Assedio ai Paesi europei per la vita

Sentenze internazionali, ambigui referendum, pressioni sui Parlamenti per nuove regole: così si stringe il cerchio attorno alle leggi che tutelano vita e famiglia in Polonia, Irlanda e Malta, nazioni alle quali viene chiesto di rinnegare le loro radici

di Lorenzo Schoepflin

  I bastioni pro-life europei sono sotto assedio, oggi forse come mai prima. Polonia, Malta e Irlanda, che con i princìpi non negoziabili orientano la bussola per legiferare su vita e famiglia, vedono vacillare quanto di buono costruito e conservato in questi anni.

  L’ultimo attacco, l’ennesimo, è quello che la Polonia ha subìto a causa della sua legge fortemente restrittiva in tema di aborto. La nazione di Giovanni Paolo II è finita nel mirino della Corte europea per i diritti dell’uomo. A Strasburgo il 30 ottobre i giudici si sono espressi sul caso di una ragazza di 14 anni, vittima di stupro, alla quale non è stato garantito l’accesso immediato all’aborto. Secondo la Corte, si tratterebbe di violazione degli articoli 3, 5 e 8 della Convenzione europea dei diritti umani, soprattutto in relazione alla tutela contro trattamenti «degradanti e inumani». Il ricorso contro la Polonia era stato presentato dal Center for Reproductive Rights, organizzazione con sede a New York ma impegnata a livello mondiale per la promozione dell’aborto «legale, sicuro e accessibile».

  La legge polacca prevede la possibilità di aborto in caso di violenza sessuale. La giovane, dopo un primo rifiuto, aveva interrotto la gravidanza ma ciò non ha impedito alla lobby abortista di sfruttare la vicenda a proprio favore.
Anche la Federation for Women and Family Planning (Fwfp), che oggi canta vittoria, si è interessata al caso, offrendo il proprio sostegno alla ragazza. Nel maggio 2011 la Polonia era stata oggetto di un analogo richiamo, ancora da parte della Corte di Strasburgo, a proposito del caso di una donna alla quale era stato rifiutato un test prenatale e che aveva poi partorito un figlio affetto da una malattia genetica. È chiaro l’orientamento pro-life della legge, oltreché della cultura polacca. Orientamento contraddetto da queste sanzioni, che prevedono sostanziosi risarcimenti per i diretti interessati.

  Le vicende polacche ricordano molto da vicino quelle dell’Irlanda, l’altro Paese europeo dal forte sentimento antiabortista. Nel caso della sentenza del 2010 sul caso conosciuto come «Abc vs Ireland», la Corte negò l’esistenza di un «diritto ad abortire», ma allo stesso tempo accolse la richiesta di risarcimento di una delle tre donne che, malata di cancro, si recò in Gran Bretagna per interrompere la gravidanza.

 U n altro fronte si è aperto poi in Irlanda: sabato si terrà un referendum che potrebbe avere conseguenze sulla definizione del ruolo della famiglia, al cospetto dello Stato, nell’educazione dei figli. La Costituzione irlandese, all’articolo 41, riconosce la famiglia come fondamento della società. Ma è sull’articolo 42 che i cittadini dovranno esprimersi: ciò che si chiede è se si intende cambiare il comma 5, laddove si precisa che lo Stato può intervenire nell’educazione e nella cura dei bambini qualora i genitori non riescano a garantirle. Se dovessero vincere i sostenitori delle modifiche alla Costituzione, tale comma prevederebbe la possibilità di intervento statale anche se solo si ravvisassero possibili rischi per i bambini e non più solo in caso di difficoltà familiari accertate. Un esito che rischia di ribaltare i ruoli, rendendo preminente quello dello Stato rispetto alla famiglia, anche se la Chiesa, dichiarando di comprendere le ragioni di chi si dice preoccupato, non si oppone al progetto.

  A Malta è invece il turno della fecondazione artificiale. Contro l’eventualità dell’approvazione di una legge in materia, a causa della fallibilità intrinseca che causa sempre la perdita di embrioni, si sono già espressi i pro-life maltesi e il vescovo di Gozo, Mario Grech. Ma molte sono anche le pressioni in senso permissivo, affinché il testo in discussione non preveda paletti sul numero di embrioni e sull’accesso per le coppie omosessuali. E di legalizzare e finanziare con denaro pubblico la fecondazione si parla anche in Polonia, col premier Tusk impegnato in prima fila. Il cerchio si chiude, come una morsa, attorno alla vita nascente e alla famiglia come cuore pulsante della società.

Avvenire, 8 novembre 2012 pag, 355
  

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