti nel Pediatric Eye Disease Investigator Group. Sugli Archives of Ophthalmology riferiscono di aver seguito un centinaio di lattanti dai 6 ai 10 mesi di età, verificando la completa risoluzione dell’ostruzione nei due terzi degli occhi entro i primi 6 mesi. Alcuni bambini sono guariti in tempi un po’ più lunghi, tanto che la necessità di intervenire alla fine è stata limitata a pochi casi.


  E QUALCHE ACCORGIMENTO - In attesa che il canale si apra, e per facilitare il processo, i consigli degli oculisti statunitensi sono gli stessi ripetuti dai pediatri italiani: quando occorre, antibiotici locali in gocce, e, nel
frattempo, il regolare massaggio del sacco lacrimale. Quest’ultima è una manovra semplice, ma che non va improvvisata: la mamma deve impararla dal pediatra e poi eseguirla lei stessa un paio di volte al giorno con le mani ben lavate, esercitando per qualche secondo una lieve pressione sul sacco lacrimale, con un dito posto tra l’interno dell’occhio e la radice del naso. Se proprio tutto questo non basta, resta la chirurgia. Non bisogna però pensare a chissà quale intervento: l’operazione consiste semplicemente nell’introdurre una minuscola sonda nel canale lacrimale, fino a raggiungere la cavità nasale, in modo da rimuovere la membrana mucosa ancora presente. Per tenere aperta la comunicazione, in qualche caso, si lascia in sede per poche settimane un sottile tubicino di silicone. Il tutto si fa in ambulatorio, in anestesia locale, o in day hospital, in anestesia generale. Poi, come certamente dirà qualunque mamma al suo piccolo che piange un po' spaventato dai camici bianchi: «Tutto passato!».

Corriere della Sera, 25 gennaio 2013, pag, 29


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