Le (im) perfezioni che fanno
paura
di Federica Mormando
Ci sono bambini che se li incontri si
nascondono dietro mamma o papà e ci restano un bel pezzo, che non dicono il
loro nome e, più tardi, trascinati a una festa, si mimetizzano in un angolo. La
timidezza si manifesta in comportamenti che possono sfociare in vera paura
sociale. Il bambino timido innervosisce: dà a chi lo incontra un senso di
impotenza, ritroso com’è, e provoca una serie di commenti (dove hai messo la
lingua?) che vogliono dire: non sono io incapace di farti parlare con me, sei
tu che testardamente mi rifiuti. A volte inizia una specie di battaglia per
conquistarli, con le buone e meno buone, dall’esito incerto. Il bambino timido
ha un marcato senso di inferiorità: teme il giudizio degli altri e crea un
guscio difensivo, una simbolica casetta in cui rinchiudersi. Ne esce solo se,
dopo aver ben osservato l’ambiente, riesce a percepirlo non pericoloso: a non
sentirsi mal giudicato e fuori posto.
Lo «scivolo» verso gli altri
Naturalmente l’educazione ha una grossa
importanza. Bisogna rispettarne i tempi: lasciargli il modo di studiare
l’estraneo o la situazione prima di incitarlo a mettersi in relazione. Spesso
invece i timidi sono sollecitati a rispondere, parlare, farsi avanti, pressione
che li inibisce ancora di più. Al bambino timido bisogna insegnare
l’educazione. Se per tutti i bambini questa è una necessità sociale, per i
timidi è anche uno «scivolo» verso gli altri. Buongiorno, grazie, scusi, sono
formule obbligate e sicure che possono facilitare la comunicazione, come, più
tardi, offrire qualcosa a chi viene in visita. Bisogna suggerirgli il modo
migliore per esprimersi, anche attraverso brevi commenti: «Hai un bellissimo
sorriso»; «Se chiedi: come stai? Le persone ti rispondono...».
La
perfezione immaginaria
Bisogna anche spiegare,
appena lo possano capire, che se non salutano e non sorridono, sono gli altri
credere di non essergli graditi, e a restarci male. I timidi hanno paura di
essere mal giudicati: considerando a priori l’ambiente antipatico o ostile,
giustificano la propria ritrosia ad entrarvi. Se comprendono che anche gli
altri tengono al loro giudizio si sentono più sicuri. Nessuno come il timido
vorrebbe essere perfetto, di una perfezione immaginaria, irraggiungibile perché
senza una precisa forma. Così cercano un ruolo. Spesso fanno i buffoni. O gli
intellettuali. Talora, soprattutto da adolescenti, si mostrano sfrontati o si
legano a compagnie alternative: per questo è importante che riconoscano e
apprezzino le proprie doti personali utili alla società, piuttosto che cercarne
di dannose. Insegniamo a grandi e a piccoli che possono essere preziosi per altre
persone, per la famiglia, per gli animali.
Mai
rispondere al suo posto
Gli slanci del bambino timido vanno ricevuti
con gioia, in modo da trasmettergli che le sue iniziative sono gradite. Non
bisogna cedere alla tentazione di sostituirsi a lui: rispondere al suo posto,
spazientirsi e prevenirlo. Ed è utile che si abituino al fatto che è
svantaggioso non esprimersi, cosa che va anche spiegata.
Perché apprendano le abilità sociali, è bene
che i bambini si abituino sin da piccoli a vedere in casa persone diverse,
accolte con informale simpatia. Spesso i bambini timidi hanno in famiglia
esperienze sociali scarse o molto formali: sono le mamme che non ricevono
nessuno se non è tutto in ordine, che non vogliono bambini perché sporcano, o
disturbano, che non invitano a cena senza menu da cinque stelle. Ciò rafforza
nel timido l’idea che deve essere perfetto, altrimenti meglio non essere!
Diminuire
la paura
Anche la reazione negativa
all’errore intimidisce. La leggerezza nel valutare dei piccoli disastri diminuisce
la paura, la punizione o il giudizio pesanti, la aumentano; sbagliando si
impara: non sei cattivo perché hai sbagliato. Va bene anche parlare della
difficoltà del bambino timido, fargli descrivere quello che prova: un bambino
consapevole inizia ad avere i mezzi per risolvere il problema. Non
mettiamogliela giù dura: una contenuta timidezza può anche essere gradevole.
Smontiamo al timido l’idea che i «brillanti» siano sempre vincenti,
spieghiamogli che sono noiosi e non lasciano spazio agli altri.
Imparare
a sorridere
Al bambino timido bisogna anche dare modo di
esprimere la sua aggressività e sentirsi importante, anche perché non la sfoghi
solo in famiglia! Lasciamoli correre, godere gli spazi e la natura, potenziare
la loro forza, non solo con ore di sport guidati, ma liberamente, senza
trasmettergli ansie (attento, ti fai male…): lasciamo che esprimano la potenza
fisica dell’infanzia e dell’adolescenza il più liberamente possibile, correndo,
arrampicandosi, traversando i torrenti, prendendo confidenza col proprio corpo.
E infine, sorridiamo alla loro timidezza, è un
modo per smitizzarla!
Corriere della Sera, 8
dicembre 2012, pag, 49
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