Muri come diari: «Caro figlio ti scrivo»


Il viaggio Scale, corridoi, ascensori, finestre: nei reparti di maternità degli ospedali i messaggi dei futuri papà in ansia

In sala d’attesa: «Benvenuto», «Kikko te voi sbrigà». I medici: ci chiedono perfino i pennarelli

di Erica Dellapasqua

  I Impazzire di gioia può avere anche conseguenze negative, che restano per esempio sui muri dei reparti di maternità degli ospedali romani, dove qualche ora di attesa –dei futuri papà, dei familiari – è destinata a lasciare il segno per molti anni. Complici le migliaia di scritte che già ci sono, e anche la mancanza di divieti, quella di improvvisarsi writers è nei fatti di ventata una consuetudine, con buona pace di amministrazioni e medici che, rassegnati, non imbiancano neppure più: «Aspettiamo che riempiano definitivamente le pareti – dicono senza scherzare troppo all’Umberto I – così davvero non sapranno più dove scrivere». 

  Eppure, come dimostrano i casi del San Giovanni o del Pertini, basterebbe poco per interrompere una "tradizione" che degenera nel degrado: qualche cartello in corridoio che preghi i futuri genitori «di rispettare l’ambiente, non scrivete sui muri», con tanto di ics a caratteri cubitali sulla matita. I casi più eclatanti, che da giorni rimbalzano sui siti web anti-degrado che segnalano ciò che non funziona in città, sono all’Umberto I e al San Camillo. 

Partendo dal policlinico, già l’ingresso del dipartimento Scienze Ginecologiche–dove sono state imbrattate colonne e finestre – anticipa ciò che vi si troverà dentro. Dal piano terra al secondo, rampe di scale e ascensori
compresi, su entrambi i lati del padiglione, non hanno risparmiato nulla: «Aspettando Adriano» con tanti punti di sospensione poi, più in là sulla parete, «Benvenuto Adriano», con data e ora. Ancora «Cristian, bello de zio e de papà, daje che mamma sta finita». Lunga attesa anche per «Kikketto, ma te voi sbrigà!!!». Scritte ovunque, piccole o grandi, siglate2012oaddirittura 1994, nomi italiani ma anche stranieri, su muri, porte e finestre, vetri compresi, sulle mattonelle dei bagni o sui pavimenti.

  «Circa tre anni fa abbiamo pulito tutto – dice un medico – anche fuori, all’ingresso, ma dopo un mese era tutto come prima, alle volte ci chiedono pure i pennarelli». Telecamere all’interno neppure a parlarne, al massimo «potrebbero esserci più controlli, ma tanto trovano comunque il modo di scrivere, è un ambiente imbarazzante anche per chi ci lavora». Più buon senso che comprensione anche al San Camillo, dove la situazione se possibile è ancora peggiore, tanto che per un infermiere «si dovrebbe risalire al nome e alla data di nascita, che mettono tutti, per spedirgli a casa una bella multa, almeno ci paghiamo gli imbianchini». 

L’ingresso esterno del padiglione Sala, spiegano, è stato ripulito appena tre mesi fa «ma è già ridotto malissimo, una vergogna». I parenti lì «fanno tutto di notte, perché di giorno c’è la guardia che altrimenti li fermerebbe». Fuori, sulle pareti, sulle vetrate, sui carrelli in ferro utilizzati per distribuire il pranzo. Dentro, non c’è angolo che si salva anche nei punti più improbabili, vedi le rampe di scale più difficili da raggiungere. Dal piano terra, a pochi passi dal servizio di guardiania, al terzo piano, sede del reparto di terapia intensiva, scritte su scritte. Sul soffitto si è dato il benvenuto a Gaia. Sugli scalini, dove si prega i «gamberetto» di uscire che «so già due ore». Sulle pareti nessun cartello, se non quelli che vietano di sostare in corridoio. Ci stanno provando a migliorare le cose, ed in parte ci sono riusciti, al Casi lino, dove da qualche tempo si invitano i genitori a servirsi dell’apposito libro per le dediche posizionato all’estero dei reparti. Al San Giovanni, così come al Pertini, i divieti affissi sui muri, fatta eccezione per qualche scritta sulle finestre, hanno risolto il problema.

Classifica

I «writers» a San Camillo e Umberto I. Altrove il cartello: non scrivete

Il primato

C’è chi è riuscito a imbrattare il soffitto «Ben arrivata Gaia»

Graffiti

Le scritte negli ospedali Umberto I (in alto) San Camillo (sinistra) San Giovanni (il cartello) e Pertini (Foto Gmt)

IL TEMPO, 13 novembre 2012, pag, 7

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