San Sebastian durante il suo Festival del Cinema
(quest’anno arrivato alla 60ma edizione) spesso porta le star anche sulla
Contxa, la splendida spiaggia atlantica. Reagisce con flemma basca allo star
system, ma questo discorso non vale per Penelope Cruz, fidanzata, sogno erotico
e ora mamma ideale di Spagna. In un paese autonomista per natura e diffidente
verso gli emigranti di lusso - la musa di Almodovar è ormai una star di
Hollywood - lei mette ancora d’accordo tutti.
Anche quando affronta film difficili come
Venuto al mondo e si mette in gioco interpretando una donna che attraversa 25
anni di vita e le prove durissime di un amore infranto d al l ’ingiustizia
della guerra e di una maternità complicatissima. «Non credo che il mio
approccio a questa splendida storia di Margaret Mazzantini (il film è tratto
dal suo bestseller omonimo) sarebbe stato lo stesso se non fossi divenuta madre
nel frattempo. Ho sentito questo percorso di vita in maniera molto più
profonda. Ed è qualcosa su cui dovrebbero riflettere tutti coloro che si
approcciano al l ’opera». In questa pellicola, che in Italia uscirà l’8
novembre e in cui è stata diretta da Sergio Castellitto, lei è Gemma. Sposata
con un colonnello dei carabinieri interpretato dal regista, ha un figlio
(Pietro Castellitto). Con una telefonata scopriamo che dietro di lei c’è un
passato ingombrante, un amore enorme per un giovane fotografo (Emile Hirsch) e
per una città, Sarajevo. E c’è un figlio prima negato dall’infertilità e poi
trovato in un utero in
affitto. Una maternità surrogata cercata con rabbia e amore,
trovata per necessità e infine realizzatasi per un infame scherzo del destino
attraverso il crimine più odioso. «Non ci possono essere giudizi e pregiudizi
quando parliamo di un’esperienza del genere, pur nella sua strada tortuosa e
dolorosa, questo è e rimane un omaggio alla maternità. Un’esperienza che si
realizza dopo, che non va considerata fisicamente ma affettivamente. Gemma non
è una madre canonica, almeno secondo gli schemi riconosciuti, ma è evidente che
lo è forse più di molte altre. Lo vedi da come difende suo figlio, dal rapporto
che ha con lui, dalla forza che ha trovato nel cercare e volere una vita
serena, diversa per lui. Sacrificandosi come una madre. Semplicemente, lo è». E
di sicuro la sensibilità così scoperta sul tema nasce anche dall’intesa con la
coppia Castellitto-Mazzantini, quattro figli e la capacità di raccontare la
famiglia senza convinzioni e convenzioni precostituite, da quelle radical chic
de La bellezza del somaro a quella scricchiolante di Non ti muovere. «Ho subito
capito quanto fosse speciale lavorare con loro sul set di Non ti muovere.
Quando mi hanno richiamato era impossibile che rifiutassi». E Castellitto l’ha
poi omaggiata di fronte a tutti con una definizione straordinaria. «Sa dare -
ha detto il regista ed attore - tutti i colori ai suoi personaggi. In lei c’è
la Cardinale, la Mangano, la Lollobrigida. Dive, ma anche donne che vengono dal
popolo». Penelope è rimasta molto colpita dall’esperienza a Sarajevo. Una città
meravigliosa devastata, non solo materialmente, dalla guerra. «Girare in quella
città è stato un privilegio e un viaggio difficile. Ho parlato con molti
bosniaci che erano lì anche durante la guerra. E capisci che certi conflitti,
quando li vedi da fuori, pur informandoti molto e a fondo, non puoi capirli.
Comprendere la loro visione del conflitto, sentire i loro racconti mi ha fatto
capire anche meglio il mio personaggio. Molte, troppe donne hanno pagato un
prezzo pesantissimo per essersi trovate nel posto sbagliato al momento
sbagliato. E tante si sono trovate a fare scelte difficili». Dietro quei lunghi
capelli neri, gli occhi vivi e sensuali si velano di commozione. La maternità a
quelle latitudini è divenuta materia complessa, ben oltre le leggi miopi di
stati goffi o gli anatemi religiosi di confessioni ben poco misericordiose.
«Questo film mi ha messo di fronte a tante cose che non mi aspettavo. E allo
stesso tempo mi sono resa conto di quante parole inutili spendiamo su certi
temi: solo una cosa conta, che i figli sono futuro e libertà».
«Gemma, la protagonista, non
è una madre canonica, ma lo è forse più di altre»
«Quante parole inutili: solo
una cosa conta, i figli sono futuro e libertà»
Il Giornale, 11 ottobre
2012, pag, 19
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