di Cosimo Colasanto
Dieci bambini, un'associazione di papà e una
scuola di inglese nel cuore di Roma che decide di aprire le proprie aule
gratuitamente all'insegnamento della lingua straniera, dotandosi di materiale
interattivo adatto anche ai piccoli studenti con sindrome dello spettro
autistico. Una bella storia di Natale che, in realtà, è iniziata già ad ottobre
– e a livello sperimentale nell'autunno 2011 con i primi due alunni – e che ha
visto 10 bambini sedersi nei banchi grazie alla collaborazione tra la onlus
Divento Grande e la l'AngloAmerican International School. Una sfida preparata
con attenzione, formando gli insegnanti a rivestire questo ruolo complicato di
"ponte" tra bambini emotivamente distanti e una nuova lingua. Tra
questi Gabriele, da ottobre alle prese con parole sconosciute, altre meno,
lavagne multimediali, volti nuovi.
“È il suo primo corso in assoluto”, spiega la
mamma. Gabriele frequenta le scuole medie e dopo i primi 3 mesi di corso per la
prima volta ha preso 8 al compito in classe di inglese. “È stata un'emozione
forte per me e mio marito – continua la mamma -, ma soprattutto è stato
emozionante vedere la soddisfazione di mio figlio, con un metodo che attraverso
l'apprendimento della lingua inglese abbina la verbalizzazione accompagnata da
cartoncini sui quali è riportata la frase che viene pronunciata”. Soddisfazioni
che per i genitori rappresentano molto. “È stato trovato il metodo giusto per
fare esprimere al meglio Gabriele e non farlo sentire diverso dai suoi compagni
di classe sul piano del rendimento scolastico”, aggiunge. Anche una lingua
diversa, nuova, può rappresentare a volte un percorso verso un mondo di
emozioni sconosciute. Che a volte può
innescare percorsi virtuosi. “Alcuni giorni fa, a causa del blocco della
metropolitana – racconta ancora la mamma -, non abbiamo potuto raggiungere la
sede e Gabriele non è riuscito a trattenere le lacrime per il dispiacere di non
fare la sua lezione che attende con entusiasmo ogni settimana”.
Un'esperienza che non parte da zero e che
punta a consolidarsi, come spiega Massimo Pulciani, direttore della scuola.
“Siamo partiti dalla dislessia già diversi anni fa, con corsi di insegnamento
rivolti ad adulti e bambini, prendendo a modello quello che si fa da 30 anni
negli Stati Uniti, Paese con il quale abbiamo un ovvio rapporto di vicinanza”.
L'incontro con la onlus Divento Grande,
nata per iniziativa di un gruppo di
papà, di cui è presidente Bruno Morabito, ha dato vita a una nuova sfida:
“Capire fino a dove potevamo spingere il nostro modello formativo – spiega
ancora Pulciani - e nello stesso tempo dare un segnale di impegno positivo per
migliorare il territorio e la comunità, aiutare famiglie e bambini a uscire
dall'isolamento”. E i risultati non si sono fatti attendere. “È stata una
grande soddisfazione vedere questo gruppo di ragazzini partecipare alle lezioni
e speriamo di poter arrivare almeno a 30 studenti sin dal prossimo corso”,
auspica Pulciani. Per questo sono state introdotte nelle aule e nelle
postazioni delle smartboard, lavagne interattive che facilitano il contatto con
i sistemi multimediali, da sempre uno dei metodi preferiti per l'apprendimento
di una lingua straniera, ancora più utile quando ad imparare sono bambini e
ragazzi autistici.
“È importante affiancare il percorso del
bambino e dargli l'opportunità di sperimentare nuove possibilità, ancora meglio
se in una dimensione ludica”, spiega Magda Di Renzo, psicologa e psicoterapeuta
dell'età evolutiva dell'Istituto di Ortofonologia di Roma, che promuove questo
modello: “I bambini che hanno un disturbo autistico sono differenti l’uno
dall’altro e hanno livelli di sviluppo diversi – sottolinea Di Renzo -. Una
lingua diversa può essere un'opportunità straordinaria per offrire loro uno
stimolo utile a favorire nuove potenzialità linguistiche”. Il rischio che una
lingua diversa da quella materna potesse rappresentare un ostacolo in più non
c'è, spiega Di Renzo, “perché l'obiettivo prioritario di un corso di inglese
per questi ragazzi non è imparare la lingua, ma ampliare l'orizzonte cognitivo.
Purché sia proposto nel modo giusto: con sistema audiovisivi suggestivi, un
ambiente accogliente, mediante l'uso di oggetti di manipolazione. Questi
bambini - conclude l'esperto - possiedono già un linguaggio verbale, la loro
difficoltà è principalmente comunicativa ed emozionale. Il gioco e le lingue
aiutano molto in questo senso, ma è importante motivarli, cercando di adattare
le regole al bambino e non il bambino alle regole".
IL Sole 24 ORE, 28 ottobre
2012, pag,
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